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Da: Tommaso Cristofori

Al grido di “non avete più alibi dopo l’uscita di Renzi”, ci si domanda perché il PD non è ancora cambiato (come se bastasse pigiare un tasto o fare un tweet). Perché il PD non continua a flagellarsi per gli errori commessi? Perché non si rende conto che la sconfitta alle amministrative non è solo una questione nazionale? Perché ancora non ha sostituito i sui dirigenti e quindi i Segretati? Perché non coinvolge l’associazionismo di sinistra??
Ringrazio F.Baratelli per le sollecitazioni alle quali vorrei replicare da semplice iscritto di un Circolo. Noi siamo ancora un Partito, probabilmente oggi l’unico che possa definirsi tale, con le sue regole, i suoi statuti e strutture, che a volte possono sembrare ingombranti, ma che sono garanzia per gli iscritti, in quanto strumenti di correttezza nella selezione della classe dirigente. Anche queste regole andrebbero rinnovate, tuttavia con tutti i nostri difetti, tentiamo nel confronto, di maturare delle decisioni condivise in modo democratico, cosa tutt’altro che semplice o veloce.
Abbiamo eletto da pochi mesi con le primarie un Segretario nazionale che non è il capo politico o ancor meno il padrone delle decisioni, come peraltro si è visto in questi mesi.
Dopo il disastroso risultato elettorale e le conseguenti dimissioni di molti Segretari locali, abbiamo indetto il congresso del partito in tutti i Circoli della Provincia che proprio in questi giorni è in corso. Verranno eletti dagli iscritti nuovi Segretari in molti circoli, oltre al Segretario Provinciale e Comunale, rinnovati gli organismi assembleari e direzionali del partito. I confronti, lo ricordo, sono aperti alla partecipazione di chiunque voglia intervenire per dare il proprio contributo parere o solo ascoltare, capisco che può non essere sufficiente aprire le porte, ma dire che non lo facciamo non è esattamente vero.
Negli incontri che abbiamo avuto negli ultimi mesi, la vorrei rassicurare, abbiamo analizzato i nostri errori e siamo consapevoli che anche a livello locale abbiamo avuto importanti responsabilità, non tanto su come si è amministrato ma piuttosto su come il PD non ha funzionato e non ha saputo svolgere negli ultimi anni il suo ruolo fra i cittadini, concretizzare la propria vocazione popolare. Questo nuovo momento congressuale ci auguriamo possa essere una ulteriore occasione di riflessione e speriamo un punto di partenza per una proposta nuova.
Ci domanda ancora come “può rappresentare il futuro del Pd dentro il Consiglio comunale il candidato sconfitto alle elezioni?”. Oggi, come prevede la legge, chi si candida e perde, in consiglio comunale fa l’opposizione. Inoltre, mi creda, alle scorse elezioni non è il nostro candidato che è stato sconfitto ma lo siamo tutti noi, ha perso tutto il mondo riformista e di sinistra, il mondo della cultura, il mondo dei diritti, quello del volontariato e della solidarietà. I ferraresi hanno scelto una destra che sicuramente non rappresenta questi mondi. Sarebbe troppo lungo, complicato ed inutile, ripercorrere ora come si è arrivati alle elezioni, una cosa è comunque certa: il centro sinistra non ha saputo costruire per tempo, un progetto in grado di sovvertire i sovranisti nostrani, quelli del metodo dei calci in culo.
In merito all’invito di “aprire in modo permanente alle idee e alle persone che compongono l’arcipelago plurale dell’associazionismo di area di sinistra”, lo condivido ma non mi pare una novità. Molti militanti, amici e simpatizzanti, che provengono da questi ambiti, sono stati fino a ieri la linfa vitale e gli ispiratori delle politiche promosse dall’amministrazione di centro sinistra in questi anni, hanno rappresentato il motore più originale per la crescita della città. Molti di loro sono stati parte attiva, spesso con ruoli di responsabilità dentro gli organismi del PD. Si è operato spesso in simbiosi e lo dimostra anche la spietata e sleale campagna denigratoria dei nostri avversari che bollavano come “gli amici degli amici”, lasciando intendere agli elettori una sorta di connivenza, di interesse con l’associazionismo anziché una condivisione di obiettivi. Constato poi, con non poca amarezza, che alcune di queste associazioni non hanno tardato molto dopo le elezioni ad accomodarsi a fianco o sostenere di chi oggi governa, senza formalizzarsi troppo sugli ideali che Lega e compagni rappresentano.
Noi, come lei spesso ci ricorda, pecchiamo di autoreferenzialità e siamo pieni di tanti altri difetti, ma ho come l’impressione che non siamo gli unici a ritenerci detentori della verità; certamente è necessario un bagno di umiltà e riaprire un dialogo con chi si è sentito lasciato solo o tradito anche se non è sempre facile capire come e con una stampa in alcuni casi apertamente schierata con la Lega.
Siamo uno strano paese dove si preferisce parlare una giornata intera del ripieno dei tortellini perché ce l’ha ordinato Salvini da un palco, poi si rimane più o meno indifferenti se tre consiglieri comunali girano per le nostre scuole mandati dal sindaco ad attaccare crocifissi, o per esempio si finge di non capire quello che si sta prospettando proprio per il settore della cultura della nostra città.
Mi pare comunque uno strano modo di soccorrere un ferito, quello di rimanere sul ciglio a guardare, o magari tirandogli qualche calcio perché non si decide ad andare in ospedale a curarsi.
I nostri Circoli i prossimi sabato e domenica saranno aperti per i congressi e aspettiamo contributi da tutti.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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