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La musica di Goran Bregović è un mix di rock, folk balcanico ed elettronica, una fusion che unisce musica popolare ungherese e jazz, tanghi e ritmi folk slavi, polifonie tradizionali bulgare, pop e arie sacre ortodosse. Si dice che l’anima riconosca istintivamente la sua musica, liberando un’irresistibile voglia di ballare, forse perché proviene da quella tragica terra di confine dove per secoli ortodossi, cristiani, ebrei e musulmani hanno vissuto insieme, così come si sono fatti la guerra. Grazie a lui le sonorità balcaniche varcano i confini nazionali, per diffondersi nel resto del mondo.

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Goran Bregović

Nato a Sarajevo, da madre serba e padre croato, dopo alcuni anni di studio del violino presso il conservatorio della capitale bosniaca, Goran forma il gruppo “The White Button”. Compositore e chitarrista ai tempi della Jugoslavia, non nascose mai il suo amore per il rock n’roll, che gli consentiva di potere esprimere in pubblico il proprio malcontento, senza (quasi) rischiare la galera. Con i “The White Button “, per quindici anni ha suonato in interminabili tour, diventando un idolo nei paesi balcanici.
Quei tempi sono lontani, così come l’underground rock della Sarajevo pre-bellica, ora nei suoi spettacoli si esibisce in abiti bianchi e con la chitarra elettrica, insieme all’Orchestra di Belgrado e a vocalist con costumi folkloristici. Lo accompagna la “Wedding & Funerals Band” che rappresenta la tradizione ortodossa dove, dopo il rito funebre, si mangia, si beve e per un po’ il dolore lascia spazio alla musica. Questa combinazione è una miscela esplosiva che trascina giovani, anziani e bambini in danze sfrenate seguendo il ritmo di “Kalasnjikov” e “Mesecina”, i brani tratti dalla colonna sonora di “Undergroud”, il film di Emir Kustarica Palma d’Oro a Cannes 1995.

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Concerto alla Carnegie Hall di New York il 19 Ottobre 2011

Prima di avere successo in Francia e in Grecia, Bregović, all’età di 18 anni, soggiornò in Italia per un anno, suonando nelle pizzerie e nei club di Napoli, Capri e Ischia, soltanto qualche anno dopo la sua musica si affermò anche nel nostro paese. Memorabile fu il duetto con Adriano Celentano in “Ventiquattromila baci”, una delle canzoni italiane più popolari nell’ex-Jugoslavia. Nel film “Ti ricordi di Dolly Bell” di Emir Kusturica, questo brano è un vero e proprio tormentone, esasperato dal protagonista, adolescente della Sarajevo degli anni ’60, che scimmiotta Celentano e s’innamora follemente della bellissima Dolly Bell.
Bregović è salito due volte sul palcoscenico del Festival di Sanremo, durante le edizioni del 2000 e del 2012, prendendo parte anche alla giuria di qualità.

Nel 1998, il musicista bosniaco ha suonato a “Ferrara sotto le stelle”, la più importante manifestazione musicale della città, che quell’anno ospitò anche Lucio Dalla con l’Orchestra Toscanini di Parma e Paolo Conte. Il legame con l’Italia si è rinforzato con la colonna sonora del film “I giorni dell’abbandono” di Roberto Faenza, in concorso al Festival di Venezia del 2005; Bregović firmò le musiche insieme a Carmen Consoli e ne fu interprete con Margherita Buy e Luca Zingaretti.

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‘Champagne for Gypsies’, il più recente album di Bregović

Il musicista balcanico ha portato nei teatri italiani l’opera “Karmen”, la cui prima assoluta si svolse a Udine nel 2005, per poi essere replicata in numerose città tra cui Modena, Bologna, Perugia e Ferrara (al Teatro Comunale). L’opera, diversamente da quella tragica di Bizet, termina con un matrimonio, sinonimo di festa.

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La copertina dell’album

“Champagne for Gypsies”, del 2012, è il suo più recente album, si tratta di una raccolta di dodici canzoni con cui ballare e divertirsi, con un occhio alla festa e un altro all’ironia. Non è il suo disco migliore ma rimane uno di quegli “affreschi” musicali che soltanto lui è in grado di creare. L’8 febbraio inizierà il tour 2015 di Bregović con l’immancabile Wedding & Funeral Band, la prima tappa è prevista a Brno in Slovacchia, seguiranno Bratislava, Mosca e Pietroburgo.

Goran Bregović a Sanremo 2012 canta Romagna mia con Samuele Bersani [vedi]
Goran Bregović a Sanremo 2000 [vedi]

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William Molducci

È nato a Forlì, da oltre 25 anni si occupa di giornalismo, musica e cinema. Il suo film “Change” ha vinto il Gabbiano d’argento al Film Festival di Bellaria nel 1986. Le sue opere sono state selezionate in oltre 50 festival in tutto il mondo, tra cui il Torino Film Festival e PS 122 Festival New York. Ha fatto parte delle giurie dei premi internazionali di computer graphic: Pixel Art Expò di Roma e Immaginando di Grosseto e delle selezioni dei cortometraggi per il Sedicicorto International Film Festival di Forlì. Scrive sul Blog “Contatto Diretto” e sulla rivista americana “L’italo-Americano”.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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