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da: Maria Paola Forlani

Quest’anno la mostra degli Uffizi per il Natale 2016, si è aperta nell’Aula Magliabecchiana con il titolo “La tutela Tricolore. I custodi dell’identità culturale” (catalogo Sillabe), aperta fino al 14 febbraio.
Nelle circostanze in cui viviamo, e dopo i recenti terremoti, nessun argomento poteva essere più calzante di quello scelto, narrando gli avvenimenti storici che hanno coinvolto e troppo spesso ferito il nostro patrimonio culturale dalla Seconda Guerra Mondiale ai nostri giorni, ma anche le azioni legislative e istituzionali che hanno il compito di proteggerlo e custodirlo per le future generazioni. Tra queste la creazione – caso unico al mondo – di un corpo di polizia “specializzato”, il Comando Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri che, in quasi mezzo secolo di attività, ha preso parte attiva nella difesa e recupero dei nostri beni culturali.

L’esposizione si articola in otto sezioni che rendono conto dei crimini contro il nostro patrimonio – da quelli di guerra a quelli terroristici, fino ai furti con scopo di lucro e agli scavi clandestini con conseguenti esportazioni illecite (attività quest’ultima legata alle organizzazioni criminali di stampo mafioso e un passato assecondata perfino da istituzioni straniere troppo spesso indifferenti alla provenienza illecita di quanto acquistavano) e dell’opera meritoria del Comando Tutela Patrimonio Culturale dell’Arma dei Carabinieri.
La prima sezione, Il crimine contro l’arte, racconta come agli Uffizi – una delle massime espressioni del patrimonio artistico nel mondo e non solo in Italia, sostanza fondamentale della nostra civiltà e identità culturale – siano stati oggetto di un attacco terroristico di stampo mafioso il 27 maggio 1993, con alcune opere distrutte ed altre scampate dall’oltraggioso delitto.
L’azione di Rodolfo Siviero e la sua eredità è il titolo della seconda sezione, dove si narra il salvataggio delle opere delle Gallerie di Firenze, trafugate nel corso dell’ultimo conflitto mondiale. Molte di esse furono recuperate grazie all’attività dell’allora ministro plenipotenziario Siviero, che su nomina di De Gasperi nel 1946 diresse una missione diplomatica presso il governo tedesco allo scopo di ottenere il riconoscimento di un principio di legittima restituzione delle opere italiane. Vi si trovano esposte le celebri Fatiche di Ercole di Antonio Pollaiolo, la Madonna col Bambino (detta Madonna del Solletico o Madonna Casini) di Masaccio, il ritratto di uomo di Memling, l’ Avarizia di Francesco Furini, il Pigmalione e Galatea di Bronzino, Ritratto di giovane donna di scuola emiliana (illecitamente esposta negli Stati Uniti con la suggestiva attribuzione a Raffaello), tutte opere rientrate agli Uffizi grazie a Siviero.
Nella terza sezione Beni archeologici e diplomazia culturale si espone una serie di preziosi recuperi archeologici, per lo più provenienti da scavi clandestini e poi usciti illecitamente dall’Italia. Insieme al lavoro di ricerca e individuazione dei beni artistici da parte dei Carabinieri, la “diplomazia culturale” – di fatto un insieme di accordi diplomatici e trattative internazionali sull’argomento – ha raggiunto risultati prima irrealizzabili. Ricordiamo in particolare il memorandum di intesa tra Stati Uniti e Italia sottoscritto nel 2001, che ha consentito ritorni di opere di grande importanza. In mostra alcuni esempi: la statua di Vibia Sabina, moglie dell’imperatore Adriano rientrata da Boston nel 2007, il cratere del celebre pittore Assteas rientrato da Los Angeles nel 2005 e infine l’Hydria etrusca dove è rappresentata la metamorfosi dei pirati delfini, tornata nel 2014 dal Toledo Museum of Art nell’Ohio.
I Carabinieri dell’arte a grandi passi verso i primi cinquant’anni è la quarta sezione. Una rassegna cronologica di recuperi di dipinti, reperti archeologici, ed altri oggetti di varia provenienza, che illustra il cammino del Comando Tutela Patrimonio Culturale vicino al compimento dei cinquant’anni. Tra queste va ricordata la Triade Capitolina e il Volto d’avorio, il Putto con anatra della Casa dei Vetii a Pompei, l’Adorazione dei Pastori di Dono Doni di Assisi, trafugato dalla Pinacoteca Civica di Bettona.
Con la quinta sezione Scoperte fortuite: l’etica del cittadino, la mostra vuole raccontare anche i comportamenti virtuosi e rispettosi della legge messi in atto da alcuni cittadini che si sono inaspettatamente ritrovati ad essere protagonisti di ritrovamenti. Allo scopo viene esposta una Testa di bambina rinvenuta assieme ad uno straordinario Torso di bronzo (arte romana, II sec. D.C.) nei fondali a lago Puglia e un’Urna cineraria con raffigurazione di defunto recumbente ritrovata in una tomba etrusca nei pressi di Città della Pieve da un agricoltore, che segnalandola alle autorità componenti ha scongiurato il pericolo che i preziosi corredi funerari cadessero in mano a tombaroli senza scrupoli.
La globalizzazione del crimine è la sesta sezione, che espone le Oreficerie Castellani rubate dal Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia il 30 marzo 2013, su commissione di una facoltosa signora russa che ambiva a possederle, e che sono state fortunatamente recuperate grazie alle indagini e agli interventi dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale.
Non poteva poi mancare uno sguardo sul mondo: sulle guerre che devastano patrimoni artistici che appartengono all’umanità intera, sull’accanimento del terrorismo contro i simboli di antiche civiltà, sulle calamità che continuamente mettono in pericolo edifici e oggetti. Per questo i curatori della mostra hanno scelto di esporre la stele funeraria di Palmira, che assurge a simbolo delle guerre in corso, dove sono entrati in azione i “Caschi blu della cultura” appena costituiti, di cui i carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale sono parte integrante e determinante insieme agli esperti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Quanto le richieste di prestito delle opere, avevano da poco raggiunto i destinatari, il terremoto dello scorso ottobre ne danneggiava gravemente una, l’Adorazione dei Pastori del pittore Dono Doni di Assisi della Pinacoteca Civica di Bettona. La storia per fortuna ha un lieto fine perché la tavola è stata adottata dall’organizzazione della mostra, che finanziandone il restauro ha permesso di cancellarne subito le ferite inferte dal tremendo sisma.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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