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Doveva essere un ordinario weekend di fine estate. E invece sabato e domenica scorsi, tra magnolie, querce, gelsomini, campi e orticelli nascosti, è accaduto l’impensabile. Cosa? È presto detto: oltre tre migliaia tra ferraresi e turisti (stando ai dati degli organizzatori) hanno deciso di disertare i centri commerciali, il mare con gli ultimi sprazzi di sole e i grandi eventi, per varcare i cancelli di tante abitazioni private e palazzi storici. E non lo hanno fatto per mostre di giganti dell’arte, nè per l’ultima passerella di Christo. Macché. Hanno lasciato fuggire le ore tra orti, chiostri e cortili, che sono lì da secoli, ma che andavano svelati. L’occasione è venuta dal festival Interno Verde, organizzato dall’associazione Ilturco con lo scopo di aprire al pubblico i più suggestivi e segreti giardini della città. È tutto.

Allora cos’è successo veramente a Ferrara quest’ultimo weekend?

Che il confine tra ciò che è ordinario e ciò che è straordinario si è assottigliato fino a scomparire. È apparso in tutta la sua evidenza come il valore intrinseco delle cose venga dal senso che la comunità vuole dargli.

E ne sono nate domande ineludibili: che si possa fare grandi eventi ritornando a setacciare tra le specificità locali senza per questo sembrare, o sentirsi, provinciali? E i turisti non staranno cercando (già da un po’ di anni) proprio queste identità ben definite in un mondo di livellamento culturale? Che la strada per essere intelligentemente globali sia quella di vivere con dignità e intensità la nostra dimensione locale?

Interno verde ci ha ricordato anche che la cultura, quella vera, è capace di dare valore alle piccole cose e non si accontenta di seguire la moda; che la cultura, lo ribadiamo, quella vera, è inevitabilmente globale quando è autenticamente locale. E ancora: che cultura, quella vera, è sempre sinonimo di apertura. Qualcuno è pronto ad obiettare: cosa c’è di aperto in un giardino che è stato pensato per rimanere ben protetto tra le mura di un palazzo o di una casa? I giardini e i cortili ferraresi, e noi cittadini faremmo bene a ricordarcelo, non sono “conclusi”, chiusi, a significare intolleranza e impenetrabilità. Stanno nascosti e stretti, avvinghiati in un unico amplesso con pietre e mattoni, come amanti abbracciati. I nostri giardini forse rappresentano l’intimità di chi si ama, e l’intimità non è mai chiusura, semmai è apertura massima alla novità di nuove vite.

Questi interni verdi sono talmente ferraresi da sembrare internazionali.

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Daniele Modica


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

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