Chi l’ha detto che in Italia il comunismo non è mai stato realizzato? Basta guardare l’evoluzione dell’ultimo scaglione dell’imposta sui redditi per comprendere come i più ricchi con il passare del tempo hanno scelto di condividere la posizione fiscale di chi è un po’ meno ricco. Proviamo a spiegare con un po’ di storia.
Nel 1948 la Costituzione stabilisce che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività” (art. 53). Il che significa che la percentuale di tasse da pagare sale con l’aumentare della capacità contributiva.
Nel 1974 entra finalmente in vigore la riforma fiscale in applicazione dell’art. 53 della Costituzione, fissando 32 scaglioni e stabilendo l’aliquota più elevata al 72% per la parte di reddito superiore a 500 milioni di lire. Quella cifra, aggiornata sulla base del coefficiente ISTAT, oggi corrisponderebbe a 3.668.000 euro. Pare evidente che la cifra si riferisse a pochissimi super ricchi, i quali probabilmente hanno pensato che non fosse giusto trovarsi in questa ristretta cerchia di privilegiati.
Di conseguenza, nel 1983 si è deciso di ridurre a 9 gli scaglioni fiscali e di portare l’aliquota più alta al 65% per la quota superiore a 500 milioni di lire, ma che – a causa dell’inflazione – nel frattempo avevano perduto di valore, corrispondendo oggi a 858.868 euro, cioè un quarto della soglia stabilita nel 1974. In questo modo i ricchi sono aumentati come numero ma pagando meno tasse.
Nel 1989 i ricchi hanno pensato di aumentare ancora la condivisione: gli scaglioni sono scesi a 7, l’aliquota più elevata al 50%, applicata oltre la soglia di 300 milioni di lire, che indicizzati ad oggi corrisponderebbero a 336.833 euro. E così il numero dei ricchi è ulteriormente aumentato mentre l’imposta è diminuita ancora un po’.
Nel 2007, giunti in un nuovo millennio, è stata rilanciata l’idea di un maggiore coinvolgimento dei contribuenti più ricchi. Gli scaglioni sono diventati 5, l’aliquota è scesa al 43% sopra la soglia di 75.000 euro, che ad oggi sarebbero 94.050 euro.
Infine in questi giorni governo e parlamento stanno approvando la nuova riforma fiscale che prevede per il 2022 di ridurre gli scaglioni a 4, mantenere l’aliquota più elevata al 43% applicata a partire da 50.000 euro. In questo modo nella classe dei più ricchi rientreranno tutti i contribuenti con redditi superiori a 50.000 euro.
In questo periodo di festività immaginiamo quei pochi con redditi superiori a 3.668.000 euro che brinderanno alla salute di quelli che guadagnano poco più di 50.000 euro, proclamando: siamo tutti fratelli e perciò è giusto che tutti paghiamo la stessa aliquota fiscale. Finalmente in Italia in modo progressivo il comunismo – soltanto dei più ricchi – ha trionfato.
NOTA: Questo Articolo è uscito con il medesimo titolo su pressenza del 24.12.2021
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie. (Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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