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Questa narrazione breve del 2010 ha vinto la prima edizione del concorso letterario “Racconto in giallo” organizzato dalla biblioteca comunale di Copparo e dal Salotto letterario “Voci d’insieme” della Pro Loco.

E notte fonda su Ferrara. Le strade sono deserte e le luci delle abitazioni spente o nascoste dentro tende chiuse. Le corazzate dell’aria anglo-americane potrebbero tornare a bombardare anche questa notte. Una leggera nebbia copre e bagna la città in questa sera di agosto. Da una finestra aperta un grammofono sparge nel buio note leggere e risa di giovani innamorati. Non tutti dormono a quell’ora tarda. Mario ha aperto l’armadio dove conserva la vecchia camicia nera. Le tarme e le muffe hanno risparmiato i tessuti e la divisa conserva intatto il tetro splendore di un tempo. Di quando si credeva che le legioni dell’era nuova avrebbero marciato fiere sui viali di Alessandria D’Egitto accolti come liberatori da una folla festante.
Stasera Mario indosserà la divisa ancora una volta dopo molti anni, con i pantaloni eleganti e neri anch’essi, e gli stivali belli che non aveva mai smesso di spolverare e lucidare metodicamente. Il pugnale, ancora affilato, e sempre nel cassetto dove lo aveva lasciato, con il manico di osso su cui aveva inciso le iniziali in un momento di noia al fronte. Mario il meccanico, che aveva riparato mezzi del Regio esercito dall’Albania all’Abissinia ed infine richiamato a Ferrara poco prima della disfatta perché anche le berline degli ufficiali della werhmacht avevano bisogno di mani esperte a cui essere affidate. E proprio ascoltando una conversazione tra quegli eleganti signori, che spesso si intrattenevano a fare comunella in officina, Mario seppe che il Federale aveva deciso di organizzare una grande soiree per festeggiare la nascita del figlio, inaspettatamente arrivata dopo quasi 30 anni di matrimonio. Mario ascoltava ed il cuore gli si riempiva di gioia. Nonostante lui i figli li avesse persi un anno prima, morti di ferite e stenti sul greto del Don. Aggregati di forza all’Armir, su richiesta esplicita del Federale anche se erano solo ragazzini. Perché giovani incoscienti, non avevano nascosto in più occasioni simpatie socialiste con l’animo scaldato dal vino delle osterie di San Giorgio. E con loro se ne era andata anche la moglie, impazzita di dolore e richiusa a forza tra le alte mura di via della Ghiara. Mura da cui giorno e notte provenivano urla tremende che facevano gelare il sangue ed accelerare l’andatura dei passanti.
Stanotte anche nella zona della vecchia fortezza ed ora rione giardino le luci sono spente. La calma apparente e tradita dalle numerose berline parcheggiate al di fuori di una villa liberty il cui ingresso e sorvegliato da due militi richiamati per l’occasione.

Da dietro le tende provengono suoni di risa, di brindisi, di note giocate sul pianoforte. Alla soiree organizzata dal Federale sono presenti alti ufficiali, importanti figure politiche ed industriali arrivati persino dalle città di Bologna e Mantova per festeggiare la nascita di quell’erede, risultato essere forte e sano dopo che una gravidanza difficile ed un parto travagliato avevano fatto temere il peggio. La signora ed il neonato adesso riposano nel silenzio del secondo piano della villa, dove il rumore della festa arriva appena percepibile a rassicurarne il sonno.
Mario e uscito di casa nonostante il coprifuoco ed il caldo intenso che anche a quell’ora della notte soffoca la città. Si muove veloce in bicicletta e conosce la ragnatela dei vicoli del centro come il palmo della sua mano. Se anche lo vedessero sarebbe facile prendere velocità e sparire in quel labirinto, con la complicità della nebbia che confonde la vista ed attutisce i rumori. Ma nessuno appare lungo il percorso e ora sente già i rumori di risa e musica provenire dalla villa del Federale. Vi si sta svolgendo una festa magnifica ed ancora il cuore gli si riempie di una gioia che non provava da tempo. Mario lascia la bicicletta all’ingresso del giardino di quella casa signorile e si incammina verso i due militi di guardia all’ingresso. I miliziani, da ore fermi davanti a quella porta, guardano annoiati l’arrivo di questa tardivo invitato. L’umidità e gia entrata nelle ossa ed i cordiali che hanno condiviso qualche ora prima hanno terminato il loro effetto rinvigorente lasciando stanchezza nei corpi e lentezza nei movimenti. Mario sorride ai giovani e si fruga nelle tasche alla ricerca di un invito da mostrare. Ne esce invece il pugnale che in un attimo penetra veloce e deciso nel collo della prima guardia, recidendo di netto l’arteria giugulare. Il secondo giovane fissa immobile il commilitone riversarsi a terra con le mani che strette al collo tentano inutilmente di tamponare la ferita, e non ha nemmeno il tempo di lanciare l’allarme prima di subire la stessa sorte. In silenzio Mario trascina i due corpi ai bordi del piccolo giardino per nasconderli alla meglio dietro i radi cespugli di gerani. Nel buio sara quasi impossibile vederli.
Velocemente si dirigi nella parte posteriore della villa. Ora bisognerà fare più attenzione: un domestico o un cameriere potrebbero uscire dal retro della casa per fumare una sigaretta e cercare il refrigerio della notte. Ma al momento tutto tace ed arrampicarsi lungo lo scolo dell’acqua piovana e raggiungere il secondo ed ultimo piano della villa non e difficile.

Da quando casualmente ha saputo di quell’elegante festa e passato senza fermarsi davanti alla villa piu volte, in maniera da potere studiare linee ed incavi del muro senza dare nell’occhio. Linee che conducevano alla finestra della camera della signora, donna non più giovane ma ancora bellissima, e non vi era ferrarese che passandovici davanti non levasse gli occhi furtivi con la speranza di poterne vedere la figura affacciata alla finestra anche solo per un istante. La signora dorme profondamente mentre Mario penetra nella stanza. Una folata di vento leggero muove le tende alle sue spalle dando l’impressione che qualcun altro possa muoversi in quello spazio e la mano stringe ancora decisa il pugnale nascosto nella tasca. Anche il bambino dorme un sonno profondo e non emette nessun rumore mentre Mario lo solleva dal suo letto e lo deposita con delicatezza nel piccolo zaino foderato che aveva nascosto sotto la camicia. Da sotto arrivano le note di una canzone tedesca interrotte da uno scrosciare di risate. Scendere lungo il muro non e più complicato di quanto sia stato salire con quel piccolo peso a tracolla. Sono passati poco piu di 20 minuti da quando si e presentato all’ingresso della villa del Federale a questo momento, mentre risale sulla bicicletta ed inizia a pedalare più lento verso i vicoli del centro. Deve fare piano: non vuole svegliare il bambino proprio adesso, che non ha emesso nemmeno un vagito da quando l’ha preso dalla stanza materna.
Il padrone di casa sta continuando ignaro la soiree al piano terra nella sua bella villa. Quella stessa villa in cui si presento circa un anno fa un meccanico, con il vestito buono lavato per l’occasione, chiedendo di poter parlare con il Federale. Per pregarlo di perdonargli i figli; troppo giovani per quella missione che in cuor suo sapeva essere una condanna a morte. E che fu fatto cacciare in malo modo dai domestici e dovette tenere la testa bassa mentre tornava a casa per nascondere agli altri passanti gli occhi pieni di lacrime.
Mario ora rientra a casa con suo figlio. Il suo nuovo figlio. Appoggia dolcemente il bambino nella culla costruita qualche giorno prima. E contento; quando il piccolo sara cresciuto abbastanza gli insegnerà ad utilizzare gli attrezzi e sara un meccanico come lui. Mentre Mario sogna ed inizia a dondolare dolcemente la culla ai primi vagiti del bambino in un altra zona della città un urlo atroce di donna spezza il silenzio della notte ed interrompe quella che fino a quel momento era stata una magnifica e brillante soiree.

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Vittorio Sandri

Vittorio Sandri, nato e cresciuto a Ferrara, si e’ diplomato al Liceo Ariosto della città estense, al quale ha fatto seguito un percorso di studi in scienze politiche iniziato presso l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna e proseguito a Parigi presso l’Institut d’Etudes Politiques (Sciences Po) con l’ottenimento del Diplôme du programme international e terminato con il successivo conseguimento della Maîtrise en science politique all’ Université Paris Nanterre. L’autore ha trascorso lunghi perriodi in Europa tra Spagna, Francia e Inghilterra. Tutt’ora vive e lavora all’estero anche se considera la citta della metafisica, immutabile nella sua bellezza, un porto senza mare nel quale e’ sempre possibile fare ritorno.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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