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Premesso che i regimi totalitari hanno causato sofferenze umane e perdite incommensurabili, che degradano non solo il diritto umano ma lo stesso spirito umano, dato che la scelleratezza di queste dittature colpivano le persone a causa della loro religione, etnia, appartenenza sociale, oppure per la loro opposizione a detti regimi; prima dai nazisti e collaborazionisti e poi dai successivi regimi comunisti. L’Italia non potrà mai chiamarsi fuori dalle responsabilità sia nei confronti delle leggi razziali e della Shoah che dell’ etnocidio dalle terre dell’ Istria, di Fiume e della Dalmazia. L’esodo istriano, fiumano e dalmata non avvenne solo per la rivalsa dei vincitori sui vinti o per l’urto di due mondi culturalmente differenti; le tecniche di quell’esodo erano state minuziosamente pianificate sul pregiudizio razziale, già nel 1937. Se le leggi razziali in Italia contro il popolo ebraico sono state di stampo fascista, nell’ Italia orientale sono state di stampo comunista, nella persona del Maresciallo Tito, con il “silenzio” del partito comunista italiano capeggiato da Togliatti, grande amico di Tito, il quale, mentre infoibava le povere vittime innocenti, veniva accolto al Grand Hotel della capitale. Vuoi tu che lo stesso Togliatti non fosse a conoscenza di questi crimini? Sapeva o non voleva sapere? Stessa “morale” politica italiana fu utilizzata per la deportazione degli ebrei. Vuoi tu che non sapessero? Si è cercato di negare sempre, come per la Shoah, anche per quest’ altra pagina insanguinata della nostra storia moderna, al cui orrore si è aggiunto circa mezzo secolo di silenzio. Si è cercato di cancellare questi orrori dalla memoria collettiva della Nazione. Le menzogne sono finite anche se ci ritroviamo i soliti “microcefali” negazionisti. A proposito di questi quando deciderà questo governo ad inserirlo fra i reati? Non solo “negazionisti”, ma ora vi sono anche i “riduzionisti” che osano contestare non solo le tragedie immani ma anche il numero dei morti! Certo che delle migliaia di infoibati, probabilmente il dato numerico complessivo non si saprà mai; comunque esso non cambierebbe la sostanza del problema né attenuerebbe la responsabilità degli aguzzini. I negazionisti dicono che “la memoria delle Foibe fu creata ad arte nel dopoguerra per screditare il movimento partigiano”. Le stesse identiche elucubrazioni quando affermano che “la Shoah è un’invenzione degli ebrei”. La verità sta nel fatto che fra l’8 e il 13 settembre 1943 iniziano gli arresti e gli infoibamenti da parte dei partigiani di Tito. Nel mirino entra particolarmente la popolazione italiana, compresi gli stessi membri del CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) che non condividono l’idea annessionistica di Tito e che pertanto sono considerati nemici da abbattere. Non possiamo non ricordare che il 26 settembre 1943 trova la morte Norma Cossetto, una studentessa universitaria di soli 24 anni. Il medico legale certificherà che, prima dell’infoibamento, nella prigione, la ragazza subì due giorni di sevizie, di stupri collettivi, per poi venire impalata con una scopa e gettata nella foiba. Sempre nel settembre ’43, Giuseppe Cernacca, impiegato di 44 anni, viene bastonato e costretto a portare fino sull’orlo della foiba un sacco di pietre. Alcuni partigiani titini gli staccano la testa per recuperare due denti d’oro, poi la usano come pallone per una partita di calcio nella piazza del paese. Fortunatamente qualcuno è riuscito a salvarsi “contro l’impossibile” e a raccontare… Terribile continuare…mi fermo qui.

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Laura Rossi

Curatrice e insegnante d’arte. Ha recensito vari libri e ha collaborato con alcuni mensili curandone la pagina dell’arte come “la cultura e l’arte del Nord-est” e la pagina dell’arte di Sport-Comumi. Ha curato la Galleria Farini di Bologna e tutt’ora dirige e cura a Ferrara la Collezione dello scultore Mario Piva. Ha ricoperto per circa dieci anni la carica di presidente della Nuova Officina Ferrarese, con decine di pittori e scultori fino agli inizi degli anni duemila. Sue critiche d’arte sono pubblicate sul “Dizionario enciclopedico internazionale d’arte contemporanea” 1999/2000

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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