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È a causa sua se si erano lasciati. Marika le aveva provate tutte, ma niente, Luca non voleva lasciar perdere… il suo primo amore non si doveva toccare! – E io? Cosa sono per te? Ma guarda come mi fai esprimere… comunque ho deciso io per tutti e due… dai finiamola qui… adesso!- Luca non diceva nulla… rimaneva in silenzio. Come un bambino. Marika chiuse la porta dietro di sé come in verità aveva fatto altre volte… ma: “Questa giuro è l’ultima !” disse.
La prima volta che Luca aveva preso in mano il suo sassofono aveva sette anni… e non l’aveva più lasciato! Suo padre Enrico, era stato suo padre a trasmettergli l’amore per questo strumento: – Ecco tieni Luca… adesso questo o sarà come il primo amore o è meglio che provi con un altro strumento! – gli disse suo padre sorridendo
E divenne veramente la cosa più importante per Luca!
D’altronde era cresciuto con quel suono che allargava la casa intera, costantemente nelle orecchie. Rimaneva ore ad ascoltare di pomeriggio il papà mentre ripassava i pezzi da suonare con la sua band per la sera stessa. Quel suono caldo, avvolgente parlava al suo cuore. Suo padre con lui non giocava quasi mai, e le scarse sue parole bastavano per risolvere i pochi problemi che la vita quotidiana presentava. A scuola Luca andava bene, sapeva ascoltare. Finite le lezioni si precipitava a casa, correva su in mansarda, un bacio alla mamma e senza neppure mangiare, eccolo seduto ad ascoltare il sassofono, ad ascoltare le parole di papà. Mentre suonava suo padre lo guardava e Luca capiva cosa gli stava dicendo. Gli diceva che gli voleva bene e che non doveva preoccuparsi di nulla perché sarebbero stati sempre insieme. Luca non desiderava altro.
Quel giorno la sua solita corsa si fermò all’ingresso di casa, non sentiva nessuno suonare. La mamma non riuscì a dirgli nulla… Luca non chiese nulla.
Luca aveva talento, più di suo padre. Conobbe Marika all’università e se ne innamorò. Ma non c’era mai… tra prove e concerti non erano tanti i momenti in cui potevano passare del tempo assieme. Marika pensava fosse solo un problema passeggero, poi col tempo le cose sarebbero cambiate. Le cose non cambiarono. Fino a quella sera.
Pochi minuti e toccava a Luca. I violinisti avevano terminato e cominciava il suo assolo. E Luca suonò. Il sassofono ha una voce calda, quasi umana ed era con quella voce che anche Luca amava parlare. Se ne accorsero tutti. Il suono entrava più del solito, come se i singoli timbri volessero imprimere a fondo quel suo sentirsi abbandonato. Non era solo un brano quello che stava interpretando, era la sua vita che come la musica vedeva scappare nell’aria. Come si fa a vivere se tutto svanisce nell’aria? Tutto ciò che di più amava volava via, e non tornava più indietro. Questo aveva visto Luca. Questo aveva capito da suo padre, dal sassofono e adesso da Marika. Niente ritorna.
Marika era lì ad ascoltarlo in terza fila. Guardava il suo Luca suonare e ogni nota era per lei così familiare. I loro sguardi si incrociarono. Marika dunque non se ne era andata. La musica allora non fa andare via, la musica fa anche ritornare. Il suono del sassofono infatti si accompagna bene a tutto e a tutti gli strumenti. È un suono caldo e avvolgente, profondo come il bene che voleva a Marika. A Marika che non era andata via.

Romeo and Juliet (Dire Straits, Chris White’s sax solo in concert, 1988)

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Roberto Paltrinieri


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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