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Si chiama Galeone il cane che ha visto Dio nel lungo omonimo racconto di Dino Buzzati [Qui]. E poi c’è Nanà, la cagnolina abbandonata che Giovanni Eterno adotta a Roma. Infine Cane blu, il peluche che, nell’ultima puntata della serie tv Doc.Nelle tue mani, compare come un amuleto di bene a dare forza ai malati gravi di Covid 19.

la boutique del misteroGaleone è il cane-coscienza, che nel paese di Tis tutti credono sia stato il compagno fedele dell’eremita morto in un luogo isolato fuori dal paese e lì sepolto dalla comunità. Si aggira tranquillo per le strade e nella piazza senza fare altro che fissare gli uomini, poi riprende con passo dinoccolato il suo cammino di cane senza più padrone.

Siccome deve avere visto Dio nelle notti in cui dal rifugio dell’eremita si irradiavano raggi di luce bianca, una luce soprannaturale, ora i paesani lo percepiscono come il controllore dei loro comportamenti. Ne temono il giudizio, perché dentro di lui deve esserci una scheggia di Dio. Temendolo, rigano dritto. Col tempo la chiesa si ripopola durante la messa, il fornaio riprende a distribuire con onestà il pane ai poveri e così via.

hotel padreternoAnche Nanà dal canto suo compie un miracolo. Per capirlo dobbiamo spostarci dentro un’ altra narrazione, Hotel Padreterno di Robert Pazzi [Qui]. Si tratta dell’ultimo romanzo pubblicato dallo scrittore ferrarese: la stesura è durata tre anni, ma alla fine ha prodotto un racconto intenso e al tempo stesso leggero alla lettura, tra realismo e visionarietà , giocato come è sul piano umano e su quello divino, con la città di Roma al centro.

Dio si è preso una “vacanza dall’eternità” e ora passeggia per le strade e le piazze della città dentro al corpo di Giovanni Eterno, un anziano signore di 78 anni. È Dio nella sua versione umana a osservare la vita, a incontrare persone di ogni tipo, a fare amicizia con un bambino speciale e la sua famiglia.

Nanà arriva in un giorno qualunque ed è lei a scegliere, con uno sguardo adorante, questo anziano signore che la porta con sé e la fa adottare dalla famiglia del bambino. Le procura cibo e affetto, ora che Nanà ha partorito i suoi cuccioli e li deve allattare.

Tra tutti i sentimenti e i patimenti umani, che Dio sta provando in queste settimane, Nanà sa infondergli il più forte, quello della maternità. Giovanni, che è Padre nei cieli e padre di Emmanuele qui sulla terra, riceve dalla cagnolina il senso del suo essersi umanizzato e la consapevolezza della missione che è venuto a compiere proprio qui nella Città Eterna, prima di ritornare là dove i suoi santi lo attendono con ardore impaziente. E’ venuto a portare nuova linfa alla nostra nazione che invecchia e sente spenta la voglia di vivere.

doc - nelle tue maniCane blu” è stata la battuta condivisa da medici e infermieri dell’ospedale milanese in cui lavora il quasi-primario Doc, lanciata come un grido di guerra davanti ai casi difficili. Ci è stata fatta conoscere, sapientemente, solo nella puntata più recente di questa serie televisiva tanto seguita [Qui].

Attraverso un lungo flash back abbiamo ritrovato i nostri eroi del reparto di medicina generale  impegnati nella lotta contro il Covid, con le tute da astronauti e la scenografia distopica delle sale di terapia intensiva.

Fra spavento e voglia di catarsi assistiamo alle loro fatiche e se nella abnegazione dei loro gesti a un certo punto compare quello di consegnare a un papà intubato il cane di peluche del suo bambino è fatta: ci travolge un’empatia totale e cane blu entra nel nostro linguaggio. Non sarà una scheggia di Dio, ma è segno della resilienza a cui siamo chiamati. ‘Resilienza’, la parola è passata anche ai piani economici nazionali e si avvia a essere abusata.

Meglio cane blu, che oltre a indicare il bisogno di fare fronte ai guai indica anche come farlo, con la condivisione. Nel reparto a un certo punto Doc mette su una canzone ben ritmata e si mette a ballarla. Con lui medici e infermieri cominciano ad ancheggiare e a portare in alto le braccia e noi sorridiamo, scaricando con guizzo ariostesco tutta la tensione emotiva di prima.

Jerusalema è una preghiera espressa in lingua venda dal musicista africano Master KG [Qui] che ha avuto molto successo nel 2021; molti forse non sanno che contiene la richiesta di salvezza a Chi non è di questo mondo, tuttavia se l’hanno ascoltata oppure ballata in gruppo hanno compiuto il primo passo.

Fin qui ho chiamato in causa tre cani, tutti usciti da racconti sulla vita ma indiscutibilmente veri. Me li ha fatti incontrare nel quotidiano una nuova piccola sintonia con ciò che sto leggendo o guardando alla tv. Incontrare cani nella vita, come nelle fiction, del resto non è difficile.

Nella mia giornata incontro anche gatti, passerotti e merli:  sono “i sereni animali che avvicinano a Dio” – come li ha definiti Saba –  a cui preparo mattina e sera il cibo da lasciare in giardino. In realtà se qualcuno mi interrompe  mentre sbriciolo il pane dico: “ Un attimo che finisco la mia azione francescana e arrivo!”

E nel dire ‘francescana’ penso al santo e insieme a Papa Francesco, che intervistato da Fazio nella puntata di domenica 6 febbraio a Che tempo che fa ha pronunciato frasi tanto potenti quanto semplici sul bisogno che abbiamo di condivisione e di amicizia.

Potrei cambiare queste due ultime parole con ‘dignità’ e ‘rispetto reciproci.

Ora devo leggermi per bene gli articoli n. 9 e n.41 della Costituzione, che sono stati modificati di recente dal Parlamento; so che le modifiche apportate intendono garantire una maggiore sostenibilità ambientale, la tutela della salute e la sicurezza della collettività, la tutela degli animali. Ma vorrei saperne di più. Magari per scoprire un’altra scheggia di empatia tra un atteggiamento collettivo e le mie briciole di pane.

Fonti:

  • Roberto Pazzi, Hotel Padreterno, La nave di Teseo, 2021
  • Dino Buzzati, Il cane che ha visto Dio, in La boutique del mistero. Trentuno storie di magia quotidiana, Mondadori, 1968
  • Serie televisiva diretta da B. Catena e Martelli,  Doc. Nelle tue mani, seconda stagione, episodio di giovedì 10 febbraio 2021
  • Saba, A mia moglie, in Canzoniere, 1921

Per leggere gli altri articoli e indizi letterari di Roberta Barbieri nella sua rubrica di Mercoledì, clicca [Qui]

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Cari lettori,

dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

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Tanto che qualcuno si è chiesto se  i giornali ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport… Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e riconosce uguale dignità a tutti i generi e a tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia; stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. Insomma: un giornale non rivolto a questo o a quel salotto, ma realmente al servizio della comunità.

Con il quotidiano di ieri – così si diceva – oggi “ci si incarta il pesce”. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di  50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle élite, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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