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Da Organizzatori

“Perché nel mio paese, quando ero piccolo, ad attaccare al muro un messaggio di cordoglio per la morte di un noto mafioso locale fu il parlamentare della nostra zona? E perché fu il vescovo a celebrarne le esequie?” Ha avuto origine da queste domande l’appassionata ricerca storica di Isaia Sales, docente di Storia delle mafie all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, politico impegnato nel Mezzogiorno, sottosegretario al ministero del Tesoro nel primo governo Prodi ed editorialista del Mattino di Napoli, che oggi (13 maggio) ha dialogato con gli allievi dell’Istituto Superiore di Argenta e Portomaggiore in un incontro aperto alla cittadinanza organizzato presso il centro culturale Mercato.
Nel suo libro ‘Storia dell’Italia mafiosa’, uno dei leit-motiv del progetto di educazione alla legalità che l’istituto ha organizzato quest’anno, Sales tratteggia un affresco unitario della storia delle mafie inserendole a pieno titolo nella storia nazionale e chiarendo in modo documentato e ragionato come “le mafie sono parte delle modalità con cui l’Italia è diventata nazione e si è mantenuta tale nel tempo». Nel testo vengono smontate le tesi culturaliste che per secoli hanno impedito -e tuttora impediscono- di capire realmente la natura del fenomeno mafioso e il perché, a differenza di altri fenomeni criminali, esso duri in Italia da duecento anni: concetti come omertà, onore, familismo amorale, arretratezza economica e assenza di senso civico sono etichette affibbiate alle popolazioni del Sud che altro non hanno fatto che scaricare sulle vittime le responsabilità delle classi dirigenti nazionali e locali impedendo di capire anche quanto è accaduto negli ultimi decenni al Nord.
Al termine del suo intervento l’autore ha risposto alle molte domande degli studenti che hanno toccato argomenti come il rapporto tra massoneria, P2 e mafia o il ruolo della mafia nel dopoguerra.
L’incontro con Sales ha chiuso virtualmente le diverse attività di educazione alla legalità che i ragazzi hanno svolto quest’anno, ma il percorso non è finito…resta da vedere dove li porterà la finale del Premio Estense dedicato al testo Operazione Aemilia di Sabrina Pignedoli, la giornalista che ha invece aperto il ciclo di incontri con gli studenti nel novembre scorso .

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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