I racconti del Lido/8
Notte ferragostana: l’alba del giorno dopo
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Per il Ferragosto traverso il porto-canale e mi reco a cena a Porto Garibaldi. La terrazza dà sul porto dà proprio sulla banchina del magazzino del pesce. Lì si affollano i partecipanti alla Festa dell’amicizia che a frotte di centinaia si stringono attorno all’enorme paiolo dove friggono sarde e alici distribuite gratis. Silenzio irreale. Le ultime strida dei gabbiani che sfrecciano ma non osano atterrare vista l’enorme quantità di umani intenti a manducare e a comprimersi sulla banchina. Poi il silenzio è rotto dalle ben conosciute melodie romagnole che attaccano ‘Romagna mia’ e i ballabili resi famosi da Raoul Casadei. L’odore del fritto si mescola con quello delle tamerici naturalmente ‘salmastre ed arse’ e dei pini. Un perfetto retour à l’enfance!. E noi che negli anni ci recavamo in estivi pellegrinaggi in Camargue o a Sète la ‘Seta’ occitana non potevamo sapere che qui in una notte perfetta si coglieva la stessa atmosfera. Sulla terrazza scelgo un posto che m’impedisca la vista della skyline del lido estense. La cena è sontuosa. A questo punto – è quasi mezzanotte – comincio a dare segni d’irrequietezza. Benché la Lilla sia stata debitamente sedata s’avvicina il momento dei botti. Minaccio d’andarmene da solo con lei perciò ci avviamo frettolosi mentre dalla macchina i primi fuochi cominciano ad illuminare il cielo.
Leggo nel Venerdì della ‘Repubblica’ del 12 agosto una notizia straordinaria firmata da Giulia Villoresi: “L’audace colpo dei fuochi d’artificio: non fare rumore” che racconta come Sanremo abbia raccolto firme contro questo tipo di spettacolo già bandito nelle zone residenziali di Londra ma anche di Aosta, Genova, Torino, Messina. Questa iniziativa si oppone alle sciagurate scelte che ancora si compiono a ‘Ferara, stazione di Ferara’. Mi riferisco al non mai abbastanza deprecato incendio del Castello e alla sciagurata insistenza su uno spettacolo ormai messo al bando da molte città italiane per l’altissimo tasso d’inquinamento acustico la cui soglia di sopportabilità per la World Health Organization è fissata in 120 decibel mentre i fuochi d’artificio non scendono mai sotto i 150. Ora sembra che i fuochi d’artificio silenziosi possano sostituire quelli rumorosi ormai obsoleti. Scrive la Villoresi: “Dalla tecnologia sta emergendo una nuova pirotecnica più etica, più colorata (nei fuochi silenziosi, meno ‘esplosivi’, gli effetti cromatici si disgregano più lentamente) e in qualche modo più intima (questi fuochi raggiungono altezze molto inferiori rispetto a quelli canonici). In una formula a basso impatto ambientale ma ad alto impatto emozionale”.
Chissà se allora al vecchio Castello sarà risparmiato questo ultimo insulto, se si dovranno trasferire in altro luogo, ancora, le opere d’arte lì esposte per la ‘sceneggiata’ e se noi amici dei pelosi alla fine non saremo più costretti ad addormentare i nostri animali o traslocare per qualche sera dalla ‘città delle 100 meraviglie’!
Lentamente il Lido s’addormenta a tardissima notte. La Lilla russa sul letto e ormai le feriae Augusti stanno passando.
Nella spiaggia vuota del mattino di Ferragosto un Lido deserto si offre finalmente in una sua surreale bellezza. Indosso la maglietta comprata a Bayreuth nel 2009 alla rappresentazione del ‘Tristan und Isolde’. Ci sono scritte le parole di un melodia unica e immortale: “ O sink hernieder, Nacht der Lieber”
L’assonnato bagnino, il giovane Andrea, mi guarda interrogativo. Gli spiego la frase. Ora si chiama Tristano.
Si concludono qui i racconti del Lido. E il tempo, forse, mi riporterà sulle spiagge comacchiesi o forse no.
Gianni Venturi
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Caro lettore
Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.
Se già frequentate queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.
Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani. Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito. Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.
Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta. Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .
Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line, le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.
Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.
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