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di Enzo Barboni

Diritti un po’ bloccati, doveri in parte rispolverati, un lavoro che non c’è, quella maledetta cassaintegrazione; e poi, le bollette ed il mutuo, il bambino e la nonna, sono stati i temi di un parlarsi tra i tavolini di un bar-pasticceria che guarda la cattedrale; ed era un tardo pomeriggio grigio di fine febbraio nella città estense che sovente sonnecchia.
Eravamo seduti, con la signora ed una amica, a prendere un tè ed alcuni biscottini di produzione ferrarese e non potevamo non sentire quel dialogo intenso e a volte caldo, tra più persone: due coppie, una con una bambina, l’altra insieme da anni, una nonna ed una suocera.
Abbiamo ascoltato per una sorta di curiosità, ma anche per capire quello spaccato sociale di convivenze complicate, a volte serene e pacate, ma anche un po’ ribelli e con tratti rivoluzionari, di una generazione che non intravede buoni segni di futuro.
A volte ci è parso di cogliere, in quel parlare vicino, anche un non senso, quasi ad essere sul confine instabile tra povertà e miseria, tante sofferenze, i bisogni elementari quasi recisi, una lacrima di nonna, una dignità colpita, istituzioni lontane; un quadro che ci ha lasciati ad un riflessione ulteriore sulle cose del mondo vicino, anche qui in queste nostre terre ai margini.
La nonna, che a volte ci guardava come voler parlare anche a noi, seduti nel tavolino appresso, insisteva, con i suoi interlocutori, parenti ed amici, su quel “cambiare verso”, ormai le frequenti due parole messe insieme da una politica che vuole cambiare.
Abbiamo assistito ad una insistenza, anche con toni alti, come per dire che quella è la sola strada da percorrere, anche se non idilliaca, anche se non priva di distinguo, anche se incontra alcuni no non ideologici.
Almeno si prova a guardare all’ultimo, diceva la nonna, a risollevare alcune precarie condizioni, a rimuovere le ingiustizie, a stare con i deboli, a farsi partecipi delle difficoltà, anche se la Caritas, la comunità di sant’Egidio, sono solo una prima risposta caritativa perché è per la sopravvivenza; ma, continua la nonna, la politica, quella alta, deve cominciare ad avviarsi nei giusti sentieri del benessere diffuso.
E poi quelle inimmaginabili ricchezze, così mal costruite e così mal distribuite, non possono solo rimanere scritte, come peste e sterco, nei trattati e nelle costituzioni; serve una profondo cambiamento, afferma il nipote della nonna.
E per non dire poi, si continua con toni duri, di quelle troppe e diffuse corruzioni, di cui ne portiamo, un po’ tutti, tracce veniali anche se di minute responsabilità, mentre quelle grandi, a molti zeri, sovente, si muovono in itinerari quasi carsici.
Loro continuano nel parlarsi, noi, data l’ora tarda, lasciamo quei sentire e ci avviamo verso casa. Uscendo l’amica, vedendo la facciata della cattedrale illuminata da una molteplicità di luci, una visione sempre bellissima, aggiunge: “forse la bellezza ci potrà aiutare ad uscire dalle nostre difficoltà”.
Una lezione, in quel tardo pomeriggio, che non pensavamo di dover assistere e che non può che coinvolgerci.

Per ascoltare “I problemi della gente” di Luca Carboni clicca qui.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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