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da: ufficio Comunicazione ed Eventi Unife

Martedì 13 maggio alle ore 16, nell’Aula Magna del Dipartimento di Giurisprudenza di Unife (c.so Ercole I d’Este, 37), in occasione della cerimonia di chiusura dell’anno accademico 2013/2014 U.T.E.F., l’Università per l’Educazione Permanente di Ferrara, si terrà la presentazione del volume di Carlo Gajani “Il posto delle fragole”, a cura di Angela Zanotti Gajani (ZeL Edizioni, 2013, Treviso).

L’evento sarà introdotto da Daniele Seragnoli, Direttore del Centro Teatro Universitario dell’Ateneo e dalla curatrice Angela Zanotti, già docente del Dipartimento di Studi umanistici di Unife e compagna di vita di Carlo Gajani, con proiezione di immagini e letture dei testi a cura di Martina Cuono e Roberta Pira, allieve del CTU, e brani eseguiti dal musicista Filippo Zattini del Conservatorio di Ferrara.

Qui di seguito la recensione di Daniele Seragnoli al libro di Carlo Gajani:

“Un volume che incuriosisce fin dal titolo altamente evocativo, per via dell’eco di bergmaniana memoria: la ricerca di una particolare ‘posto delle fragole’ come itinerario verso il sé e il mondo esteriore, la nostalgia come ricchezza e consapevolezza dunque e non banale sinonimo di malinconia, gli affetti come valore primario dell’esistenza, il tempo, la bellezza, il cambiamento necessario, il viaggio, i colori, la natura, il paesaggio…
Certo, fotografie e testi di Carlo Gajani, quelli che il volume raccoglie, ma soprattutto un libro ricco di immagini interiori e di poesia. “Partiva il mattino presto – ricorda nell’introduzione la moglie curatrice, Angela Zanotti Gajani – e tornava puntualissimo poco dopo il tramonto, soprattutto nei mesi freddi dell’autunno-inverno. Partiva senza una meta precisa, verso il delta del Po, con la sua inseparabile Nikon, con il solo intento di ‘perdersi’ nel paesaggio che si abbraccia camminando sugli argini o percorrendo l’intrico di strade e sentieri della grande campagna padana.
Non solo un fotografo, Gajani, ma un artista a tutto tondo. Nato a Bazzano (BO) nel 1929 aveva studiato pianoforte prima di laurearsi in Medicina nel 1953, esercitando la professione medica per una quindicina di anni affiancandovi però la passione per le arti. Poi artista a tempo pieno, inizialmente soprattutto pittore e incisore, con importanti partecipazioni alla Biennale di Venezia nel 1964 e nel ’72, l’insegnamento all’Accademia di Belle Arti a Urbino e a Bologna fino al 1999. Ma anche un intellettuale attorno al quale si muoveva, soprattutto negli anni ’70, un mondo di scrittori e uomini di cultura che animavano non solo la città di Bologna e il DAMS dell’epoca: Calvino, Arbasino, Pasolini, Scabia, Neri, Celati, Moravia, D’Agata, Eco. Ginzburg… Sono i volti che troviamo raffigurati grazie a una intuizione di Gajani e a un’apertura tutta nuova per l’Italia di quegli anni: l’interesse verso il ritratto dipinto a partire da una base fotografica.
Infine, dagli anni ’80 il progressivo abbandono dei pennelli per dedicarsi a mezzi espressivi puramente fotografici, nel ritratto, nel paesaggio, nel nudo.
‘Il posto delle fragole’ fu, a partire dal 1987, il titolo della nuova rubrica della rivista ‘2000 Incontri’, mensile promosso dalla Regione Emilia Romagna nel 1976 e diretto da Renzo Renzi, che Gajani animò con le immagini e i testi ora raccolti in volume. Una associazione di fotografie e parole che non solo si integrano a vicenda, ma che producono analogie, interrogativi, dubbi e riflessioni sul senso stesso della vita spesso, in un intreccio di realtà, arte, sogno. Fotogrammi e testi tra pianura padana e Appennino, in cui repentinamente appaiono – quasi trasfigurati dall’occhio dell’artista – un casolare, una figura umana, un argine, un filare di pioppi, una distesa erbosa che parlano e ci costringono a porci domande. Come per esempio il faro di Gorino che in Gajani evoca Cape Cod nel Massachussets, l’Oceano Atlantico, i padri pellegrini del ‘Mayflower’, il capitano Achab, Edward Hopper. ‘Fotografare il paesaggio – commenta l’artista in questo caso – significa viaggiare, trovarsi in luoghi certi con la propria persona, muoversi in territori incerti con la propria immaginazione’. O come ancora il pescatore solitario sulla sponda di un fiume percepito come parte integrante del paesaggio, come l’acqua e gli alberi.
Alla fine della sua lunga carriera artistica – con esposizioni in Italia, Francia, Regno Unito, Germania, Stati Uniti e Canada – Gajani è ritornato alla terra della sua infanzia, nell’Appennino tosco-emiliano, alla ricerca di vecchie dimore, campi e cieli fotografati in un rigoroso e drammatico bianco e nero: ‘… per amore – come scrisse – non per obbligo, alla ricerca non della bellezza ma del carattere di abitazioni e luoghi che raccontano la vita in tempi passati’.
Là, nella casa dei suoi nonni, è morto nel 2009. Ci ha lasciato arte e spunti di riflessione, come la frase sotto il suo ritratto nella quarta di copertina: ‘…punto l’obiettivo guardandomi attorno con gioia e con sollievo, e tutto mi appare misurato e rassicurante come un luogo disegnato con grazia, dove è un privilegio vivere, dove è decoroso morire’”.

L’iniziativa è organizzata da:
U.T.E.F. – Università per l’Educazione Permanente di Ferrara
Centro Teatro Universitario di Ferrara
Fondazione Carlo Gajani

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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