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outer green4Oggi parliamo di erbacce. Sì, avete capito bene, di erbacce. Non siamo impazziti o particolarmente stravaganti ma solo molto curiosi. E girovaghi. D’altra parte, in questi giorni difficili per tutto il mondo, dobbiamo provare a distrarci un po’, per quanto possibile.

Avete presente quelle erbe selvagge che spesso notiamo sbucare fra le fessure che separano i passi di antiche pietre di pavimentazioni millenarie o che occhieggiano dalla semplici piastrelle di garage o di piazzette periferiche abbandonate? Quelle fronde fastidiose che crescono come se nulla fosse, incuranti di tutto e di tutti, che spesso definiamo infestanti e che disturbano qualche occhio delicato ed elegante? Ecco, proprio loro, con l’invadenza tipica di chi se ne frega di ogni giudizio, di chi, noncurante, svetta verso il cielo alla ricerca solamente di aria fresca e di luce intensa. Quelle signorine sfrontate passeggiano per gli spazi urbani, occupano ambienti che spesso nessuno vuole. Come non farci caso.

Alcuni giovani moscoviti ci hanno prestato particolare attenzione e ne hanno fatto un progetto. Sono i ragazzi di Urban Fauna Lab (urbanfaunalab.org), Aleksey Buldakov e Anastasia Potemkina. E all’esposizione della Fondazione V-A-C presentano l’interessante “Tempio delle erbacce” (“Weed temple”). Molte erbacce crescono in siti urbani abbandonati, luoghi di nessuno, nelle zone ruderali, lungo i marciapiedi delle stazioni ferroviarie, i lati delle strade o sui muri e negli spazi solitari accanto a edifici in disuso. La loro distribuzione nella varie aree della città riflette i cambiamenti nello sviluppo della stessa e delle sue infrastrutture. Riflettono dunque, come uno specchio, i cambiamenti sociali ed economici di una metropoli (ma non solo). Assenzio (artemisia absinthium, piccola pianta erbacea), bardana (arctium iappa, pianta dermopatica dai fiori viola), ortica (urtica dioica, pianta erbacea perenna, con proprietà medicinale e uso nel tessile), cardo (carduus, erbe alte, in genere spinose con fiori simili al carciofo), dente di leone (o tarassaco, taraxacum officinale, dal fiore giallo, usato sia dalla cucina che dalla farmacopea popolare e importante in apicoltura, in quanto fornisce alle api sia polline che nettare) e piantaggine (plantago lanceolata, pianta erbacea medicinale spontanea) sono tutte piccole piante erbacee spontanee che polano terreni e natura spesso feriti dalle mani dell’uomo. Il gruppo di artisti di Urban Fauna Lab ricerca la relazione simbiotica e “parassitica” fra la gente, gli animali e le piante che spuntano nell’ambiente urbano e si interrogano sullo status sociale e culturale delle piante.

Weed Temple, Mosca
Weed Temple, Mosca

Non è la prima volta che si interessano del fenomeno della “flora ruderale”, lo avevano già fatto con il progetto “outer green” (http://urbanfaunalab.org/outer-green), presentando le piante che lottano contro gli edifici abbandonati, la loro forza e voglia di sopravvivere al degrado. Qui i pezzi di mattone, la sabbia, i detriti di costruzione incitano le piante a una rapida crescita, offrono loro spazio da ricoprire e da abbracciare. Vuoti da colmare. Oggi propongono la creazione di parchi e giardini di flora ruderale nei posti già occupati da queste piante senza chiedere permesso. Questi spazi dovrebbero essere concepiti come veri parchi, un luogo di divertimento dove passare tempo prezioso e sereno con amici e bambini. I parchi servirebbero poi anche da punti di osservazione per studiare le modalità con le quali appaiono nello spazio urbano e come le piante si adattano, da sole, a tali condizioni. Gli studi potrebbero contribuire a creare una strategia diversa dell’“urban landscape gardening”, un’alternativa a quella che viene, da alcuni, definita una politica irresponsabile della città di Mosca in tal campo (come i giardini e i parchi che vengono ripopolati di bellissimi ma costosissimi fiori ogni anno, verso maggio). Nella mostra il progetto e l’idea sono rappresentati da una struttura da una casa estiva-struttura modulare costruita utilizzando foglie e gambi secchi di pànace (heracleum sphondylium o spondillo, pianta erbacea perenne, con proprietà digestive). Dentro la casa si trova un erbario con vari tipologie di piante cittadine e piccoli giardini mobili.

Outer green, Urban Fauna Lab
Outer green, Urban Fauna Lab
Outer green, Urban Fauna Lab
Outer green, Urban Fauna Lab

Perché le crepe nelle costruzioni, nei terreni e negli spazi abbandonati non sono solo simbolo di degrado urbano, sono vuoti per alcuni, aria per altri, radici e semi che si prendono quello spazio. Ogni seme è una piccola pianta potenziale. Spargiamone allora, o lasciamolo fare alle piantine stesse, aiutandole magari un po’, perché si installino in vuoti che si colmano, che si possono riempire di verde. Per quanto selvaggio. Nel tempio delle erbacce, al tempo delle erbacce.

Urban Fauna Lab, pagina facebook : https://www.facebook.com/urbanfaunalab/

 

Per voi [cliccando qua] un’altra bella e interessante storia, ancora sostenuta dalla Fondazione V-A-C (pubblicata qualche giorno fa su Ferraraitalia), un altro esempio di creatività giovanile che cerca un respiro dalla realtà, nei suoi legami fra arte e spazio urbano.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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