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Grazie ai potenti mezzi messici a disposizione da WikiFantasy, siamo riusciti ad avere in anteprima la malacopia della lettera che Matteo Renzi spedirà agli insegnanti per convincerli a desistere dallo sciopero del 5 maggio prossimo.
Essendo scritta nel solito linguaggio politico fatto di parole difficili, di vocaboli con il naso lungo e di termini con le orecchie d’asino, siamo riusciti a tradurla dalla lingua “Renzusconiana ” grazie al nuovo software “Whistles for Flagons” (Fischi per Fiaschi).
Eccola in anteprima.

Caro corpo dei docenti e delle docentesse,
“nessuno che sia un vero Italiano, qualunque sia la sua fede politica, disperi nell’avvenire. Le risorse del nostro popolo sono immense”… questo meglio toglierlo… mi è venuto spontaneo cominciare come aveva fatto il nonno Benito nella sua ultima lettera.
Riprovo…
Care gambe delle docentesse,
accidenti, a questo ci aveva già pensato lo zio Silvio.
Ricomincio…
Cara pancia, anzi no, meglio cambiare perché quella la devo lasciare a Salvini per contratto.
Questa è la volta buona…
Cara schiena dei docenti,
che, pur piegandoti, riesci a sopportare il peso delle offese che ti hanno rivolto finora, ti prego non rialzarti perché nella “buona scuola” serve essere servi.
Care ginocchia dei docenti,
so che invidiate quelle della lavandaia per potervi lamentare di qualche cosa ma io vi offro la speranza di un miracolo: la “buona scuola” riuscirà sicuramente a farvi sentire come mamme che nutrono i loro figli, in pratica vi farà venire il latte.
Caro fianco dei docenti,
prestati ancora, con spirito di abnegazione, a tutte le umiliazioni che verranno con la “buona scuola” perché se non diventi un fiancheggiatore come entrerai nelle grazie del superiore?
Cara bocca dei docenti,
continua a tenere acqua dentro per non parlare di tutto ciò che cambierà in peggio. Ti prometto che la “buona scuola” ti farà venire spesso l’acquolina… prima di ingoiare un altro rospo.
Caro occhio dei docenti,
la riforma sta arrivando come un ciclone per distruggere, ma tu puoi sempre vedere “la buona scuola” come una grande bicicletta che ti può portare meritatamente verso traguardi supplicati.
Care orecchie dei docenti,
vi consiglio di assomigliare definitivamente a quelle del mercante perché la “buona scuola” cerca clienti e si vende al miglior offerente.
Caro fegato dei docenti,
rimani tranquillo e riposati; nella “buona scuola” è sufficiente dimostrare il coraggio di essere ruffiani.
Care mani dei docenti,
state al vostro posto, non mettetevi avanti e preparatevi a separarvi per meglio sorprendere i dirigenti; la soluzione che vi propongo è l’eutanasia cioè diventare ciascuna una mano morta.
Caro scheletro dei docenti,
rimani ben chiuso nell’armadio altrimenti lo sai che noi, che ci siamo fatti le ossa imparando a scalare dai tre monti, sappiamo adoperare la “buona scuola” come una medicina per darti il calcio di cui hai bisogno.
Caro cuore dei docenti,
entrando nel merito, non c’è bisogno che la “buona scuola” sia di sana e robusta Costituzione quindi è meglio se ti fai rottamare.
Cara testa dei docenti,
non mi interessa che tu sia d’uovo, di cuoio o di qualcos’altro. Con te non ci parlo più da un pezzo e a te la “buona scuola” non parla proprio.
Cari docenti,
scrivo a voi ma in realtà voglio rivolgermi ai genitori, agli studenti e soprattutto ai nonni per fargli sapere che non siete solo fannulloni ma vi considero delle frattaglie umane, dei pezzi di carne precaria solo cuore, anima e cervello.
Come fate a non credere alle promesse che riesco a raccontare così bene?
Come fate a non accettare di farvi prendere in giro dal sottoscritto?
Come fate a non accogliere il mio disprezzo per la democrazia?
Come fate a non capire che lo faccio per il vostro bene?
Come fate a non condividere la mia autorità dispotica?
Come fate a non esultare per i miei modi fascisti?
Come fate a non vedere che è peggio per voi?
Come fate a non prendermi sul serio?
Come fate a non adorarmi?
Come fate senza selfie?
Come fate?

Matteo@QuelloCheViHaDatoGli80Euro.it

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Mauro Presini

È maestro elementare; dalla metà degli anni settanta si occupa di integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Dal 1992 coordina il giornalino dei bambini “La Gazzetta del Cocomero“. È impegnato nella difesa della scuola pubblica. Dal 2016 cura “Astrolabio”, il giornale del carcere di Ferrara.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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