In pochi lo sanno, ma l’abbigliamento ad oggi è il settore che genera il maggiore impatto negativo sull’ambiente, sia a livello di produzione (colori e tinte), sia a livello di coltivazione delle fibre (utilizzo enorme di acqua), sia a livello di rifiuti: negli ultimi quindici anni la quantità di rifiuti tessili è cresciuta in maniera esponenziale, milioni di tonnellate gli scarti prodotti ogni anno.
E’ per questo che negli ultimi anni sono cresciute le campagne organizzate a livello mondiale come “Detox” [vedi], “Abiti puliti” [vedi] e il “Fashion Revolution Day” [vedi] con l’intento di chiedere una produzione senza l’uso di sostanze tossiche, una riforma sistematica della catena delle forniture nel campo della moda e maggiori garanzie per le condizioni di lavoro e sicurezza dei fornitori.
Diversi marchi hanno già aderito ed è di questi giorni la notizia che venti aziende del distretto di Prato, il più grande distretto tessile d’Europa, hanno sottoscritto contemporaneamente l’impegno Detox di Greenpeace, lo standard più elevato per una produzione senza sostanze tossiche nel settore della moda. [leggi].
L’impegno etico del settore della moda è ormai imprescindibile: il mondo vuole vestire ‘pulito’.