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da: organizzatori

Se vi è capitato di fare un giretto, magari anche saltuariamente, in una libreria, avrete notato che uno dei comparti più forniti di titoli è quello proprio dei libri dedicati all’arte culinaria.
Questo perché nel vasto panorama editoriale italiano da alcuni anni ormai sta spopolando il “fenomeno” dei libri di cucina; pubblicazioni di ogni sorta che hanno come tema di riferimento l’arte culinaria.
Sugli scaffali delle librerie, infatti, abbondano libri di ricette firmati da chef più meno famosi, ma anche da nomi del giornalismo, dello sport o dello spettacolo, quando non si tratta addirittura di “cibografie” (un neologismo che è un po’ una crasi tra biografia e cibo) scritte in genere da “vip” che non perdono occasione per cercare visibilità raccontando le loro esperienze in cucina, con buona pace di amici e colleghi spesso invitati – a suon di assaggi – a sperimentarne i risultati.
Il cucinaccio, pur inserendosi a pieno titolo nel filone del genere culinario, esce non poco dai soliti schemi a cui oramai ci hanno abituato questo genere di pubblicazioni.
Il cucinaccio, che nel sottotitolo si definisce come “Ricettario umoristico illustrato per cucinare in allegria”, il primo di questo tipo a quanto ci risulta, è nato dal felice incontro tra il disegnatore e vignettista Roberto Salvetti, che inizialmente aveva l’intenzione di realizzare un libro umoristico di sole vignette sul mondo dei fornelli, e Nonna Farina, un’attivissima associazione culturale enogastronomica geneticamente in piena sintonia con lo spirito allegramente spensierato del libro.
Ne Il cucinaccio, infatti, oltre alle ricette redatte dall’équipe di Nonna Farina – ma non le solite comuni ricette di cucina, bensì qualcosa di più originale e ricercato, piatti comunque semplici da eseguire con gli ingredienti di tutti i giorni, che l’associazione sta facendo conoscere con successo nelle fiere e ai vari eventi cui partecipa -, il contorno è dato dalle tavole umoristiche di Salvetti, che qui ama sfoggiare in più occasioni un tratto vagamente jacovittiano (l’autore ha infatti più volte dichiarato di aver appreso i primi rudimenti del fumetto umoristico ispirandosi proprio alle tavole dell’indimenticato Benito Jacovitti). A corroborare il tutto si inframezzano poi qua e là, giusto per stuzzicare l’appetito e la convivialità, gustosissimi enogastronomici racconti d’autore, spaziando da classici evergreen come Jerome K. Jerome, Fucini o Boccaccio fino alla proposta di validi autori contemporanei come Marco Bottoni, Pier Giorgio Viberti e Nuccia Isgrò. Anche lo stesso vignettista non si è sottratto dal raccontare un suo personalissimo aneddoto sulle sue prime esperienze pre-adolescenziali ai fornelli.
Quanto al titolo del libro, dicono gli autori: «Avremmo potuto cercare un titolo altisonante, che strizzasse l’occhio al marketing e alle vendite, e fare un po’ come certi chef, bravi tanto nelle parole quanto con le pentole, che guarniscono un semplice brodino di pomposi quanto aerei effluvi letterari, tuttavia ci sarebbe sembrato di uscir dal seminato. Così, per amor di genuinità, di quella schietta franchezza, a volte anche ruvida, che, crediamo, si accompagni sovente alla buona cucina quanto al ben essere, al buon umore, allo stare bene in compagnia, abbiamo scelto un nome che “gratta” in bocca e che sia in grado di esprimere l’ironia e la spensieratezza che abbiamo messo in questo progetto gastroumoristico (neologismo da noi coniato per l’occasione e che a breve troverà spazio anche nel Devoto-Oli)».
Ecco questo è, molto semplicemente, Il cucinaccio, un’agile guida al buonumore e al buon mangiare, ricca di idee e di suggerimenti, per cucinare e stare in allegria in famiglia e con gli amici.
Che dire di più, con Il cucinaccio si sorride, e molto, perché buon umore e buona tavola banchettano insieme.
A proposito, una piccola precisazione: il libro è umoristico, ma le ricette sono tutte vere, collaudate, semplici da preparare ma comunque in grado di farvi fare un figurone se organizzate una cena tra amici.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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