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Sono almeno tre i reparti dove il freddo fa sentire i suoi morsi nonostante l’sos manutenzione lanciato in più occasioni da geriatria, pediatria e radiologia dell’ospedale di Cona. Il tempo è passato e ancora non è stato posto rimedio a un guaio segnalato più volte al Tribunale per i Diritti del Malato, che grazie all’associazione Cittadinanzattiva è operativo da un paio d’anni all’interno del polo ospedaliero ferrarese. “A quanto ci risulta il freddo persiste”, spiegano gli avvocati del Tdm Lucia Gabrielli e Daniela Bizzotto. Dopo aver raccolto le lamentele, averle girate all’Azienda e verificato di persona la scomoda realtà sono state invitate a restare lontane dai reparti. “Ci è stato detto che avrebbero verificato la situazione, ma tutto deve passare attraverso l’Urp, l’ufficio relazioni con il pubblico – spiegano – Sappiamo che è stato aperto un contenzioso per il malfunzionamento dell’impianto, ma le cose sono rimaste immutate. Ci sono stati momenti in cui la manutenzione veniva richiesta un paio di volte la settimana, medici e infermieri spesso si ritrovavano ammalati a causa degli sbalzi di temperatura”.
Niente di nuovo sotto il sole, ma non per questo i mali cronici di Cona, la cittadella della salute sotto inchiesta costante, devono essere accettati come una realtà cui si è abituati. Non c’è abitudine giustificabile quando si parla di salute pubblica, soprattutto a fronte dei costi sostenuti per servizi inadeguati ai bisogni di chi li paga profumatamente per ritrovarsi in ospedale fuori città – quando invece l’aeroporto è a due passi dal centro chissà per quale perversa logica – scomodo da raggiungere e sempre al centro di giustificati mugugni. Non ultimi quelli relativi alle lunghe attese per visite specialistiche di fronte alle quali i pazienti si rivolgono ad altre strutture anche fuori regione, senza parlare del Pronto Soccorso, ingolfato al punto da sembrare quello di una grande città. Un fatto inevitabile dal momento che sul polo ospedaliero vengono dirottate le emergenze della provincia, dove i tagli alla sanità hanno ridotto a un lumicino la maggior parte delle strutture territoriali. Cona “pigliatutto”, compresi gli improperi di chi si ritrova lanciato lungo l’oscura viabilità ospedaliera alla ricerca del Pronto Soccorso, collocato al lato opposto del punto d’arrivo nella cittadella della salute. Il che, diciamolo con chiarezza, offende la logica più comune. E’ un fatto.
“Insieme ai problemi legati alle visite di ogni specialità lamentate dagli utenti, ci sono le lagnanze sui parcheggi, sembra incredibile data la locazione in campagna, ma non ci sono posti a sufficienza – spiegano i due legali – Eppure, nonostante la carenza sia evidente, le multe non vengono risparmiate”. Come dire il danno e la beffa, tanto più che i collegamenti tra la città e l’ospedale non sono certo il garofano all’occhiello del trasporto pubblico. Ma quel che più infastidisce, sostengono Gabrielli e Bizzotto è la mancanza di informazione sulle procedure ospedaliere. “Abbiamo avuto un caso in cui ai figli di una signora impossibilitata ad alimentarsi è stata negata l’opportunità di assisterla richiamando le regole di reparto – raccontano – Li hanno mandati via con la rassicurazione che avrebbero provveduto ad alimentare la madre, ma al loro ritorno hanno trovato il vassoio con il cibo freddo ancora sul comodino. E’ stata aperta un’inchiesta interna all’ospedale, tuttavia non abbiamo saputo nulla in merito al risultato. Non viene mai comunicato né un reclamo né un provvedimento disciplinare”. Silenzio. Eppure un paio di segnalazioni la settimana arrivano nella sede del Tdm. “Ci occupiamo principalmente di transazioni per piccole lesioni, invalidità temporanee – concludono – di casi di malasanità vera e propria ne stiamo seguendo un paio. Ciò non toglie che le denunce siano numericamente cresciute. Con tutta probabilità il fenomeno è dovuto a una maggior consapevolezza dei propri diritti, è un passaggio fondamentale che si sposa con il nostro impegno di volontari, prima di intervenire infatti cerchiamo di verificare nel dettaglio se quanto ci viene riferito sia fondato o risponda piuttosto ad aspettative troppo alte di chi si rivolge al nostro ufficio”.

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Monica Forti


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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