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È il 1956, sessant’anni fà, esattamente il 12 luglio quando viene posta la prima pietra del grattacielo Pirelli: per tutti il Pirellone. Con i suoi 127 metri di altezza per 31 piani è l`edificio più alto dell’Unione europea fino al 1966, anno di costruzione della Tour du Midi di Bruxelles.
Il simbolo del riscatto di Milano, o meglio di una Nazione intera, dopo il devastante evento della Seconda Guerra Mondiale e l`inizio di una vera rinascita economica e sociale: il “boom economico” che caratterizzerà per almeno i vent` anni successivi la vita e le abitudini degli italiani.
Il grattacielo viene costruito tra il 1956 e il 1961 sui terreni degli stabilimenti Pirelli affossati dai bombardamenti. Il progettista incaricato è il milanese Giovanni Ponti detto Giὸ, che dirige anche tutte le fasi costruttive, con la collaborazione di altri importanti progettisti Giuseppe Valtolina, Pier Luigi Nervi, Antonio Fornaroli, Alberto Rosselli, Giuseppe Rinardi e Egidio Dell’Orto, e per l`ambito strutturale i consulenti Pier Luigi Nervi, Arturo Danusso, Piero Locatelli e Guglielmo Meardi.
E` uno degli edifici in calcestruzzo armato più alti al mondo.
La costruzione terminerà nel 1961.

Ma perché un cristallo? Giὸ Ponti ricorre al rivestimento in vetro e alluminio della stuttura in calcetruzzo armato. Scrive nel 1941 “ ..l`architettura è come un cristallo, è metafora per inseguire una immagine di purezza, di ordine , di slancio e di immobilità, di perennità, di silenzio e di canto (di incanto) nello stesso tempo: di forme chiuse, dove tutto fosse consumato nel rigore dei volume e d`un pensiero”.
Giὸ Ponti interpreta in Italia quel movimento architettonico (anche speculativo) che spinge le architetture in altezza secondo i canoni architettonici espressi dall’International Style. I caposcuola sono oltreoceano: Mies van der Rohe dopo vari falliti tentativi di costruire grattacieli nella Germania del terzo Reich completa nel 1958 il Seagram Building, capolavoro in acciaio e vetro a New York, preceduto da un altro simbolo di New York il Lever House dello studio d’architettura statunitense Skidmore, Owings and Merrill del 1952; di William van Allen il fantasioso Chrysler building del 1938 ed ancora l`Empire state building o il Rockfeller Center sempre a New York degli anni 30 del XX secolo solo per citarne alcuni, preceduti dal “goticheggiante” Woolworth building del 1913 di Cass Gilbert ancora a New York.
Le vetrazioni utilizzate sono innovative e rivoluzionarie considerato che siamo negli anni Cinquanta; per la prima volta questa tecnologia raggiunge l`Italia dall`America. Le vetrate sono funzionali al tema termico, acustico, alla riduzione dei consumi, sono sostenibili e migliorano in modo incomparabile il comfort interno.
Si tratta di una vetrata isolante del tipo Thermopane: due lastre di cristallo (vetro) di spessore 6 mm prodotte dalla società belga UniverGlav, saldate fra loro perimetralmente da un giunto metallico quale distanziatore formante una intercapedine con aria disidratata di 15 mm; le parti a copertura dei solai portano un solo vetro esterno e un materiale isolante retrostante fissato all`interno di un vassoio metallico.
Una assoluta novità per l`Italia che fa immediatamente scuola; infatti di li a poco anche la torre Galfa, innalzata a fianco, utilizzerà la stessa tecnologia di rivestimento vetrario.

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Un’immagine dell’incidente

Il 18 aprile 2002 però un piccolo aereo da turismo pilotato dall’italo-svizzero Luigi Fasulo si schiantò contro il 26º piano del palazzo causando due vittime, dipendenti della Regione, oltre allo stesso pilota. Iniziὸ immediatamente il lungo lavoro di ricerca dei materiali per riparare la ferita e soprattutto del vetro di rivestimento per un intervento di restauro conservativo unico nel suo genere in Italia e che avrebbe avuto da un lato la necessità di mantenere il più possibile la presenza cromatica storica e dall`altro di adeguare il fabbricato alle nuove normative di sicurezza ed energetiche nazionali ed europee in vigore.
Un lungo e attento processo di selezione dei materiali e il lavoro di smontaggio recupero e rimontaggio dei componenti metallici delle pareti esterne originali (salvo la ricostruzione delle parti distrutte dall`impatto aereo) ha consentito ai determinati sostenitori del restauro conservativo di prevalere nell`aver mantenuto sostanzialmente inalterato l`aspetto di questo gigante verso chi avrebbe voluto al contrario un restyling totale della torre. Le operazioni dopo circa due anni di intenso impegno di maestranze, progettisti, esperti del restauro hanno riconsegnato nel rispetto del progetto originario un`opera di ingegneria ardita, un unicum, un simbolo insostituibile, un omaggio dovuto a Giὸ Ponti famoso nel mondo dai milanesi e dall`Italia intera.

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Marco Bonora

Nato sul confine fra le province di Bologna e Ferrara, dove ancora vive e risiede . Si occupa di marketing e di progettazione nel settore Architettura per una industria vetraria, lavora in una multinazionale euroamericana. E’ laureato in Tecnologie dei beni culturali e in Scienze e tecnologie della comunicazione presso l`Università di Ferrara. Scrive articoli su riviste del settore e ha pubblicato due volumi tematici sul vetro contemporaneo innovativo e sul vetro artistico delle vetrate istoriate del `900 presenti nelle chiese del nostro territorio. Grande passione da sempre per i viaggi a corto e lungo raggio e il mare.

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Pescando un pesce d’oro
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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
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