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Da: Comunicazione Istituzionale e Digitale Unife Ufficio Stampa
Indagine AlmaLaurea. L’80% dei laureati Unife lavora a 1 anno dalla laurea.

In 9 su 10 soddisfatti del percorso di studi

Chi studia a Unife si laurea in tempo ed è soddisfatto dell’esperienza di studio. Inoltre trova lavoro, e nella maggior parte dei casi e in misura maggiore rispetto al dato nazionale, una occupazione in cui mettere in pratica quanto appreso nel percorso universitario.

Sono alcune delle tendenze che emergono dal XXI Rapporto sul Profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea.

Il profilo di laureate/i

Tra gli intervistati (3072 ex-studentesse ed ex-studenti di Unife, di cui 1.714 di primo livello, 627 magistrali biennali, 719 a ciclo unico, i restanti sono laureati in corsi pre-riforma), il 52,8% viene da fuori regione (contro un dato nazionale del 19,8% e regionale del 37,7) e il 4,3% ha cittadinanza estera.

Il 90,2% dichiara complessiva soddisfazione per l’esperienza universitaria: l’88,3% valuta positivamente il rapporto con i docenti, l’83,5% ritiene il carico di studio adeguato alla durata del corso, mentre l’83,7% dei laureati considera adeguate le aule destinate alla didattica.

Il 55,9% di chi si laurea termina l’università in corso, contro il 53,6% della media nazionale: in particolare il 59,7% tra i triennali, con una media nazionale del 53,9% e il 65,9% tra i magistrali biennali, una percentuale più alta rispetto al 60,1% del dato nazionale.

Un dato notevolmente superiore alle media è quello relativo ai tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi: il 75,5% degli intervistati ha svolto un tirocinio poi riconosciuto, contro la percentuale nazionale del 59,3%. Le percentuali ferraresi toccano l’83% per i laureati di primo livello (61,1% la media nazionale) e l’80% per i magistrali biennali (mentre la media nazionale è del 62%).

Condizione occupazionale

Chi studia a Unife beneficia di diverse iniziative di accompagnamento al mondo del lavoro. Una caratteristica fotografata dall’indagine AlmaLaurea nella parte dedicata alla condizione occupazionale di laureate e laureati, condotta su 5594 ex-studenti di Unife.

A 1 anno dal titolo, il tasso di occupazione è del 80,9% per i laureati triennali e del 76,8% per i magistrali biennali (le medie nazionali sono rispettivamente del 72,1% e del 69,4%).

Superiori rispetto al panorama nazionale anche il tasso di occupazione dei magistrali biennali a 5 anni dal titolo (87,3%, rispetto all’85,5% nazionale, di cui il 47,3% a tempo indeterminato).

Anche le retribuzioni danno segni positivi, in linea con la media nazionale e regionale o leggermente superiori. A 1 anno dalla laurea, gli stipendi dei laureati triennali sono di 1203 euro mensili, contro i 1169 a livella nazionale. Cifre che diventano di 1315 per i laureati magistrali, contro i 1232 italiani e 1254 in Emilia Romagna e che si assestano sui 1487 euro a 5 anni dal titolo.

Infine, chi ha studiato a Unife trova efficace i propri studi ai fini del lavoro: tra i triennalisti, sono soddisfatti di questo aspetto il 68,5% (contro una media nazionale del 56,3 e regionale del 55,9). Tra i laureati magistrali biennali, la percentuale è del 69,2% (che sale al 70,4% dopo 5 anni) contro la media nazionale del 59% (65,3% a 5 anni) e quella regionale del 60,2% (63,5% in regione), e in generale, di circa 15 punti in più rispetto allo scorso anno.

Il Prorettore delegato all’orientamento e Post Laurea Prof. Giovanni Masino è soddisfatto dei risultati di Unife. “I dati mostrano un vantaggio chiaro per chi si laurea a Unife rispetto alle medie nazionali e regionali. Interessante è la valutazione sulla efficacia del titolo per l’ingresso nel mondo del lavoro a 1 anno dalla laurea e poi per il proseguimento della carriera. Unife supera infatti di 10 punti percentuali le medie nazionali e regionali. Un dato importante che rivela anche il dato qualitativo, ovvero la possibilità di entrare in un percorso professionale di qualità e coerente con gli studi. Questi risultati sono il frutto di sforzi congiunti. Da un lato i singoli Corsi di studio con un’offerta formativa sempre più orientata agli sbocchi professionali di oggi e del futuro. Dall’altro l’Ateneo, con iniziative di orientamento al lavoro e di rafforzamento dei rapporti con il territorio e con le imprese. Ne è esempio il Career Day, che proprio nei giorni scorsi ha fatto incontrare circa 50 aziende dei diversi settori con studentesse e studenti di tutti gli ambiti disciplinari. Un’opportunità per conoscere le occasioni di impiego e gli ambiti di applicazione delle proprie abilità e competenze”.

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UNIVERSITA’ DI FERRARA


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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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