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Mio nipote Enrico dice che nel nostro camino vive lo spirito di un bambino.

Il nostro è un grande camino di mattoni a vista appoggiato a uno dei muri portanti del cortile. Ha una cappa che finisce con una apertura sul tetto, un grande piatto centrale per il fuoco e due piccoli piatti laterali per tenere in caldo le vivande quando si fa la grigliata.  A casa mia si usa  il fuoco del camino per cucinare la carne oppure per bruciare le sterpaglie dell’orto o qualche grande cartone che non sta nei nostri contenitori della raccolta differenziata.

Enrico dice che nel camino abita lo spirito di un bambino. Non si vede di giorno, perché di giorno gli spiriti sono trasparenti e nemmeno si sente perché non vuole essere scoperto. Sta zitto zitto perché solo così può continuare a vivere nel nostro camino e farsi i fatti suoi. Uno spirito anarchico.
Enrico dice che se di notte ci si alza lo si può vedere. Ha le dimensioni di una farfalla ma è tutto rosa, ha braccia  e gambe lunghe che gli permettono di muoversi con molta agilità. E’ lo spirito di un bambino che si chiama Roman. Abita nel nostro camino perché si trova bene lì e fra un po’, quando Enrico sarà più grande, uscirà definitivamente dal camino e giocherà tutto il giorno con lui. Ecco spiegato il perché dello spirito. Enrico vuole un bambino della sua età con cui giocare, in questo periodo di Covid-19 non è andato all’asilo e può stare solo con sua sorella Valeria che ha nove anni più di lui.
Chissà perché mio nipote ha posizionato lo spirito di Roman proprio nel camino e non sotto un albero, in una delle sue casse di giocattoli, nella legnaia.

Eppure è sempre stato così, gli spiriti stanno nei camini. Escono da là nei momenti più impensati e attraversano improvvisamente la vita delle persone. Compiono azioni bizzarre e poi ritornano nel camino da dove sono venuti ricominciando, come se niente fosse,  a fare i silenti spiriti.

Vorrei vedere anch’io Roman con gli occhi di Enrico e invece lo vedo con i miei ed è molto diverso. Quello spirito ha poco di reale e molto di fantasioso, esprime un sogno e forse anche un po’ di malessere per tanta reclusione. Eppure con quel suo continuo parlare dello spirito di Roman mio nipote si connette al mondo. Attraverso quella strada recupera un senso di collettività e di appartenenza  alla terra che sa di saggezza. Intercetta  parte della nostra storia. Attraverso quel sogno compone i tasselli del suo vivere adesso  e i anche i tasselli di quello che tutti siamo e siamo stati. Riesce ad  entrare nell’essenza dell’esistere,  quella calda che appartiene alla vita. Corre verso un desiderio che è sia suo che di molti e, attraverso questo, mantiene salda la sua identità di bambino un po’ solo e anche la sua appartenenza al cosmo che sta fuori, che evolve, spera, crede. Enrico e Roman si incontrano in una mescolanza di desideri che appartiene a loro adesso quanto è appartenuta ad altri in passato. Quei due esprimono, in quel loro surreale mondo, un bisogno di condivisione che sa di necessità e risposta.

Dentro lo spirito di Roman c’è il cuore del mondo che pulsa, che vive molte delle sue contraddizioni ma anche delle sue possibilità. C’è la spinta verso una trascendenza che sa molto di umano e poco di eternità.
Dentro lo spirito di Roman c’è una possibilità di fuga, un desiderio che trova risposta. In un cammino umano che porta a cercare l’altro e a trovarne lo spirito, c’è la creatività della persona che si mette a servizio della sopravvivenza e della felicità.  C’è tutta la fantasia possibile e anche un impulso alla fratellanza che sa di universalità.  C’è l’espressione di un bisogno che trova terreno fertile per nascere, crescere e morire e proprio in questo esprime la sua essenza. C’è la genialità di una soluzione. Lo spirito di Roman è molto  umano, permette di rispondere a un bisogno di socialità e di aiuto.

Una scrittrice che di spiriti ha capito molto è Isabel Allende. In uno dei suoi libri più famosi  La casa degli spiriti riesce a fondere realtà e fantasia, esoterismo e razionalità. E proprio in questa fusione sta la sua genialità. Toglie un confine e annulla molta paura. Alza un tappo, apre la strada al sogno, alle infinite risposte che i cuori delle persone sanno porre alle avversità.  Proprio con quel libro la Allende si è affermata come una delle più importanti voci della letteratura sudamericana. Non a caso. Chi sa oltrepassare un confine mina un muro, apre una nuova via, legittima una nuova conoscenza, una nuova sperimentazione, un nuovo modo di essere tolleranti. La tolleranza insegna molto. Arriva a ciò che è essenziale, a ciò che davvero si può insegnare, tramandare a chi verrà. La Allende è riuscita a spiegare il perché di alcune scelte umane, il senso un po’ allegorico e balzano di alcune abitudini strane. Nel suo mondo è vero ciò che in altri mondi non esiste. E’ santo ciò che permette una preghiera che accompagna il tempo del vivere, che apre spazi di sollievo ad un contorno paesaggistico e di relazioni umane che altrimenti sarebbe disperato e nichilista.

Enrico nel suo mondo di bambino ha creato Roman perché lo aiuta a passare meglio le giornate,  a sognare, a sperare nel futuro. Roman è una parte di lui, della sua vita di adesso. Io che so della sua esistenza e con un po’ di presunzione ne posso capire il motivo, mi sono scoperta ad amare Roman. Quello spirito di bambino deve essere simpatico, diventerà sicuramente un buon compagno di giochi per Enrico. Immagino che saprà fare qual che piace ad entrambi e quindi: correre col monopattino, nuotare, andare a cavallo, in bicicletta, fare le costruzioni, inventarsi storie popolate di animali, aerei e strani mezzi di trasporto che movimentano tutto o niente, dipende dai momenti. Se assomiglia a Enrico, Roman è bellissimo. Incanta.  Come dice Isabel Allende: “Noi Siamo ciò che pensiamo. Tutto quello che siamo sorge dai nostri pensieri. I nostri pensieri costruiscono il mondo” (Isabel Allende: Il regno del drago d’oro).

Anche i miei pensieri costruiscono il mondo, anche quelli di Enrico. A noi piace Roman anche se io so che esiste solo in funzione di una necessità.  Oppure non è così, Roman è vero.  E’ arrivato da noi e ama stare nel nostro camino perché così nessuno lo disturba e può fare quello che vuole. Uno spirito anarchico, appunto.

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Costanza Del Re

E’ una scrittrice lombarda che racconta della vita della sua famiglia e della gente del suo paese, facendo viaggi avanti e indietro nel tempo. Con la Costanza piccola e lei stessa novantenne, si vive la storia di un’epoca con le sue infinite contraddizioni, i suoi drammi ma anche con le sue gioie e straordinarie scoperte.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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