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L’unica cosa chiara è che non c’è nulla di chiaro. Si potrebbe sintetizzare con queste poche parole questo risultato elettorale. Ma a mente fredda, passati oramai tre giorni dal voto e recuperato il sonno dopo svariate maratone, si potrebbe azzardare qualche commento più ‘oggettivo’.
Ci sono almeno cinque punti sui quali vale la pena riflettere e su cui tutte le forze che siederanno in parlamento dovranno interrogarsi.

1. La legge elettorale
Appare chiaro a tutti come il Rosatellum abbia fallito sotto tutti i punti di vista. Primo su tutti non ha dato una governabilità né al partito più votato né alla coalizione più votata, costringendo tutti a dialogare, cosa buona, e a dover formare strane alleanze, cosa meno buona.

2. Alleanze di Governo
Proprio queste, nelle ultime ore, sono oggetto di aspre diatribe che stanno facendo scendere il confronto politico in una disputa da stadio tra fazioni di ultras ‘crudi e puri’ a quelle frange di tifosi ‘distinti’ che pur di tener su questa baracca non si offenderebbero a dividere il posto anche con le tifoserie avversarie. Peccato che fino al 2 marzo sembrasse più probabile vedere capi di partito praticare l’harakiri che governare insieme a chi, fino a quel momento, non è stato visto come ‘avversario‘, ma bensì come ‘nemico‘.

3. Il peso delle parole
L’aver considerato come un ‘nemico’ il proprio contendente politico ha generato un conflitto talmente basso e a tratti grottesco e violento da rendere poco credibile qualsiasi tipo di alleanza, soprattutto tra Pd e Movimento 5 Stelle: da una parte i “piddioti”, così soprannominati dai grillini, fanno notare come fino a ora siano stati insultati, chiamati mafiosi e, addirittura, “sporchi di sangue”; dall’altra i “grullini”, così soprannominati dai loro avversari, sono stati spesso apostrofati come ignoranti, antiscientifici, antipolitici e populisti. Come si può pensare a un governo credibile formato da queste due fazioni? Le parole hanno un peso e quel peso vale sia per le promesse fatte, come il reddito di cittadinanza o l’abolizione della legge Fornero, sia negli insulti arrecati agli avversari. Questa poi è stata la campagna elettorale che ha visto trionfare anche un altro tipo di lessico: quello violento. Dalle minacce vere e proprie alle promesse di “invasioni” di paesi stranieri, pulizie etniche, deportazioni di massa, difese delle razze. Tutto ciò, e lo si sta sperimentando da un po’, sta portando a un acuirsi degli scontri nella società: nessuno può credere che dall’attentato a Macerata agli ultimi accadimenti di cronaca, il comune denominatore non sia un certo tipo di propaganda. Repetita iuvant: le parole hanno un peso.

4. Credibilità vs. Responsabilità
Solo cinque anni fa, in una diretta streaming, ricorderete quali furono le risposte date a Bersani ‘colpevole’ di voler provare a fare un governo con i grillini. Il seguito è storia recente, e proprio le azioni compiute dal Pd sono state oggetto di un’intera legislatura di denigrazione da parte del Movimento. Qualsiasi sia il pensiero che prevale in chi sta leggendo queste righe, una considerazione comune ci sarà: il Pd e il Movimento 5 Stelle, insieme, non sarebbero un gesto di responsabilità, ma un atto di prepotenza verso parte del Paese. In queste ore, infatti, molti pentastellati e una parte dei dem richiamano a questo gesto di coscienza che dovrebbe fare il Partito democratico appoggiando i 5 Stelle. Sembrano quasi dimenticare tutti però una cosa fondamentale: chi ha la maggioranza, non assoluta, sia alla Camera, sia in Senato è il centro-destra a guida Lega. Inutile volerci girare intorno, dannoso fare finta di non vedere una chiara intenzione della gran parte dell’elettorato italiano: le posizioni di centro sinistra e sinistra ora non servono più. Sono state distrutte, cancellate. Le urne, almeno su questo, sono state chiare: una parte della nazione vuole il centrodestra con a capo la Lega, l’altra parte i 5 Stelle. Il senso di responsabilità farebbe sì che queste due forze si rendessero conto di ciò e iniziassero a trovare i punti in comune per formare un governo. Il Partito democratico, ora come ora, ha la necessità di ripartire praticamente da zero, dopo una sconfitta cocente, pensando più che alla ‘responsabilità’ verso il nuovo direttivo, alla ‘irresponsabilità’ avuta verso alcuni ideali, verso alcune mozioni, avendo abbandonato intere fette di elettorate fagocitate ben volentieri non solo dal Movimento grillino, ma persino dalla Lega. La lettera di Di Maio, pubblicata guarda caso proprio su ‘La Repubblica‘, giornale aspramente criticato fino a pochi giorni, suona come un tentativo ipocrita di richiamo verso un senso dello Stato che, fino a ora il suo movimento non ha dimostrato; inoltre, lo ripeto, il suo interlocutore, per volere degli italiani, non è Renzi, ma Salvini. Questo, si spera, sarà il primo gesto di responsabilità verso gli elettori. Altrimenti resta solo una strada: nuova (ed ennesima) legge elettorale ed elezioni entro l’anno. Qualsiasi altro tentativo farebbe crescere solo il disgusto e la disapprovazione verso un certo tipo di politica, aumentando in maniera esponenziale i voti soprattutto degli estremismi.

5. Il futuro del Paese
Quello che appare chiaro, in questo torbido panorama post elezioni, è il fatto che gli italiani non solo si sono sentiti traditi da molti partiti di centro-sinistra ma che, realisticamente parlando, probabilmente non hanno più la necessità di risposte progressiste alle domande di questi tempi: basti guardare a Macerata dove la Lega, dopo l’attentato, è passata dal 4 al 20%, o a Pesaro, dove Minniti è stato sconfitto da un impresentabile anche per gli stessi pentastellati. Si può pensare che siano diventati tutti improvvisamente razzisti e xenofobi? E se anche così fosse, interrogarsi sui perché di un clima sempre più incandescente sicuramente farebbe bene soprattutto a quelle forze che, dopo il 4 marzo, sono uscite con le ossa rotte. Le domande, le esigenze dei cittadini in questi anni sono cambiate e nel futuro cambieranno ancora, chi non riesce a intercettare questi cambiamenti non è destinato solo a un fallimento elettorale, ma a una scomparsa dai bisogni politici e ideologici di un Paese interno. La sinistra ha fallito in questo e prima ci si renderà conto di ciò, prima potrà partire una seria disamina su cosa abbia o non abbia funzionato, partendo dai Comuni, l’esempio di Ferrara passata da ‘rossa’ a ‘verde’ può essere emblematico (a livello di elezioni nazionali, per ora). Farsi le giuste domande, darsi le giuste risposte, ripartire da ciò che si è in gran parte, soprattutto dal Pd, abbandonato: i territori. Tra qualche anno forse si potrà affrontare di nuovo una campagna elettorale con una scelta progressista credibile e in linea con i tempi, ma fino ad allora è meglio accettare la realtà dei fatti: il ‘vento dell’est‘ sta arrivando anche in Italia, e sarà meglio per tutti farsene una ragione.

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Jonatas Di Sabato

Giornalista, Anarchico, Essere Umano

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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