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Da: Alberto Ronchi, Francesco Ruvinetti, Massimo Maisto.

L’attività, riconosciuta a livello internazionale, delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara e di Ferrara Arte, attività che, sia pur in tempi diversi, abbiamo conosciuto in modo approfondito nei ruolo di Assessori alle Politiche Culturali del Comune, è stata costruita, si è sviluppata e ha coinvolto almeno tre generazioni di cittadini.
Essa si è basata essenzialmente sulla produzione e organizzazione di mostre originali con collaborazioni e prestiti nazionali ed internazionali; la crescita di un personale specializzato in ogni settore, dallo studio e ideazione, all’allestimento, dall’accoglienza del pubblico, allo sviluppo della biglietteria e del bookshop, fino alla preziosa attenzione per le attività didattiche; la pubblicazione di cataloghi originali editi da una propria casa editrice con importanti interventi di esperti, ancora una volta, nazionali ed internazionali.
Le tre direzioni che si sono succedute dalla metà degli anni sessanta del secolo scorso ai giorni nostri, Farina, Buzzoni, Pacelli, hanno certamente espresso modelli culturali e organizzativi diversi che, a volte, hanno suscitato vivaci dibattiti cittadini, ma sempre, in ogni caso, hanno garantito, ognuno a modo loro, la ricerca, la qualità e l’originalità delle mostre proposte.
Questo lungo lavoro ha portato Ferrara ad essere riconosciuta come una delle città più importanti nel panorama nazionale sul versante espositivo e, di conseguenza, ha fatto crescere in modo esponenziale il turismo con fondamentali ricadute economiche.
Proprio in questo periodo sono in corso due mostre che confermano e raccontano quanto stiamo descrivendo. “De Nittis e la rivoluzione dello sguardo” è una splendida esposizione che, collegando il lavoro del pittore di Barletta alla nascita della fotografia e del cinema, rivela aspetti inediti nell’opera dell’artista.
“La collezione Franco Farina. Arte e Avanguardia a Ferrara 1963/1993” è incentrata sull’inizio di un percorso prestigioso che con, tra gli altri, Man Ray, Andy Wharol, Robert Raushenberg, solo per citare alcuni degli artisti presenti in città all’inaugurazione delle loro personali, ha imposto Palazzo dei Diamanti all’attenzione della critica e del pubblico. Presente e passato, certamente diversi, ma sempre caratterizzati dall’originalità e dalla qualità delle proposte.
La nuova amministrazione e il Sindaco, dopo aver assicurato continuità a questa fondamentale esperienza, hanno, di fatto, completamente cambiato rotta. Dopo la nomina dell’On. Vittorio Sgarbi a Presidente di Ferrara Arte, hanno decapitato la struttura non confermando, come direttrice, Maria Luisa Pacelli, nonostante gli ottimi risultati ottenuti, e non prevedendo una nuova nomina in questo ruolo. Lo stesso debordante Presidente ha attaccato pubblicamente l’esposizione dedicata a De Nittis, lamentando “costi eccessivi” e inaugurando l’inedita formula di un Presidente che critica aspramente e ripetutamente il lavoro della Fondazione che presiede. Non solo, lo stesso Presidente ha ritenuto opportuno, fatto inedito e, dal nostro punto di vista, molto grave, di utilizzare Palazzo dei Diamanti, nella propria campagna elettorale per le recenti elezioni regionali.
Attualmente non risulta vi sia alcuna programmazione delle prossime attività, con un conseguente, possibile, grave danno per l’organizzazione del turismo in città. L’unica mostra annunciata è dedicata allo street artist Banksy che, per le sue caratteristiche, sconvolge completamente e rischia di danneggiare l’immagine, faticosamente costruita, di Palazzo dei Diamanti. Dal 2016 sono state organizzate solo in Italia sette mostre dedicate all’artista inglese e “Metamorfosi” che produce l’esposizione ferrarese ne ha programmate e/o ne ha in programma altre tre, oltre la nostra, in diverse città italiane. Quel che è peggio è che lo stesso Banksy, sul proprio sito, definisce tutte le “personali” a lui dedicate, compresa quella di Ferrara, con l’aggettivo “fake” che si traduce con “falso”. Tutto questo ci trasforma da produttori e, spesso, esportatori in semplici contenitori promiscui di esposizioni realizzate fuori Ferrara, ci toglie il prezioso marchio dell’originalità, rischia di pregiudicare i rapporti con i musei internazionali.
Non possiamo poi non sottolineare come recentemente la Giunta abbia approvato una convenzione con la Fondazione Cavallini Sgarbi per l’utilizzo del Castello. Altri hanno evidenziato le contraddizioni e i punti deboli di questa delibera. Noi ci limitiamo a notare come, anche nel caso di questa Fondazione, la presidenza sia assunta dall’On. Vittorio Sgarbi. Ci pare evidente il rischio di un conflitto di interessi, soprattutto nel caso in cui Ferrara Arte venga chiamata a collaborare, per qualsiasi funzione, con le diverse esposizioni previste in Castello e realizzate con le opere d’arte possedute dalla Fondazione Cavallini Sgarbi.
In conclusione, riteniamo legittimo che una nuova amministrazione proponga alla città una diversa politica culturale, ma questo non può significare lo smantellamento di una eccellenza come Palazzo dei Diamanti, né la consegna monopolistica ad un unico soggetto dell’intera attività espositiva della città.
Per tutte queste ragioni chiediamo al Sindaco di intervenire, riassumendo, in questa delicata fase, la carica di Presidente di Ferrara Arte e individuando, nei modi che ritiene più opportuni, nel rispetto della legge e degli statuti vigenti, un direttore che sia garante della qualità e dell’originalità delle mostre allestite a Palazzo dei Diamanti, permettendo di proseguire un percorso virtuoso che da più di cinquant’anni caratterizza positivamente la nostra città.

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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