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E’ il paese africano con il territorio più esteso e uno dei primi 10 al mondo, la sua ricchezza di idrocarburi lo piazza al 17º posto nella classifica planetaria per le riserve petrolifere, stimate in 12,2 miliardi di barili, al 10° per quanto riguarda quelle di gas, con oltre 4500 miliardi di metri cubi. E’ una Repubblica Democratica che ha lo stesso presidente eletto dal 1999 – Abdelaziz Bouteflika, è paese islamico, si trova nella calda area politico-sociale del Maghreb. Ma resta misteriosa, la signora Algeria, non si parla quasi mai di lei, del suo ruolo nello scacchiere mediorientale, del suo processo di sviluppo. Perché la stampa italiana e internazionale raccontano così poco di lei?

imageAndando a cercare qualcosa di recente sui quotidiani italiani, il 24 dicembre sono stati pubblicati i risultati delle elezioni per il rinnovo parziale dei membri del Consiglio della nazione, la camera alta del parlamento algerino nelle 48 province del paese (vinte dal Fronte di Liberazione Nazionale, partito del presidente della repubblica Bouteflika, che torna ad avere la maggioranza nella Camera alta che gli mancava dal 2012); il 30 troviamo qualche accenno ai funerali del leader dell’opposizione Hocine Ait Ahmed, uno dei padri della indipendenza dell’Algeria, morto il 23 dicembre. Poche ore fa la testata arabpress.eu riporta che Algeria1, sito web vicino al cerchio presidenziale, rivelerebbe che “il presidente Bouteflika applicherà presto modifiche significative al suo gabinetto. Sembra che l’obiettivo sia eliminare le personalità fedeli al generale deposto, Mohamed Toufik Mediène”. Per la carica di Primo Ministro si farebbero spazio due nomi: Abdesslam Bouchouareb (membro del partito dell’Unione Nazional Democratica) e Ouali Abdelkader (membro del Comitato Centrale del Fronte di Liberazione Nazionale).

Il sito Ansamed, invece, presenta continui aggiornamenti. Del 4 gennaio la nota del ministero della difesa algerino che comunica che “l’esercito algerino e le forze di sicurezza hanno neutralizzato nell’anno appena trascorso 157 terroristi, tra cui 10 capi di organizzazioni ricercati da anni”. In un’altra nota si legge qualcosa che in qualche modo potrebbe interessare anche l’Italia: proseguono, infatti, gli sforzi algerini nell’attrarre investimenti nel settore auto e componentistica per auto. Il ministro dell’Industria algerino, Abdeslam Bouchouareb, “ha annunciato che l’obiettivo è arrivare a 200 mila automobili assemblate in Algeria e che per questo sarà sottoscritto un accordo con il gruppo automobilistico francese Peugeot-Citroen per la costruzione di un impianto di assemblaggio nel paese si concluderà con ogni probabilità nel mese di gennaio 2016”. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa algerina ”Tsa”, inoltre, “Bouchouareb ha inoltre rivelato alla radio nazionale l’intenzione del gruppo italiano Fiat di aprire un impianto per l’assemblaggio di veicoli nell’area di Annaba, nel nord-est dell’Algeria, confermando che l’inizio della produzione dell’impianto di Iveco di Bouira a partire dal 2016” e ci sarebbero inoltre trattative per l’apertura di altri impianti di produzione e assemblaggio, con un marchio cinese, di cui non è stato rivelato il nome, e con la casa automobilistica giapponese Nissan (gia’ presenti nel paese investimenti di Peugeot e Hyundai).
imagePoco più di una decina di giorni fa, l’ufficio di Algeri dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane annunciava “la realizzazione presso la città di Bennacer Benchohra, nella provincia sud-occidentale algerina di Laghouat, un progetto per la creazione di un nuovo villaggio turistico”. Secondo la direzione algerina del turismo e dell’artigianato, si tratterebbe di un investimento privato di 1,6 miliardi di dinari (13 milioni di euro) verrà realizzato su una superficie di 20 ettari, in 24 mesi. Pochi giorni prima il ministro algerino delle Poste e telecomunicazioni, Imane Houda Feraoun, aveva annunciato il lancio sul territorio nazionale dei servizi di telefonia mobile di quarta generazione 4G nei primi sei mesi del 2016. La telefonia mobile in Algeria, secondo gli ultimi dati ministeriali, ha fatto registrare 43,3 milioni di abbonati nel 2014, circa il 20% degli utenti totali usufruisce dei servizi della rete mobile 3G.

Per quanto riguarda le relazioni dell’Algeria con il resto del mondo e alla così detta “minaccia dello Stato Islamico”, questo paese è una sorta di terra neutrale, un cuscinetto in una regione in fiamme, e le ragioni di questo ruolo sono da ricercarsi nella sua storia recente. Fra il 1991 e il 1999 l’Algeria ha già conosciuto la violenza di una guerra civile tra i partigiani del Fronte Islamico di Salvezza e i nazionalisti del Fronte di Liberazione Nazionale, nata all’indomani delle elezioni presidenziali del ’91, quando il governo rifiutò di riconoscere la sorprende vittoria del leader radicale Abbassi Madani. Nacque allora il Movimento Islamico Armato, un gruppo terrorista nel quale confluirono i reduci della guerra in Afganistan ed addestrati nei campi alla frontiera col Pakistan, che si alleò con il Fronte Islamico di Salvezza nella lotta contro i nazionalisti algerini. Gli attentati del Movimento, dentro e fuori i confini nazionali, portarono ad 8 anni di guerra civile, durante i quali persero la vita circa sessanta mila persone. Abdelaziz Bouteflika, leader erede di una corrente nazionalista e anti-colonialista, formò nel 1999 un governo di riconciliazione nazionale e riuscì a porre fine al conflitto e a condurre una guerra senza sosta all’islamismo radicale di matrice jihadista attraverso una forte militarizzazione del territorio. Questo rende l’Algeria maggiormente attrezzata e pronta contro la minaccia islamica rispetto agli altri paesi coinvolti, sia dal punto di vista militare che dal punto di vista del controllo dei media di reclutamento. Inoltre, il valore del petrolio algerino fa da contraltare agli interessi dello Stati Islamico sugli idrocarburi delle altre regioni mediorientali e rende l’Algeria una pedina di equilibrio nello scenario generale. Quelle che sembrano però condizioni ideali per tenere il Paese guidato da Bouteflika fuori dalla portata dello Stato Islamico non bastano: il 10 dicembre i terroristi avrebbero tentato di colpire l’Algeria in due diversi attentati in una città del nord est, Costantine, entrambi sventati dalla polizia algerina. Solo una settimana dopo sono invece andati a segno, uccidendo una decina di militari nella stessa città e rivendicando l’atto con una nota stampa. Durante la scorsa estate altri 11 militari erano morti in un altro attentato in una zona montagnosa tra le province di Medea e Ain Defla, a circa 120 chilometri da Algeri, dove la violenza non arriva grazie alle forze militari schierate. Non è un caso che Algeri, capitale di una democrazia zoppa, abbia ospitato meeting e messo al tavolo del confronto diversi attori della crisi libica lo scorso anno e sia stata punto di partenza per una strategia comune contro il Califfato.

Insomma, in Algeria qualcosa si muove ma nessuno lo va raccontando. Tenendo conto che in Algeria operano già più di 150 imprese italiane e che – secondo un report Sace – l’export italiano crescerà del 4,8% nei prossimi 24 mesi e l’Algeria si candida ad essere una delle migliori destinazioni per il Made in Italy, con un “export opportunity index” del 76%, ribadendo che il premier Renzi ha ribadito in più occasioni che “l’Algeria è per l’Italia il primo mercato africano”, confermando accordi e sottoscrivendo intese per la cooperazione fra i due paesi, forse bisognerebbe dare maggior peso a ciò che accade al di là del Mediterraneo.

imageMentre il governo italiano prende impegni importanti con il paese di Bouteflika, non ultimo il riesumato progetto “Galsi”, l’imponente gasdotto che dovrebbe collegare l’Algeria all’Italia, destinato all’importazione di gas naturale con una capacità di 8 miliardi di metri cubi all’anno e la cui entrata in esercizio “è attualmente prevista per il 2018”, secondo quanto si legge sul sito della Edison, secondo gli osservatori internazionali nel paese magrebino si va delineando un situazione politico-sociale incandescente.
Il sito della Farnesina infomercatiesteri.it, descriveva nell’agosto del 2014 la situazione algerina con queste parole: “La situazione del Paese presenta però alcune tensioni: gli scontri intercomunitari iniziati a fine dicembre 2013 a Ghardaia non sono ancora risolti, vi sono sacche residue di terrorismo in particolare in Cabilia, e rischi derivanti dall’instabilità della regione saheliana. Inoltre, la popolazione giovane soffre per l’alto tasso di disoccupazione, i bassi salari, la difficoltà di accesso all’alloggio e per il livello spesso insufficiente dei servizi pubblici”.

In due anni le condizioni politico-sociali interne del paese sembrano essersi aggravate: il settantanovenne presidente Abdelaziz Bouteflika, che nel 2014 ha modificato la Costituzione algerina per poter essere nuovamente rieletto al suo quarto mandato, è gravemente ammalato e risiede ormai stabilmente a Parigi, dove viene curato ed assistito. Fino alla sua ultima rielezione il governo del Paese era nelle sue mani, adesso che non riesce più a seguirne attivamente le attività le decisioni tale guida è delegata ad un gruppo di potere che, dietro alla sbandierata lealtà verso il clan presidenziale, pare incapace di guidare le istituzioni – ormai completamente paralizzate- ed il paese viene lasciato a se stesso, mentre la corruzione sta raggiungendo il livello di guardia e di pari passo il malcontento popolare che, anche se ancora silente, freme.
Secondo alcuni si tratta di una bomba ad orologeria, destinata ad esplodere, sulla quale il governo italiano starebbe costruendo abili progetti di intesa. Forse è meglio non raccontarlo in giro.

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Ingrid Veneroso


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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