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“…un’altra cosa che ho imparato dai fallimenti dei miei rapporti sentimentali, è che non sono tagliato per l’amore. Lo so che detta in questi termini sembra che stia parlando di una materia scolastica, ma è così che stanno le cose, fra l’amore e me. Raramente l’ho vissuto con leggerezza. Per me l’amore è sempre stato fatica, cimento, manutenzione e ristrutturazione.”
Non si può non stare dalla parte di uno che dice a se stesso le cose che sarebbe scomodo sentirsi dire da qualcun altro. Di stile, l’avvocato Vincenzo Malinconico ne ha sempre: quando inciampa negli accidenti, quando perde le cause e anche quando perde le donne. Che poi, da Malinconico, il protagonista di Divorziare con stile di Diego De Silva (Einaudi, 2017), le donne non si allontanano mai del tutto, con Malinconico rimane sempre in ballo qualcosa, anche solo di rimando, un ricordo che sospinge il legame avanti negli anni e lo attualizza di tanto in tanto.
È un uomo originale Malinconico, capace di una complicità meschina contro i più meschini, ma onesto verso la vita che lo porta a spasso restituendogli qualche soddisfazione, ma solo dopo avere sovvertito tutto un’altra volta.
Malinconico piace alle donne perchè è divertente e sfuggente, di Veronica (l’affascinante cliente che gli affiderà una causa piuttosto impegnativa) fiuta immediatamente il pericolo e di Viola, a cui vuole bene sul serio, apprezza soprattutto che sia la moglie di un altro. Così ogni volta che Viola si riveste, Malinconico pregusta la felicità che vivrà immediatamente dopo, quel senso di dominio assoluto sulla propria vita, una licenza di gestire il rapporto spazio tempo in totale libertà, qualcosa di simile all’anarchia domestica, a patto però d’essere amati.
Malinconico non è mai senza un legame (anche con la ex moglie è rimasto più di qualcosa), è cinico e leale specialmente nell’ammettere le proprie debolezze, sa fin troppo bene cos’è per lui l’amore: ansia, tensione, paura di rovinare tutto, conflitto che a lungo andare stanca, noia.
C’è, in lui, una propensione alla tragedia che ammorba lo stato d’animo con cui vive l’amore, sempre in bilico e pronto a cadere, sempre nel dubbio di scoprire che non c’è mai stato. Ed è con questa fatica tutta interiore che Malinconico accoglie ogni volta l’amore. Un limite, ammette l’avvocato, o forse uno stile pronto a ripresentarsi puntuale anche con Veronica.

E voi, con quali limiti vivete l’amore? Con l’entusiasmo che esagera o, come Malinconico, con l’ansia che comprime?

Potete scrivere a: parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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