Skip to main content

Il teatro comunale di Ferrara è gremito per la giornata conclusiva del Festival di Internazionale. Attende lo scrittore e critico d’arte inglese John Berger, venuto a dialogare con il collega nigeriano Teju Cole su arte e scrittura. Comincia male. Almeno per me. Il traduttore simultaneo non va. Sono costretto ad affidarmi al mio orecchio arrugginito per tradurre a braccio una conversazione in inglese. Cole è troppo giovane, parla un inglese spedito. Perdo le sfumature. Altro discorso vale per l’ospite d’onore.

Misura bene le parole, Berger. Gli da il peso, l’importanza che meritano. Sembra sappia che ha a che fare con un’arma potente, precisa. Un’arma che seduce, in alcuni casi uccide. La giornalista Maria Nadotti gli chiede cosa rappresenti per lui la lingua madre .

La faccia solcata dai quasi novant’anni di età, le pause di chi non deve nulla a nessuno e si prende tutto il tempo che gli serve. Racconta una piccola storia, John. La scena è questa: siede al bancone di un pub qualsiasi della sua Inghilterra. Lui che da una vita risiede in un villaggio della Francia alpina. Inizia a discorrere con un vicino mentre si beve della birra. Accade di frequente, in Inghilterra, magari guardando un match della premier league. Alla fine, il tizio si complimenta con John per l’ottimo inglese. Forse avrà pensato di trovarsi di fronte a un forestiero che parli perfettamente una lingua straniera.

Quindi ride di un sorriso sincero, il nostro Berger. Ride di un ricordo normale che ancora lo diverte e contagia una platea attenta. Di quelle che si costruiscono negli anni. Ecco! Questa una sua parziale risposta su cosa sia una lingua madre.

L’altra, quella che mi entra nel petto senza filtri, la spara in conclusione del suo intervento sull’argomento: “la lingua è figlia di una puttana”.

John Berger sul palco del teatro comunale cammina col passo sincopato dettato dal ritmo della vecchiaia. Veste un abbigliamento casual, semplice come le parole limpide che sceglie di pronunciare. Si concede solo un paio di calzini a righe orizzontali. Forse sono l’unico lembo di chi pare stare al mondo con misura. Scende le scale. Si risiede e affronta una interminabile fila di lettori in attesa di una firma, di una dedica.

Non si diventa grandi per caso. Esistono diverse misure di grandezza, questo è vero! Berger ha mostrato parte della sua. Ho inteso i suoi occhi che guardano intorno. Ho inteso che per uno come lui il mondo è un pozzo profondo. C’è chi si affaccia ad osservarlo, e chi, come John Berger, in qualche modo vi si immerge. Non riesce a farne a meno. Solo così potrà dirci che sapore ha la sua acqua. Il mondo è un pozzo profondo e a me pare che John vi abbia passato la vita immerso dentro. Altri non riescono che a vedere una pozzanghera. Si specchiano pigramente sulla sua superficie.

Per una domenica mattina di un ottobre ancora estivo, gremito di giovani che affollano Ferrara e la trasformano in una piccola capitale, direi che non è poco. Non è male finire con le parole, la misura, la lingua madre di John Berger.

tag:

Sandro Abruzzese

Nato in Irpinia, vive a Ferrara dove insegna materie letterarie in un istituto d’istruzione superiore. Per Manifestolibri ha pubblicato Mezzogiorno padano (2015). Con Rubettino ha pubblicato CasaperCasa (2018) e Niente da vedere (2022). Sul suo blog, raccontiviandanti, si occupa di viaggio e sradicamento

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it