Skip to main content
di Patrick Boylan
articolo originale su peacelink

La guerra in Ucraina, alla quale l’Italia partecipa ormai da cobelligerante, è riuscita a fare ciò che anni di appelli all’unità non hanno realizzato, ovvero far scendere in piazza, tutte insieme, le varie sigle sindacali di base e buona parte delle realtà sociali pacifiste, in un movimento compatto contro governo e padronato.

Queste diverse realtà si sono date appuntamento a Roma oggi (8 maggio 2022) presso l’ex sede Inpdai di viale delle Provincie, per mettere a punto uno sciopero generale contro la guerra indetto per il 20 di questo mese in tutta l’Italia. Sono previste grosse manifestazioni a Roma, Milano e Palermo nonché comizi e presidi a Torino, Bologna, Firenze, Pisa, Caserta, Cagliari, Reggio Emilia, Trieste e altre città ancora.

Cinque sono le parole d’ordine: Contro la guerra, l’economia di guerra e il governo della guerra; contro l’invio delle armi in Ucraina e l’aumento delle spese militari; per l’aumento delle spese sociali e dei salari; per il ripristino della scala mobile; per un reddito di base per tutte e tutti.

Ad aderire alla piattaforma rivendicativa sono i sindacati di base (ad esempio CUB, SGB, USI-CIT, i vari COBAS, USB) insieme a rappresentanti della società civile (come il vignettista Vauro Senesi e la filosofa Donatella Di Cesare, i Giuristi democratici, i Disarmisti esigenti, gli Obbiettori di Coscienza, gli Umanisti) e associazioni pacifiste come Abbasso la Guerra, l’Assemblea Antimilitarista e la stessa Rete PeaceLink.

Walter Montagnoli, della Segreteria Nazionale CUB, ha illustrato come la guerra in corso, oltre a causare morti e devastazioni in Ucraina, colpisce le popolazioni di tutto il mondo per via dell’interruzione delle catene alimentari, energetiche e di approvvigionamento di materiali. La mancanza di pezzi di ricambio, per esempio, ha fermato o rallentato molte fabbriche, causando numerosi ricorsi alla cassa integrazione. E mentre il governo taglia i fondi destinati alla sanità e ai servizi sociali per pagare i costi della guerra, contestualmente toglie l’IVA sulla commercializzazione delle armi, così da permettere ai grossi azionisti di Leonardo, di Fincantieri, di Breda… di incassare di più.

“Si spendono due mila miliardi annualmente nel mondo per produrre armamenti, ovvero per produrre strumenti di morte e di distruzione,” ha concluso Montagnoli. “Noi diciamo basta, bisogna produrre meno spade e più aratri – per sfamare le popolazioni del mondo, invece di ucciderle.”

Contro l’economia di guerra si è pronunciato anche Angelo Mulè della USI-CIT. “Il padronato vuole comprarci col bonus governativo di €200? Se li metta in quel posto”, ha tuonato. “Noi, il 20, scioperiamo contro la sua guerra, che è una catastrofe non solo per gli ucraini, ma anche per i lavoratori in tutto il mondo.”

“Inoltre – ha concluso, rivolgendosi ai giovani – non va dimenticato che il servizio di leva non è stato abolito in Italia, ma solo sospeso. Con l’entrata in guerra contro la Russia, il governo potrebbe ripristinarlo.”

Un rappresentante dell’Ufficio Informazione del Kurdistan ha sottolineato che la guerra in Ucraina – tra due imperialismi che usano cinicamente gli ucraini come pedine nei loro giochi di potere – non è l’unica oggi scatenata per scopi imperialisti. “La Turchia, ad esempio, sogna sempre il suo impero ottomano perso e ha invaso pezzi della Siria e dell’Iraq per estendere le sue frontiere, sterminando gli abitanti curdi che, di quel impero, non vogliono far parte; vogliono invece la propria autonomia.”

Il rappresentante curdo ha poi chiesto alla platea: “Perché l’Europa, così pronta ad applicare sanzioni contro l’invasore Putin, non le applica contro l’invasore Erdogan?”, suscitando un applauso scrosciante.

Ma non è soltanto la Turchia che fa guerre imperialiste ignorate dall’Occidente. La Francia di Macron sogna sempre l’impero francese in Africa di una volta; per realizzarlo, ha invaso il Mali otto anni fa, facendo bruciare villaggi interi per estirpare i resistenti; ma nessuno in Italia sembra aver sentito l’odore del fumo. L’Arabia Saudita sogna un vasto impero sunnita nel medio oriente e in Africa del nord; per realizzarlo, bombarda selvaggiamente lo Yemen da 7 anni e nessuno in Occidente applica sanzioni per fermare il genocidio in corso. Ma, si sa, la Turchia, la Francia e l’Arabia Saudita – per non parlare degli Stati Uniti che ha invaso e occupato molteplici paesi terzi in questi anni – sono paesi alleati e quindi possono fare quello che sta facendo Putin, liberamente e impunemente, senza destare scandalo tra i benpensanti occidentali.

La stessa guerra in Ucraina, che sembra dovuta esclusivamente alle brame imperialiste di Vladimir Putin, è in realtà il proseguimento di una guerra imperialista iniziata dall’Occidente.

Infatti, è l’Occidente che ha invaso l’Ucraina otto anni fa e che continua ad occuparla… solo che non si vede (o quasi).

Nel 2014, la NATO ha infatti addestrato segretamente, nelle sue basi in Polonia, milizie ucraine filo naziste che hanno poi dirottato la rivolta popolare degli ucraini contro il loro governo, imponendo come Presidente del paese l’uomo designato da Washington, Arseniy Yatsenyuk. “Yats” ha usato poi quelle stesse milizie per fare guerra, sempre per conto della NATO, contro gli ucraini russofoni dell’Est, una guerra strisciante durata otto anni, con 14.000 morti, e che poi è sfociata in guerra aperta quando la Russia ha incautamente voluto porre fine al genocidio invadendo l’Ucraina.

L’invasione di Putin è indubbiamente un crimine di guerra – anche se non si capisce perché non lo siano le invasioni imperialiste di Erdogan, di Macron, del Principe bin Salman e di tutti i presidenti statunitensi. Un crimine che non si può condannare, tuttavia, senza condannare, contestualmente, chi l’ha provocato deliberatamente.

“Scioperiamo e scendiamo in piazza il 20 maggio per dire NO a TUTTE le guerre e a TUTTI gli imperialismi,” ha concluso l’assemblea di viale delle Provincie, invitando chi vuole aderire alla giornata del 20 a scrivere a: scioperogenerale20maggio@gmail.com

tag:

Riceviamo e pubblichiamo


PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it