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I disturbi alimentari (anoressia, bulimia e obesità) sono in aumento e il loro esordio si è abbassato anche a fasce di età molto piccole. Per questo si rende indispensabile un lavoro di prevenzione e sensibilizzazione soprattutto nelle scuole.
La psicoanalisi legge l’anoressia e la bulimia come patologie dell’amore e non dell’appetito, come malattie del cuore e non dello stomaco. Sono solitamente il segno di una separazione difficile dalla famiglia di origine. La posizione di rifiuto del cibo mira ad introdurre una separazione dall’incollamento all’altro. Vi è una continua oscillazione tra desiderio di essere autonomi e paura dell’abbandono. Il vomito stesso, quando presente, ha il significato di introdurre uno iato tra sé e l’altro, unico spazio a volte in cui il soggetto riesce a “dire la sua”.
I disturbi alimentari rappresentano una sofferenza che disorienta: sono patologie che coinvolgono tutto l’ambiente familiare e sviluppano una costellazione emotiva complessa e contraddittoria. Figli che o non dicono nulla o dicono tutto, genitori che esprimono nei confronti dei figli sentimenti contrastanti e ambivalenti.
È evidente il potere del rifiuto che costringe i genitori a ruotare attorno al sintomo generando in realtà in questo modo l’effetto opposto. Come afferma Lasegue nel 1873: “L’eccesso di insistenza provoca un eccesso di resistenza. Una sola concessione li farebbe passare dallo stato di malati a quello di bambini capricciosi”.
Un genitore in preda all’angoscia parla così della figlia malata: “Non so più come comportarmi, le parole del medico non hanno avuto alcun effetto su di lei, ma su di me sono state tremende”. La comparsa di tali sintomi produce nella famiglia una sorta di anestesia inizialmente, nel senso che può accadere che nessuno dei componenti della famiglia si accorga del dimagrimento eccessivo della figlia o del figlio, che sono comunque abili a nascondere la magrezza via via raggiunta sotto abiti sempre più larghi.
L’anoressica – bulimica chiama in causa non tanto l’altro della domanda, ma l’altro del desiderio, cioè è come se dicesse all’altro: “Dammi quello che sei a partire da ciò che io sono per te”. Il soggetto fa di sé una mancanza per essere per l’altro una presenza. Scarnifica il proprio corpo per scavare una presenza nell’altro e testare così il segno d’amore nell’altro, ovvero verificare quanto l’altro sia disposto a perderlo.
Occorre evitare che il sintomo diventi il fulcro della politica familiare, il detentore del potere. I disagi alimentari sono segno di una comunicazione interrotta, di un non detto, di ciò che il soggetto non ha potuto o non è riuscito a dire. Una madre dice in terapia:”Mia figlia è un muro, fa quello che vuole, non rende più conto di niente a nessuno protetta dall’immunità della sua malattia che mette tutti noi a tacere”. Padre e madre temono sempre di sbagliare e sono perennemente alla ricerca di una causa. In realtà non c’è mai un’unica causa, ma una serie di condizioni concorrono a produrre tali disagi, disagi che sono profondi e di cui il copro si fa teatro.
L’anoressia-bulimia è l’ultima spiaggia, un tentativo disperato di non crollare del tutto nel baratro della depressione. Nella cura solitamente le madri sono più portate a chiedere sull’urgenza, mentre i padri sono più lenti nel prendere posizione davanti al terapeuta, più dubbiosi e hanno l’esigenza di razionalizzare. I fratelli se presenti vanno accolti, perché spesso soffrono in silenzio, per paura di occupare un proprio spazio.
Non c’è mai una risposta universale alle domande dei genitori, ogni caso è una storia unica e particolare. Va interrogata la posizione del soggetto rispetto alle logiche familiari e va costruito un percorso di cura su misura del soggetto sofferente.

Chiara Baratelli, psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali. baratellichiara@gmail.com

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Chiara Baratelli

È psicoanalista e psicoterapeuta, specializzata nella cura dei disturbi alimentari e in sessuologia clinica. Si occupa di problematiche legate all’adolescenza, dei disturbi dell’identità di genere, del rapporto genitori-figli e di difficoltà relazionali.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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