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Il treno, questo romantico viaggio d’altri tempi che da comodo e silenzioso spazio per pensare, leggere, evadere, scrivere e riposare può diventare il tuo incubo peggiore. Oggi mi sento molto grillo parlante, non tollero più degrado, incuria e maleducazione. Ma ciò cui sto assistendo, attonita, va oltre ogni immaginazione.

Una signora alquanto in carne pesta la tastiera del suo telefonino con dita piccole e grassocce dove l’unto del supplì o pseudo-involtino che sta consumando rumorosamente si mescolerà presto a orme marroncine color cacca che nient’altro si riveleranno essere che macro tracce di Nutella. La comitiva è alquanto rumorosa non solo per un povero viaggiatore stanco della settimana di lavoro che cerca aria ma per chiunque stia aspirando a un breve e piccolo momento di evasione, anche solo nelle sue cuffiette di un iPad mini. Vanno a Venezia, per il Carnevale, ci manca solo che ora tirino fuori vestiti, trucchi e parrucche. Non ho il tempo di pensarlo che le parrucche saltano fuori per davvero, una bianca e una rossiccia. Capelli ricci. Non pare vero, sta accadendo sul serio. Siamo sul treno Italo Roma-Venezia e succede veramente. Veramente!.

Uno dei commensali domanda se c’è un pezzo di peperonata, ci mancherebbe solo quello. Urla e risa sguaiate (beati loro che sono tanto spensierati e felici), si mescolano ora a un intenso odore che pare di lunga fatica umana ma che in realtà appartiene ancora a un altro pezzo di cibo, ora non facilmente identificabile. Una massa informe. Sacchetti sfrigolanti come fritture di pesce che si aprono e chiudono, un “mo’ me alzo” e sbuca una tipa dal caschetto rosso che da una busta di carta targata tappezziere X estrae, come un prestigiatore il coniglio dal capello, tanta cioccolata.

Schioccano baci e arrivano ora le patatine. Belle unte. Il controllore non passa, i vicini di questa comitiva di 8 adulti indisciplinati e rumorosi che continuano nel loro show vorrebbero fargli cenno. Ma lui non arriva, come sempre, quando serve veramente. Ma dove sei ? Ancora biscotti e cannoli, non scherzo davvero, questo banchetto non termina più. Stanno mangiando dall’inizio del viaggio, ovvero ormai da un’ora e mezza. Uno, in effetti, confessa di sentirsi pieno. Arriva anche il vino. Telefonini che squillano, scambi di video porno (a sentire loro, io grazie a Dio non vedo), una conversazione rumorosa che spazia dalla comunione della nipote al venerdì 17 e il dirimpettaio della signora dalla dita grassocce ora si lecca le sue di dita.

Era rimasto un po’ di residuo ancora edibile, peccato sprecarlo. Il corridoio è bloccato, nessuno passi! Sembra di essere alla mensa di una stazione, quelle di tanti anni fa. Cartacce ovunque. Bottiglia d’acqua rigorosamente tracannata a collo e chi cerca di dormicchiare non ha più scampo. Mancava il glu glu, eccolo. Plin plin, i loro messaggi WhatsApp. Ancora plin plin. Sempre plin plin. Il mio vicino crolla, esausto. Le braccia incrociate, starnutisce all’odore di fumo acre che sta salendo con un nuovo passeggero barbuto a Firenze. Mancano le dita nel naso, che per fortuna non compaiono. Ma ora è il turno dei piedi numero 45 sui sedili. Arghhhh…È la fine. Non so come potrò resistere ancora a lungo. Non mi resta che cercare un po’ di quiete nel vagone ristorante. Sperando che non mi seguano. Giusto perché mancava l’ultimo stuzzichino…

Ps. Spero solo che questi cafoni della carrozza numero 10 si riconoscano nel quadretto. Magari sarà difficile, dubito leggano molto. Se diventassimo un po’ virali forse si ritroverebbero su qualche pagina di social network. Sarebbe bello che nel vedere qualcuno digitare frettolosamente su un piccolo schermo temessero di essere ritratti. Il grillo parlante in incognito. Tremate… le streghe son tornate… Anzi. Hanno appena cominciato. State sereni.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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