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9 Gennaio 2017

I piacevoli torpori della mente…

Tempo di lettura: 2 minuti


Da bambino
ebbi una fugace visione
con la coda dell’occhio
Mi sono voltato, ma era già sparita
Non riesco più ad evocarla
Il bambino è cresciuto
Il sogno è svanito
Pink, personaggio fittizio che in realtà raffigurerebbe Roger Waters, autore dei testi e delle musiche del celeberrimo concept album “The Wall”, si trova riverso su un letto quando viene soccorso in extremis da un medico per salvarlo da un’overdose. Il medico è stato chiamato dal produttore della Rockstar, preoccupato di subire ingenti perdite economiche qualora l’artista morisse.
Salve,
C’è qualcuno là dentro?
Annuisci se riesci a sentirmi
C’è qualcuno in casa?
Tirati su, ora
Capisco che tu ti senta giù
ma posso calmarti il dolore
e rimetterti di nuovo in piedi
Rilassati
La morte del padre in guerra, l’iperprotettività della madre, la scuola impersonale e omologante, gli eccessi e le stravaganze della vita da rockstar, le grottesche avance delle fans, portano l’artista a chiudersi in sé stesso sempre di più, fino a diventare “comodamente insensibile” (Comfortably Numb).
Creatosi un muro (The Wall) psicologico alienante ed invalicabile, Pink finisce per isolarsi, oltre che dai fans, dagli affetti più stretti quali gli amici, la moglie e la madre; cercando un facile rifugio nel vizio della droga. Sull’orlo del baratro, il protagonista capisce che l’unico modo per vincere la sua solitudine è quello di analizzare la propria vita e, tramite una dolorosa ma liberatoria analisi di coscienza, giungere a distruggere il muro.
Ci si chiederà il perché io abbia raccontato ora la storia di “The Wall” in un articolo che dovrebbe essere dedicato ad una canzone contenuta nell’album. Non è il testo in sé ciò che avrei voluto discutere, quanto la musica del pezzo ed in particolare lo straordinario assolo di chitarra eseguito da David Gilmour, in grado di trasmettere a pieno tutte le emozioni che ribollono nell’animo del protagonista chiuso dentro al suo muro: la disperazione, la rabbia, l’angoscia non hanno per forza bisogno di passare attraverso il codice del linguaggio per poter essere capite, può bastare il semplice suono di una chitarra. Per questo non aggiungo altre parole e vi lascio all’esecuzione di Comfortably Numb dello storico live “Pulse” del 1994.

Buon Ascolto,

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Fulvio Gandini


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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