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Da: Ferrara Musica

Lunedì 25 febbraio – Teatro Comunale “Claudio Abbado”, ore 20.30 – continua la serie di concerti dedicata al pianoforte. Al centro di questo “focus”, Ferrara Musica propone il concerto di Alexander Lonquich, pianista raffinato e interprete di sorprendente inventiva, che si distingue per l’originalità immaginativa dei suoi programmi. Lonquich – che è stato tra l’altro molto legato a Claudio Abbado, con cui ha suonato in diverse occasioni, anche a Ferrara – torna nella città estense con un programma particolare e di insolita concezione, pensato attorno alle Variazioni Diabelli di Beethoven e intitolato “Affinità elettive”.
Il concerto prende il via, nella sua prima parte, con una serie di brani di breve durata, quasi degli aforismi, tratti da raccolte o concepiti come a sé stanti, opera di compositori di diverse epoche. L’idea è quella di disegnare una costellazione di brani che sono riconducibili direttamente o indirettamente alle Variazioni Diabelli. Ecco così che il programma presenta ad esempio due pagine di Robert Schumann come Präludium e Albumblatt, come pure brani di compositori di raro ascolto come Stefan Wolpe, uno dei più importanti musicisti “impegnati” del Ventesimo secolo, o come il celebre filosofo e musicologo Theodor W. Adorno, che fu anche compositore e allievo di Alban Berg a Vienna. Non mancano composizioni di autori più noti come Carl Philip Emanuel Bach, Pëtr Il’ič Čajkovskij, Aleksandr Scriabin, Sergej Rachmaninov, Igor Stravinsky, Edvard Grieg, Anton Bruckner, Max Reger, Darius Milhaud, Leoš Janáček.
Nella seconda parte del concerto Lonquich eseguirà le Variazioni Diabelli op. 120, che rappresentano la conclusione del rapporto stupefacente che Beethoven ebbe con il pianoforte: anche se dopo scriverà ancora per questo strumento – le 6 Bagatelle op. 126 – le Diabelli sono effettivamente un addio monumentale, per la dimensione dell’opera e la sua importanza nella storia della musica occidentale, come ultima, grande, sperimentazione del compositore di Bonn. Arnold Schönberg, uno che di innovazioni ne sapeva qualcosa, definì così queste Variazioni: «Per quanto riguarda la sua armonia, quest’opera merita di essere chiamata il lavoro più avventuroso di Beethoven».
Nato a Treviri in Germania, Lonquich si è imposto all’attenzione internazionale nel 1977 vincendo il prestigioso Concorso Casagrande di Terni, ma non ha mai ceduto alle lusinghe dello “star system” internazionale. Artista schivo e perfezionista, poco incline agli artifici del mercato discografico, ha maturato negli anni uno stile inconfondibile, sostenuto da una solidissima tecnica pianistica e ispirato al più profondo rispetto per il testo musicale. Ha tenuto concerti in Giappone, Stati Uniti e nei principali centri musicali europei. La sua attività lo vede impegnato con direttori d’orchestra quali Claudio Abbado, Kurt Sanderling, Ton Koopman, Emmanuel Krivine, Heinz Holliger, Marc Minkowski. Particolare in tal senso è stato il rapporto mantenuto con Sandor Vègh e la Camerata Salzburg, di cui è tuttora regolare ospite nella veste di direttore-solista. Un importante ruolo lo svolge inoltre la sua attività nell’ambito della musica da camera. Nel ruolo di direttore-solista collabora stabilmente con l’Orchestra da Camera di Mantova. Nel 2013 ha creato nella propria abitazione fiorentina, assieme alla moglie, la pianista Cristina Barbuti, “Kantoratelier”, un piccolo spazio teatrale dove le materie a lui care – psicologia, musica e teatro – vengono approfondite grazie a laboratori, seminari e concerti.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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