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Abbiamo chiesto a lettrici e lettori se, nelle loro relazioni, hanno viaggiato da soli, ciascuno sul proprio binario e con la propria valigia, o se il cammino e il bagaglio sono stati condivisi.

Binari paralleli…

Cara Riccarda,
io e mio marito siamo talmente diversi che rimaniamo ognuno sui nostri binari, incontrandoci poi a qualche fermata. La valigia lui se la fa da solo, ma impostata da me. Poi mettiamo tutti i vestiti assieme, al ritorno.
Carlotta

Cara Carlotta,
complimenti per la direzione lavori. Negli anni in cui ho vissuto con il padre di mia figlia, ammetto di non essermi posta il problema della valigia condivisa: c’era quella unica per me ed Elena e poi c’era la sua. Mi sembrava più pratico così. Ma anche quello era un sintomo, ne sarebbero venuti molti altri indicativi di un viaggio poco sincronizzato e destinato a interrompersi, di fermate perse a cui scendevo solo io o solo lui senza trovarci. Quando arrivano i figli, ci piace dire e dimostrare che loro hanno la priorità rispetto alla coppia, ma questo è un alibi. Col tempo ho capito che anteporre i figli è solo rimandare un problema, pensare che prima o poi arriverà il giorno in cui si faranno le cose insieme, è pura illusione. Se non si è veramente in due prima dei figli, quella valigia unica non si farà mai e ciascuno col proprio zainetto prenderà la sua strada.
Riccarda

Una rara saggezza

Buongiorno Riccarda,
credo sia importante in una relazione riuscire a fondersi insieme, diventare “noi” pur mantenendo la propria individualità e le proprie esigenze. Quando ho trovato finalmente la persona giusta, quella con la quale desideravo passare la mia vita, abbiamo cercato di creare questa nuova forma, non due esseri distinti, ma un essere unico che racchiudesse tutte caratteristiche dei due differenti soggetti che lo componevano. Una delle ragioni che ci ha indotto ad aspettare 8 anni prima di cercare di avere dei figli, è stata proprio questa, il volerci scoprire e conoscere profondamente, il volerci dedicare solo a noi stessi, il poter realizzare i nostri desideri, avere la possibilità di seguire le passioni, insieme quando coincidevano, o separatamente quando non si poteva, ma sempre con il sostegno reciproco, perché il bello era anche raccontarsi com’era andata, rendere l’altro partecipe nel bene e nel male. Eravamo coscienti che, una volta avuti dei figli, il nostro noi, seppure allargato, sarebbe stato tutto sbilanciato in loro favore, e credo sia giusto così. Noi avremmo dovuto aspettare una loro indipendenza per ritornare a vivere come una volta, naturalmente con sensazioni diverse perché nel frattempo, l’età si è fatta matura e certe azioni, iniziative, si assaporano meglio quando c’è un po’ più di incoscienza. In ogni caso, quello che abbiamo creato prima, se è riuscito ad attraversare indenne la fase dell’essere genitori, lo ritroveremo quando ci ritroveremo ancora soli perché i figli avranno preso le loro strade. Sarà bello vedere come è cambiato il nostro “noi” nel corso degli anni, un “noi” più maturo, perché ha attraversato tutte le sensazioni, tutti i periodi, quelli belli e quelli difficili, ha superato le incomprensioni, alla fine ha trovato il suo giusto modo di essere, perché quel “noi” è costituito dalla nostra volontà di farlo esistere, sempre.
G. M.

Caro G.M.,
hai ragione, alla fine è una questione di volontà e impegno. Ma la cosa difficile è la simultaneità della scelta che due persone fanno e portano avanti. Da quel che scrivi, la vostra costruzione non ha avuto la fretta di suggellare l’unione con i figli, ma vi siete presi il tempo per gettare basi profonde. A volte si comincia con le migliori intenzioni, ma poi subentrano sfasature, ci si perde, chi si trova più avanti non sempre aspetta l’altro rimasto qualche passo indietro. Ma tu e la tua compagna avete scoperto il modo di non interrompere questo avvicendarsi, dandovi appuntamenti continui.
Riccarda

Potete mandare le vostre lettere scrivendo a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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