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All’inizio di un nuovo anno il discorso sul futuro prende la forma di bilanci e di previsioni. I bilanci si basano sui fatti e le previsioni sulle speranze. Soprattutto a queste cerchiamo sostegno negli oroscopi. Il futuro ci attrae e ci inquieta al tempo stesso. Ci riferiamo al futuro per parlare di dimensioni diverse: l’avvenire nostro, del Paese o del mondo, per parlare di una crescita che non appare all’orizzonte. Cerchiamo di colorare la parola futuro di significati buoni, riferendoci ad esempio, allo sviluppo sostenibile o alle conquiste scientifiche e alle meraviglie dell’innovazione tecnologica.
Le emozioni esistenziali legate al pensiero del futuro non cambiano. Anche se la scienza dei ‘big data’ si propone di leggere le tendenze leggendo il presente, il futuro resta incontrollabile, né potrebbe essere altrimenti. Pur disponendo di una mole di dati più alta, non abbiamo l’impressione di una maggiore prevedibilità delle vicende umane. Il futuro, tanto quello storico quanto quello personale, si sottrae a qualunque previsione. Nella nostra vita fronteggiamo spesso eventi che non abbiamo voluto: facciamo i conti con la scarsa capacità di pianificare le nostre azioni e, ancor più, di controllare quelle degli altri.
Oggi viviamo il futuro con maggiore ansia e sconcerto rispetto al passato. La ragione sta forse in una velocità del cambiamento superiore a quella che siamo in grado di metabolizzare. Inoltre, il cambiamento prende spesso la forma di una sfida, perché ci chiede competenze nuove per abitare il presente e ci trasmette la percezione di un inseguimento continuo delle novità, inseguimento in cui ci sentiamo perdenti. Mentre si esalta un’idea di individuo artefice del futuro, padrone delle scelte, libero di decidere, si diffonde la percezione di essere in balia di eventi grandi e incontrollabili.
Le nostre pratiche quotidiane incidono nella costruzione del futuro. Mentre pensiamo il mondo, lo costruiamo con il nostro linguaggio e le categorie con cui lo interpretiamo. Persiste nella mente di ognuno di noi, ancorché frustrata dalle evidenze, un’idea di futuro come progetto razionale e controllabile, come passaggio lineare dal bene al meglio, come possibilità di un punto di approdo a cui arrivare, una condizione in cui finalmente sarà possibile riposarci, trovare la riva. E’ così, se scriviamo un pezzo o eseguiamo un compito, diciamo con soddisfazione “fatto” per trovarci di nuovo di fronte all’ansiogena lista delle cose che restano da fare. Siamo condannati ad un domani che riproduce le questioni di oggi e che genera di continuo compiti, domande, sfide la cui responsabilità è solo nelle nostre mani.
Parlare di futuro in termini sociali significa evocare un mondo migliore o peggiore, ma diverso. Il discorso sociale sul futuro non può che avere al centro l’apprendimento: inteso come istruzione e riflessività, come capacità di riconoscere e integrare le differenze. Pensiamo il futuro come un magazzino di possibilità, una serie di orizzonti che si spostano con noi man mano che avanziamo lungo l’asse dei presenti successivi. Non possiamo andare oltre nelle capacità di previsione. Il modo migliore per immaginare altre vite è comprendere il presente, senza demonizzarlo, rafforzando la pratica di “congetture razionali”.

Maura Franchi – Laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi e Social Media Marketing. Studia i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.
maura.franchi@gmail.com

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.

PAESE REALE

di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


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