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È il 1869 quando a Kaunas, in Lituania, viene alla luce una bambina di nome Emma Goldman.
Le ostilità alle quali è soggetta la famiglia ebraica dei Goldman vanno solamente ad incrementare il clima teso innescato dal carattere autoritario del padre tra le mura domestiche.
A soli 15 anni decide di partire per gli Stati Uniti: voleva vedere il mondo, trovare sé stessa, diventare una donna.
Peripezie varie la portano a diventare, già negli anni ’30 del 1900, il simbolo della fierezza anarchica e della lotta femminista.
Tra battaglie e arresti -i più eclatanti dei quali furono causati dall’audacia delle sue campagne sul controllo delle nascite e il libero amore- lottò fino alla fine dei suoi giorni per garantire pari diritti ai più discriminati. 

Ellissi temporale al 27 Ottobre 2021: “Che gioia sapere che l’Italia ha saputo ritrovare le sue radici e i suoi valori. Che gioia sapere che possiamo garantire un futuro migliore ai nostri bambini senza indottrinamenti o ideologie.”. [Vedi qui] In questo modo il Senatore Simone Pillon si rallegra per l’affossamento del DDL Zan sul suo  profilo Instagram.

Le urla e i festeggiamenti fanno da sottofondo al decadimento del progresso mentre l’Aula vede l’elevazione del degradamento patriarcale.

Prima di qualsiasi tipo di commento, ci terrei a mettere un po’ di chiarezza sulla natura di questo disegno di legge che tanto sentiamo nominare in questi ultimi giorni e che tanti continuano a male interpretare.
 Il DDL Zan, o per utilizzare il suo nome tecnico “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità” è un disegno di legge che prevede di prevenire e contrastare qualsiasi tipo di discriminazione basata su sesso, genere, orientamento sessuale, disabilità o identità di genere incrementandone le pene.
Nei 10 articoli che compongono questo disegno di legge è prevista l’estensione dei reati d’odio per discriminazione razziale, etnica o religiosa a chi discrimina omosessuali, donne, disabili. Sostanzialmente, prevede di tutelare tutti coloro che, non per ideologie, ma per natura, possono essere soggetti a discriminazioni e crimini d’odio.

A parer mio più che di un disegno di legge si tratta di semplice decenza umana.
Nel mondo utopistico nel quale nonostante tutto credo ancora, discriminazioni di questo tipo dovrebbero essere solamente un lontano ricordo. Un paese civile non avrebbe bisogno del DDL Zan.

E qui casca l’asino: tra gli schiamazzi di chi dichiara che una legge contro l’omotransfobia è inutile e indottrinato da ideologie, possiamo distinguere chi afferma che un’applicazione del DDL non avrebbe senso perché siamo tutti tutelati allo stesso modo – per non parlare di chi è convinto che verrebbe addirittura messo in una posizione di svantaggio.
“Fine del delirio Gender” possiamo leggere su Libero. Alessandro Zan, circondato da un alone rosa molto simile a quello di uno spot contro l’AIDS degli anni Ottanta, condiviso sui canali social dall’europarlamentare leghista Silvia Sardone.

Miei cari italiani bianchi, eterosessuali e di mezz’età, ci terrei dirvi che, se non avessimo bisogno del DDL Zan, molti ragazzi e ragazze non verrebbero sbattuti fuori di casa per aver avuto il coraggio di confessare il proprio amore.
Che lavoratori con difficoltà motorie verrebbero assunti senza problemi per incarichi nei quali non è richiesto alcun tipo di sforzo fisico.
Che ai colloqui di lavoro non dovrebbero permettersi di chiedermi se ho intenzione di avere figli.
Che solo perché nella vostra coltre di oscurantismo non riuscite a vedere che qualcosa che non vi riguarda non cessa di esistere non deve rimetterci chi soffre.
Che se per indottrinamenti ed ideologie intendete la libertà di espressione qualcosa nella vostra formazione personale è andato storto.
Che la religione che tanto professate è basata sull’amore e non sull’odio.

“L’elemento più violento nella nostra società è l’ignoranza”, scriveva Emma Goldman novant’anni prima dall’eccidio di chi vuole ammutolire chi non vuole tacere. Oggi l’Italia l’ha delusa.

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Alice Miraglia

Studentessa, idealista e donna. Scrivo di quello che amo e odio nella vana speranza di poter cambiare qualcosa.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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