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da: Cooperativa Sociale Camelot

Gli immigrati, in termini economici, danno alle casse dello Stato italiano più di quanto ricevono. E’ questo che emerge dal partecipato convegno “Non solo solidarietà: il migrante conviene”, organizzato dal think-tank Pluralismo e dissenso, assieme ai gruppi consiliari di PD e Sel e alla cooperativa Camelot.

Accogliere i migranti conviene, e non a pochi, ma a tutti i cittadini italiani, come ribadito dai dati del Rapporto IDOS (Dossier Statistico Immigrazione, leggi qui) riportati nell’incontro tenutosi lo scorso 10 novembre presso la Sala dell’Arengo del Municipio di Ferrara, dove si è cercato di rispondere alle domande frequenti (più spesso affermazioni) che si sentono circolare, basate su preconcetti.

Stiamo mantenendo i migranti invece di pensare agli italiani?

E’ Andrea Stuppini, di lavoce.info, a fornire la risposta, partendo dal quadro statistico.
Gli immigrati versano 16,6 miliardi di tasse e ne ricevono 13,6 in servizi, con un guadagno per lo Stato italiano di circa 3 miliardi.
La spesa pubblica italiana è orientata più verso gli anziani e meno vero gli adulti e i minori. I costi più alti sono infatti quelli per la spesa previdenziale e per quella sanitaria, di cui in realtà gli stranieri in Italia beneficiano in minima parte, essendo solo il 2% della popolazione over 65.
In totale, gli immigrati sono l’8% della popolazione italiana, ma non sono l’8% degli 800 miliardi di spesa. Ad esempio nella sanità su 110 miliardi, la quota per loro, arriva appena a 4 miliardi. Il motivo è che sono più giovani e ricorrono meno, per esempio, a farmaci e ricoveri.

I migranti rubano posti di lavoro ambiti dagli italiani?

Secondo i dati riportati da Girolamo De Michele, di Euronomade, la condizione lavorativa del migrante è peggiorata: diminuiscono le ore lavorative, aumentano quelle di cassa integrazione. I migranti hanno una mobilità sociale più bassa degli italiani, il 50% non riesce a mutare la propria condizione lavorativa (Rapporto ISTAT 2015), e la tipologia di contratto, semmai, peggiora: appena più del 30% riesce a cambiare posto di lavoro. Per il lavoratore migrante, che si muove prevalentemente nello strato più basso della società italiana, c’è scarsità di ascensori sociali. Il fenomeno è definito “sticky floor”, pavimento colloso, e c’è una forte rigidità sociale, per la quale l’Italia è seconda solo all’Inghilterra. Inoltre, in Italia, le circa 600.000 aziende migranti danno da lavorare a 180-200 mila italiani, a dimostrazione che la presenza di stranieri, non sottrae, ma genera occupazione. Inoltre i lavori eseguiti, sono quelli meno ambiti. Se non ci fossero i migranti, afferma De Michele, dovremmo cominciare noi italiani, per esempio, ad andare a tirare via l’amianto dai tetti.

I migranti stanno invadendo la nostra provincia?

La risposta è nell’intervento di Chiara Sapigni, assessora a Sanità, Servizi alla Persona e Politiche Familiari.
Ad oggi ci sono in provincia 644 richiedenti asilo su 335 mila abitanti, non è un’invasione.
L’accoglienza è sotto controllo e i comuni stanno collaborando, anche quelli più piccoli. Consideriamo che fino al 2009, c’erano solo 20 ospiti a Vallelunga, ora sono coinvolti 14 Comuni oltre a Ferrara.
Sapigni dice che vorrebbe riuscire a coinvolgere tutti, inserendo i richiedenti asilo in piccole realtà domestiche, non in situazioni grandi.
L’accoglienza ha bisogno di professionalità, ma è una cosa normale, non straordinaria.
L’Italia, come riporta Sapigni, è stato per secoli un paese di emigrazione. Questo fino agli anni ‘70, quando poi siamo diventati meta dei fenomeni migratori.
Se non ci fosse stata la componente migratoria degli ultimi anni, la nostra provincia sarebbe ulteriormente calata come numero di abitanti, considerando che, assieme a Genova, siamo fanalino di coda in Italia, per invecchiamento della popolazione.
In provincia, le prime nazionalità, in termini di presenze sono: rumena, marocchina, ucraina, pakistana. Mentre in città sono: rumena, ucraina, moldava, e albanese.
Questo tipo di nazionalità è giustificato dall’anzianità della popolazione e dalla presenza di un importante numero di badanti che la assiste.
Provincia e Comune, hanno scelto di affrontare la migrazione creando reti di collaborazione tra i servizi e le istituzioni, come ad esempio il Centro Servizi Integrati per l’Immigrazione.

I migranti ci rubano le pensioni?

Molti stranieri (finora il 21%), perché ritornano la paese d’origine che non ha una convenzione di reciprocità con l’Italia sui contributi pensionistici, o perché lavorando in modo precario non maturano 20 anni di contributi effettivi, non maturano il diritto alla pensione. I contributi lasciati nelle casse dell’INPS, informa il presidente Boeri, ammontano finora a 3 miliardi €, cifra destinata a crescere nei prossimi anni.
Molti stranieri, dopo i 65 anni, hanno deciso di ritornare nel proprio paese, senza riscuotere (per non completa conoscenza della normativa o per non avere il requisito minimo dei venti anni di lavoro) i contributi, lasciando nelle casse dell’INPS 3 miliardi di euro.

Perché i migranti occupano tutte le case popolari?

Bisogna valutare che gli italiani sono, per l’80%, proprietari di casa, mentre gli immigrati no, quindi per forza sono numerosi quelli che partecipano ai bandi per le case popolari.

I figli dei migranti hanno peggiorato le nostre scuole?

De Michele riporta l’esempio, nella nostra provincia, del polo scolastico di Portomaggiore che non esisterebbe se non ci fossero gli immigrati. Con l’attuale politica di chiusura e accorpamento dei plessi scolastici, il comune avrebbe potuto perdere il servizio, che invece è stato mantenuto data la grande presenza di bambini, figli dei migranti pakistani che si sono stabiliti lì.

E noi cosa ci guadagnamo?

Accanto a quelli elencati come benefici economici, c’è un altro guadagno, incalcolabile, come ricorda Don Domenico Bedin, ed è quello dei cuori e dei cervelli. Sempre per Bedin, avendo avuto la fortuna di sperimentare l’insegnamento della lingua italiana, abbiamo scoperto la vivacità intellettuale dei bimbi immigrati, una ricchezza che poi verrà spesa probabilmente nel nostro territorio. E Don Bedin conclude dicendo che c’è anche la ricchezza della multiformità, dei contributi di visoni diverse, anche nella loro conflittualità.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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