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I sentimenti e le emozioni non sono mai stati estranei al mondo della politica. E i politici che hanno ignorato ciò, hanno contribuito alla propria ‘ruina’. Il grande filosofo dell’utopia e della speranza Ernst Bloch era solito raccontare un evento a cui aveva assistito. Era il 1933, l’anno dell’ascesa di Hitler al potere. Al Palazzo dello sport di Berlino viene organizzato un dibattito fra un dirigente comunista e un dirigente nazista. L’esponente comunista, dinanzi a una platea composta soprattutto di operai di sinistra, illustra pedantemente l’idea della caduta tendenziale del profitto secondo “Il capitale” di Marx. E accompagna la teoria con una interminabile lettura di dati statistici sulla disoccupazione. L’oratore nazista, invece, parla con foga, mescolando slogan e frasi ad effetto. Fa leva sui sentimenti nazionalisti frustrati dalla sconfitta della guerra e dall’umiliazione inflitta alla Germania dai trattati di Versailles. Alla fine del confronto, il nazista viene portato in trionfo e osannato persino da quegli operai che, poche ore prima, erano entrati al Palazzo dello sport come comunisti o socialdemocratici. E’ evidente che, in questo caso, siamo di fronte ad un uso demagogico delle passioni; ma ignorarle è altrettanto pericoloso proprio per l’uso nefasto che gli ‘psicagoghi’ ne possono fare. A questo proposito vale la pena leggere l’ottimo libro dello storico inglese Christopher Duggan “Il popolo del Duce. Storia emotiva dell’Italia fascista” (Laterza). Da questa lettura emergono insegnamenti anche per capire i nostri anni recenti.
Una cattiva interpretazione di Machiavelli, come inventore dell’autonomia della politica, ha assimilato la politica a calcolo e ad astuzia. In realtà, la grande tradizione del pensiero politico moderno e contemporaneo (da Hobbes a Spinoza e a Vico, da Croce a Gramsci e a Sen) non ha mai tagliato il legame tra passioni e politica. Per esempio, Vico ricorda che dalla ferocia (i ‘bestioni’…), dall’avarizia, dall’ambizione, nascono il commercio, il governo, le istituzioni. Così Vico propone un modello di rapporto virtuoso tra politica e passioni, perché la razionalità della politica permette alla ‘ferinità’ (violenza dei rapporti primitivi) di farsi storia, legge e istituzione.
Oggi, non è un caso che siano due studiose della cultura femminista anglo-americana a riportare in primo piano il ruolo delle emozioni e delle passioni nella vita pubblica e privata: Martha C. Nussbaum (“L’intelligenza delle emozioni”, Il Mulino) e Emma Rothschild (“Sentimenti economici”, Il Mulino). In questa sede ci limitiamo ad una conclusione generale: lo stereotiparsi della politica attorno a formule, criteri, linguaggi, poteri separati dalla vita reale (la complessa società degli individui) non è l’ultima delle ragioni che l’hanno resa ostile ed incomprensibile.

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Fiorenzo Baratelli

È direttore dell’Istituto Gramsci di Ferrara. Passioni: filosofia, letteratura, storia e… la ‘bella politica’!

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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