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Quando si parla di estrema destra spesso ci vengono in mente immagini di ragazzi ben piazzati, con capelli rasati e facce seriose. Questo è lo stereotipo che ci ha consegnato il Secolo breve. Il nuovo millennio o, per meglio dire, gli ultimi anni ci hanno fatto conoscere, invece, un lato diverso dei movimenti reazionari, sovranisti e populisti. L’immagine che sta emergendo oggi nella destra è quella di donne emancipate, divorziate, omosessuali, sicure di sé, che portano avanti dei valori legati a domande alle quali il femminismo progressista non ha saputo dare risposte e che, a ben vedere, come ha affermato Ida Dominijanni durante il festival di Internazionale 2018 a Ferrara, si scontrano con la misogenia intrinseca alla sinistra.

  • Dalle ‘donne’ di Berlusconi all’ascesa delle leader

I quattro governi Berlusconi che si sono avuti in Italia dal 1994 al 2011 hanno segnato sicuramente dei cambiamenti radicali da quella che era la politica della prima Repubblica a quella che sarà la seconda. Tra questi sicuramente il ruolo della donna e l’immagine che si dà di essa all’interno della politica cambia radicalmente nel tempo, unitamente a una ascesa del femminile all’interno di tutti i compartimenti della società. Il modus operandi dell’ex premier però è stato spesso criticato perché accusato di non badare alla capacità, ma all’aspetto fisico della candidata. Questo si innesta in un più ampio cambiamento della figura della donna sempre attuato da Berlusconi sin dagli anni Ottanta con l’avvento della tv commerciale.

Comunque sia, ecco fare la propria comparsa tra le file di Forza Italia e PdL varie donne che riescono a ritagliarsi ruoli di prestigio. Potremmo citare: Stefania Prestigiacomo, Ministro in ben tre governi Berlusconi; Mariastella Gelmini, Ministro dell’Istruzione e firmataria di una legge sulla riforma universitaria molto criticata nell’ambiente accademico; Mara Carfagna, Ministro per le Pari Oppurtunità, prima show-girl, modella e Miss Cinema 1997; fino alla più discussa Nicole Minetti. Su quest’ultima si è scritto moltissimo sul come sia arrivata in politica e sul coinvolgimento nel caso Ruby, ma una cosa è certa: la sua candidatura alle regionali del 2010 con un posto ‘blindato’, fu fortemente voluta dal cavaliere.

Tra tutte le donne dei governi Berlusconi, però, una solo si innesta nel discorso di “donne sovrane” ed è riuscita a emergere e a diventare segretaria di Fratelli d’Italia. E’ Giorgia Meloni. Ministro del quarto governo Berlusconi a soli 31 anni, oggi è la leader di un partito che si richiama ai valori della ‘fiamma tricolore’, tra le cui file è cresciuta. Incarna in sé i valori della donna moderna sovranista: difende le conquiste femminili avute nei decenni passati da un’”islamizzazione” che le metterebbe a rischio, porta avanti battaglie sulla famiglia tradizionale, pur non essendo sposata e avendo una figlia. Proprio l’essere oramai un capo carismatico le consente da un lato di partecipare ai Family day e attaccare un ‘complotto’ che vorrebbe l’imposizione della teoria gender, ma anche di difendere gli stessi omosessuali, le donne e le libertà occidentali proprio da un ‘nemico’ che la sinistra ed i progressisti non riescono a gestire secondo le femministe di destra: l’islam e la sua deriva radicale.

  • Paese che vai, sovrana che trovi

Come Giorgia Meloni in Italia, così anche nel resto d’Europa l’ondata del femminismo più o meno ‘nero’ da anni ha preso piede. Ecco solo alcuni dei nomi più famosi delle donne al potere di movimenti.

Marine Le Pen e il nuovo nazionalismo francese
Ha preso il partito del padre e lo ha quasi portato alla guida del paese. Ha divorziato per ben due volte, ha un compagno e tre figli. Il suo carisma le ha fatto guadagnare fiducia soprattutto nell’elettorato giovanile della società francese. Pur essendo alla guida di un partito reazionario, non ha mai presenziato a una manifestazione anti-Lgbt, proprio perché tra la popolazione giovanile i matrimoni tra coppie dello stesso sesso non vengono visti come un problema. Anche lei ha incarnato su di sé i valori del nuovo femminismo che nella difesa delle libertà acquisite si lega alle ideologie di destra contro il ‘nemico’ islamico.

Beata Szydło e la destra cattolica polacca
Lei è arrivata a essere Primo Ministro in Polonia, con un governo conservatore e di stampo cattolico alla guida del partito Prawo i Sprawiedliwość. Le battaglie di questa donna l’hanno portata a essere tra i firmatari della legge antiabortista da molti definita come un grandissimo passo indietro nei diritti delle donne che prevede il divieto di interrompere la gravidanza anche nel caso di gravi malformazioni del feto.

Alice Weidel, l’omosessuale filo-nazista
Dire che il suo è un caso più unico che raro sarebbe comunque poco per descrivere la posizione della leader dell’Afd, partito dichiaratamente filo-nazista, che tanto sta facendo discutere in Germania. Secondo le sue parole è di destra proprio perché omosessuale e non “nonostante”. Si è espressa in riferimento alle libertà e, oltre ad affermare che l’Afd difenderebbe i diritti degli omosessuali, accusa i partiti tradizionali di essere troppo morbidi e vieterebbe volentieri il burka perché “simbolo sessista di un’apartheid tra donne e uomini”.

Theresa May e i problemi anglosassoni
A lei è stato affidato l’arduo e durissimo compito di traghettare la Gran Bretagna fuori dall’Unione europea. La Brexit le sta costando il suo posto di Primo Ministro a causa delle spaccature interne ai Tory, ma di sicuro rimane un esempio per le donne conservatrici inglesi e non solo.

Anke Van dermeersch e il belgio sovranista
È tra i leader del partito Vlaams Belang, coloro che difendono i fiamminghi all’interno dello stato belga. Il suo partito in passato è stato tacciato di essere razzista e solo ultimamente ha provveduto a cambiare parti del suo programma, passando da partito di destra radicale a una destra conservatrice. Senatrice, ex modella, di sicuro in lei si possono rivedere le donne che guardano con fascino alla destra più radicale e meno avvezza alle discussioni.

È evidente come il trait d’union che collega queste donne sia, come già detto, l’essere diventate il punto di riferimento di un movimento che non riesce a riconoscersi più in chi – sbagliando – ha interpretato il multiculturalismo come solo il parlare di diritti, senza interrogarsi sulle sfaccettature più profonde. Soprattutto per quanto riguarda quegli aspetti religiosi dell’Islam più controversi, che spesso il progressismo fa finta di non vedere in nome di quel relativismo culturale che troppo spesso si trasforma in giustificazione a oltranza verso ogni tipo di comportamento, voltandosi altrove di fronte ai problemi e alle domande più scomode delle femministe del ventunesimo secolo. La sfida è aperta e una riflessione ulteriore bisogna intraprenderla guardando nuovamente all’Italia: oltre ad avere l’unico segretario di partito donna tra i partiti in Parlamento, la destra è stata la prima ad aver portato una persona di colore nel senato italiano. Qualche domanda i progressisti dovrebbero farsela.

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Jonatas Di Sabato

Giornalista, Anarchico, Essere Umano

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di Piermaria Romani

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Pescando un pesce d’oro
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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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