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Piccola, segreta città che finisce tra le pagine del best-seller di un’autrice inglese. Succede a Ferrara, città ispiratrice del libro di Sarah Dunant “Sacred Hearts”, tradotto in italiano con “Le notti di Santa Caterina” per l’editore Neri Pozza. Anziché l’invito terribile a bruciare i libri uscito nei giorni scorsi dalla manifestazione di protesta dei forconi, un libro illumina il centro storico alla libreria Ibs di piazza Trento Trieste in collaborazione con Wall Street Institute . E l’inquietudine di quella notizia si dilegua nel racconto che la scrittrice fa della sua avventura ferrarese. Perché, come il libro, è un modo di leggere la città dal di fuori, un modo che rende per incanto degne di essere raccontate storie antiche, ma anche dettagli di tutti i giorni, stra-noti, eppure all’improvviso interessanti come se fossero pettegolezzi su gente che conosci. Strade, palazzi e fatti sono riletti attraverso la storia, ma con una confidenza che gli dà la forma di aneddoti accattivanti.
Intanto, con la tipica ironia britannica, la scrittrice racconta come il suo primo problema – una volta che si è decisa ad ambientare qui il romanzo – ce l’abbia avuto con il correttore ortografico del suo computer. Perché continuava a modificarle il nome del la città in quello di un’auto. Come dire che il mondo anglofono, più che Ferrara, ha in mente la Ferrari. E così l’autrice si è resa conto – ha dichiarato pure a un’autorevole testata come “The Observer” – che tra i tesori nascosti d’Italia c’è proprio “questa città, ricca di storia, che si trova sulle rive del Po”.
Sarah Dunant vive tra Londra e Firenze. E quando arriva qui dal capoluogo toscano, per prima cosa viene colpita dal fatto di trovarsi in quella che definisce “una città medievale e rinascimentale perfettamente conservata”, dove però “a fatica si vede un turista” e dove la colonna sonora che ti accoglie è prevalentemente scandita da campane e campanelle: quelle dal suono grave provengono dalle chiese e quelle con un registro più squillante tintinnano sui manubri delle centinaia di biciclette, “linfa vitale del trasporto” per i ferraresi di oggi. Il contrasto tra la capitale del turismo e la città dai tesori segreti è ancora più grande, perché lei arriva dalla stazione di Firenze Santa Maria Novella dopo una corsa ad ostacoli tra comitive di turisti “talmente intenti ad aggiustarsi nelle orecchie gli auricolari delle loro audio-guide, da riuscire a malapena ad alzare gli occhi per vedere i capolavori del Rinascimento che la voce registrata cerca di far loro apprezzare”.
Secondo la Dunant il nord-est italiano è una miniera d’oro per chi abbia voglia di uscire dal percorso turistico obbligato di Roma-Firenze-Venezia. Ma Ferrara, per lei, ha qualcosa in più. La descrive come “una città-stato vivace fino all’avvento del potere pontificio che la inghiotte nel 1597”. Per secoli alla guida della città padana gli Estensi, che si presenterebbero “inizialmente come un clan di teppisti appena malcelati, per trasformarsi poi in sofisticati mecenati rinascimentali, con un occhio per l’urbanistica e un orecchio fine per la musica”.
Il castello – dice Sarah Dunant – divide il quartiere medievale dal lato cittadino rinascimentale e “nasconde storie di potere cruento”. Qui, nel 1425 Niccolò d’Este fece eliminare la sua seconda e giovane moglie e il suo pressoché coetaneo figlio illegittimo Ugo – per vendicarsi di una presunta relazione tra i due. Uno sfogo che l’autrice di romanzi storici definisce “comprensibile forse per l’irascibilità medievale, fino a quando non si apprende come Niccolò si vantasse di andare a letto con ottocento donne e come i cronisti del tempo lo considerassero il padre di bambini disseminati ovunque, tra la sponda sinistra e quella destra del Po” .
Alloggiata in una camera in corso Porta Reno con vista sulla facciata del Duomo, la Dunant ricorda di essersi svegliata trovando “il mercato in pieno svolgimento , come è successo per secoli” e di come si sia sorpresa a scoprire tutti i negozi costruiti sul fianco della grande cattedrale. Per lei la maggior parte dei vestiti a buon mercato in vendita “ora può venire dalla Cina, ma verdure , salumi e formaggi rotolano ancora qui dalla campagna circostante”.
Ma brava Sarah Dunant, che al posto dei forconi brandisce penna e tablet tra chiostri e chiese, ciclisti e bancarelle.

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, Mantova 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, Bologna 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici Università di Ferrara, Mimesis, Milano 2017). Ha curato la mostra “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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