Skip to main content

Quando si parla di “chimica” tra le persone, si traspone sul piano dei rapporti umani un concetto che è considerato (giustamente) centrale nella dinamica dell’attrazione. Quando si parla di industria chimica, ogni attrattività scompare in favore di una immagine plumbea, grigia e mortale. In poche parole, superficiale e stereotipata, come se l’industria chimica in Italia fosse una sola, immensa, mefitica acciaieria, un orribile Moloch che si nutre di vite umane, e che sporca l’immagine e l’aria di una Ferrara che sembra, per altri versi, all’alba di un rilancio turistico su scala europea (leggi qui). Anche in questo caso, stereotipi e superficialità la fanno da padroni, ma per una volta almeno possono aiutare.

Torniamo al Moloch. Alla fine, Eni ha mantenuto la inquietante promessa che aveva fatto. Dal 9 maggio scorso il propilene prodotto a Marghera che attraverso la pipeline riforniva Ferrara, Mantova, Ravenna non arriva più, perché Eni ha deciso di chiudere l’impianto che produce la materia prima attraverso il processo chimico detto cracking. Volevamo parlarne con chi lavora al Petrolchimico senza avere attualmente un ruolo “istituzionale” nell’azienda o nel sindacato: una persona che conosce la realtà del Petrolchimico dall’interno, e che costituisce un riferimento sindacale pur se da “semplice” lavoratrice nella fabbrica.

Micol Giorgi lavora in Lyondell-Basell, in uno dei laboratori di controllo qualità che testa la resa dei catalizzatori, dei supporti e crea il polimero, cioè il prodotto finito. Detta in parole semplici, ricreano in laboratorio la polimerizzazione che poi verrà replicata su un impianto pilota o su un impianto industriale. Micol sa bene cosa succede quando l’approvvigionamento di materia prima (quella che normalmente arriva attraverso il tubo, o pipeline) cambia vettore, perché magari si verifica un guasto o c’è necessità di una manutenzione a Marghera. E’ successo anche di recente. Durante quel periodo il monomero arrivava attraverso ferrocisterne o navi, che non trasportano solo propilene: “le cisterne contengono inevitabilmente residui di impurità che “sporcano” la materia prima e la rendono di bassa qualità, nonostante la pulizia fatta dalle distillerie. Questo vuol dire scarsa qualità, sporcatura degli impianti, scarti elevatissimi. Ecco: Eni continua a dire che garantirà le forniture, ma se poi le forniture devono arrivare con questi mezzi gli impianti si sporcano, si bloccano e il prodotto “fuori resa” aumenta a dismisura. Se questa deve essere la fornitura alternativa da adesso in avanti, si tratta di una soluzione non sostenibile” conclude Micol.

La rigassificazione dell’etilene di cui parla Eni come altra possibile opzione, secondo Micol di fatto non esiste. “Ne hanno parlato, certo, ma da quanto mi è noto pare manchi addirittura il progetto della sua realizzazione”.  A Lyondell-Basell Ferrara sono circa 850 i lavoratori diretti, a cui sommando altrettanti lavoratori dipendenti delle multinazionali chimiche tra cui Versalis, che fa parte del gruppo Eni, arriviamo a 1.700. Tenendo conto infine dell’importante presenza del personale operante nelle società in appalto, il petrolchimico costituisce la maggiore realtà industriale rimasta nella provincia.

Sono preoccupati anche i lavoratori di Yara, altra realtà sita dentro il petrolchimico (che tra l’altro produce il 60% dell’additivo al diesel AD Blue): “Yara fermò la produzione di urea perché ad un certo prezzo del gas naturale (metano) che costituisce al contempo per la società materia prima e fonte energetica, non le conveniva. Adesso ha ricominciato perché il prezzo è calato, ma questa è una spia del fatto che il problema, in prospettiva, diventa di costi: costi di insediamento, costi di approvvigionamento delle materie prime”.

E’ da un anno che i lavoratori chiedono al Ministero un incontro, ma, dice Micol, “non ci ha mai considerato nessuno. L’unico che si è mosso per avere un tavolo è l’assessore regionale alle attività produttive, Vincenzo Colla. Del resto fino a poco tempo fa la proprietà di Lyondell-Basell faceva discorsi rassicuranti: “Eni ci garantisce le forniture, quindi è tutto a posto”, ma le RSU glielo dicevano che non era così… poi facciamo lo sciopero (il 9 maggio scorso, NdA) e all’improvviso salta fuori la lettera del presidente del CdA di Basell Italia, inviata al Presidente del Consiglio Draghi e a Giorgetti (Ministro dello Sviluppo Economico) nella quale scrive che se Eni dopo la chiusura del cracking di Marghera non garantirà le forniture e la qualità delle stesse, Lyondell-Basell non potrà garantire la sua permanenza in Italia”.

Secondo Micol, c’è una strana atmosfera di omertà attorno alle vicende che riguardano Eni. “Il cane a sei zampe non si può toccare”, sintetizza. Quando, a furia di insistere, l’assessore regionale Vincenzo Colla ha ottenuto un tavolo al Ministero dello Sviluppo economico, la prima convocazione incredibilmente non prevedeva la presenza dei sindacati di settore. Poi i sindacati hanno organizzato un presidio davanti alla Prefettura di Ferrara: il Prefetto ha ascoltato, si è fatto in qualche modo portavoce delle richieste dei lavoratori e finalmente i sindacati nazionali sono stati ammessi. Micol è invece rimasta delusa, come molti lavoratori, dall’assenza delle istituzioni della città a fianco dei lavoratori, ma lo dice quasi sottovoce per non prestare il fianco a polemiche strumentali. La situazione è troppo delicata per indulgere a schermaglie “di bottega”: qui c’è bisogno del sostegno di tutti.

Gli atti in corso concretizzano scelte gravi, che rischiano di portare allo smantellamento del sistema della chimica in Italia. La chimica sembra non interessare più, “però intanto in Germania gli impianti continuano a farli” chiosa Micol. La transizione “ecologica” fatta in questo modo è come buttare il bambino assieme all’acqua sporca. Ed è incredibile che la comunità ferrarese, a partire dalle istituzioni di governo della città, sembri non rendersene conto. Ci sono duemila addetti direttamente coinvolti, che significano famiglie. Poi ci sono i lavoratori dell’indotto. E i lavoratori degli appalti, che saranno i primi a rimetterci, e contemporaneamente sono i più ricattabili: infatti molti di loro sono entrati in fabbrica anche il giorno dello sciopero. Micol lamenta anche un certo pregiudizio duro a morire: “molti ci percepiscono come l’Ilva di Taranto, ma basterebbe farsi un giro qui dentro per capire che le cose non stanno così. I sistemi di sicurezza non sono quelli di cinquant’anni fa. Qui si lavora per l’automotive, per il settore biomedicale, produzione che è stata di importanza vitale specialmente durante la crisi pandemica. Insomma: non produciamo cioccolata, ma non siamo degli inquinatori”.

 

 

tag:

Nicola Cavallini

E’ avvocato, ma ha fatto il bancario per avere uno stipendio. Fa il sindacalista per colpa di Lama, Trentin e Berlinguer. Scrive romanzi sui rapporti umani per vedere se dal letame nascono i fiori.

PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it