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Come se la cavano i nostri lettori con le parole dette e non dette? Ecco tre testimonianze che evidenziano assai bene quell’inespresso disagio nel dire una frase necessaria, quanto arrendevole, come “mi manchi”.

Il coraggio della sincerità

Cara Riccarda,
ho passato la fase in cui non lo dicevo mai per paura di sembrare debole e appiccicoso, poi ho cominciato a dirlo sempre perché pensavo facesse vedere quanto ci tenevo. Ora faccio come mi sento e non so se chi lo riceve sia sempre a proprio agio, ma vorrei almeno capisse che ha ricevuto un pensiero sincero.
Nicola

Caro Nicola,
ci vuole coraggio a fare come ci si sente. È la cosa più difficile del mondo agire o non agire a seconda del nostro stato d’animo. Tendiamo a combaciare, per semplicità, con quello che gli altri si aspettano o con il mito di noi che abbiamo costruito. Mi piacerebbe dimenticarmi di come ero e come mi comportavo per disobbedirmi ogni tanto.
Riccarda

Finché sei in tempo…

Cara Riccarda,
il “mi manchi” che pronuncio più spesso è rivolto alla mia più cara amica. Mi è facile dire o scrivere queste parole a lei, che c’è sempre e comunque. Bastano pochi giorni senza vedersi o sentirsi e già ho voglia di parlarle, perché il nostro è  un rapporto a due che non ha pregiudizi, e che da sempre ci fa ridere e insieme piangere e parlare di tutto.
Il “mi manchi” che fa più fatica a uscire, sottovoce, fra me e me, è quello che mi contorce lo stomaco quando mi fermo davanti alla foto sbiadita di mio fratello sul comodino. Quella foto che è lì da anni, ma che troppe volte scelgo di guardare soltanto di fretta: mi fa male pensare a quanto mi mancano i pranzi di Natale, quando arrivavamo sempre assonnati e un po’ in ritardo, i fori alle orecchie fatti di nascosto da nostra madre, le nostre telefonate veloci ma sempre puntuali, i nostri piccoli segreti, ma anche i nostri litigi e i silenzi, che però erano pieni di tante cose.
Annalisa

Cara Annalisa,
è proprio pensando a chi non c’è più che dobbiamo dire mi manchi a chi c’è. Mi rimprovero di non averlo detto abbastanza quando potevo e di non dirlo per niente oggi, quando dovrei.
Riccarda

Aspettando lei…

Cara Riccarda,
a me lei manca un sacco e glielo dico sempre.
C.

Caro C.,
e fai bene! Ci racconti poi lei come la prende?
Riccarda

Potete scrivere a parliamone.rddv@gmail.com

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Riccarda Dalbuoni

È addetto stampa del Comune di Occhiobello, laureata in Lettere classiche e in scienze della comunicazione all’Università di Ferrara, mamma di Elena.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
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