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25 Marzo 2016

I Gioielli del Bolshoi

Tempo di lettura: 4 minuti


Teatro Bolshoi
Teatro Bolshoi

Fine febbraio, il solito freddo che non perdona, il vento che sferza e graffia il viso, il cappello che non tiene più abbastanza, i guanti quasi inutili. Meglio velocizzare il passo, anche se sono le 11h30 di mattina c’è davvero troppo gelo nell’aria. Ho deciso di andarci a piedi, a questa matinée del Teatro Bolshoi, forse non è una delle migliori idee che ho avuto questa settimana, ma ormai sono a metà strada. Accelero, dunque, forse è meglio.

A Novembre scorso (al Bolshoi se si è fortunati si trovano posti almeno tre mesi prima), ho acquistato i biglietti per il balletto in tre atti “Gioielli”, fidandomi solo della notorietà del coreografo, George Balanchine (1904-1983, formatosi alla Scuola Imperiale di Balletto e al Conservatorio di San Pietroburgo), che conoscevo di fama e per averlo sentito spesso citare da Carla Fracci.

George Balanchine
George Balanchine

Il mio intuito per fortuna non ha sbagliato, nemmeno questa volta. Spettacolo unico, danza pura, astratta e felice. Solitamente mi documento prima su quanto vado a vedere, questa volta no, avevo lasciato tutto al caso. Anche le mie letture successive avrebbero dimostrato che, in effetti, avevo assistito a uno spettacolo davvero unico e degno di nota, all’altezza dei più conosciuti balletti classici, ai quali non ha nulla da invidiare. D’altra parte, l’affiche del teatro moscovita, tempio della danza, non sbaglia un colpo. Il Bolshoi è poi l’unica compagnia autorizzata dalla Balanchine Trust a produrre e filmare questo capolavoro. Una ragione ci sarà.

Il balletto è composto da tre parti, “Smeraldi” (musica di Gabriel Fauré, estratti da “Pelléas et Mélisande”, 1898, e “Shylock”,1889), “Rubini” (musica del compositore preferito da Balanchine, Igor Stravinsky, Capriccio per piano e orchestra, 1929) e “Diamanti” (musica di Pyotr Ilyich Tchaikovsky, Sinfonia n°3 in re maggiore, “Polonaise”, op. 29, 1875). Libretto originale e coreografia di George Balanchine. Messo in scena, la prima volta, nel 1967 a New York, il suo successo è dovuto al fatto che il coreografo abbia concepito un trittico di puro stile, nessuna storia, narrazione o racconto, solo tecnica e danza, danza e ancora danza. Si dice che l’ispirazione siano state le vetrine newyorchesi di gioielli, quelle della Fifth Avenue per intenderci, un elogio della bellezza, della purezza di gemme scintillanti rifinite con la stessa perfezione dei movimenti dei ballerini. Pietre che irradiano luce ed energia, così come le acrobazie perfette e i volteggi inimitabili di anime leggere che volteggiano sulle punte. Tutto è prezioso in questa sala, tutto è meravigliosamente bello.

Smeraldi
Smeraldi

Dal punto di vista tecnico “Jewels” è un balletto difficilissimo. I critici e gli esperti lo considerano un banco di prova temibile per qualsiasi corpo di ballo: prevede un’infinità di complicati ruoli solistici, tra assoli, passi a due, a tre e a quattro, che necessitano di non poche vere étoile in organico per interpretarli tutti.

“Smeraldi”, danzato con tutù lunghi, è l’omaggio poetico all’elegante scuola romantica francese, “Rubini” si ispira invece alla dinamica tradizione americana dei musical di Broadway e del jazz; l’ultima sezione, “Diamanti”, è l’evocazione della tradizione e dei classici del balletto russo, riconoscibile per stile e virtuosismi. Imperiale e magica. Il balletto è, in effetti, dedicato alle scuole di ballo che avevano influenzato la formazione di Balanchine: il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, l’Opéra di Parigi e il New York City Ballet. La rappresentazione, andata in scena anche al Teatro La Scala nell’aprile 2014, diventa uno straordinario divertissement all’insegna dei colori delle gemme preziose.

Diamanti
Diamanti

I “Diamanti”, in particolare, si distinguono per passaggi legati e fluidi, un insieme di cigni, principesse e fate leggere. A volte pare di trovarsi immersi in un immaginario e fiabesco palazzo di ghiaccio che evoca la Russia degli Zar. La fantasia vola davvero lontano, estremamente leggera e felice. Bellezza della danza e preziosità delle gemme: uno spettacolo uno e trino pieno di energia, eleganza, bellezza, leggiadria, colori vivaci, cristallini e scintillanti che arrivano da movimenti, passi, costumi e sorrisi. Imperdibile per gli amanti del balletto.

 

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=MCmnVGHVUgo

Fotografie di Simonetta Sandri

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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