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Anche oggi il grillo parlante è infastidito. È arrivato qualche lieve alito di vento ma, fra le cicale impazzite che assordano, le zanzare e i maleducati bambini vocianti e calpestanti, non è una bella giornata.

Questa volta è la proposta del nuovo ipermercato ferrarese a destargli una sensazione pruriginosa al collo. L’ennesimo compr(ami)ficio, non è mai l’ultimo. Fino a quando? Un altro pomo della discordia.

Legge le cronache locali, una dopo l’altra ripetono che non vi è stato confronto in giunta sulle scelte di via Caldirolo (a 100 metri dalle mura rinascimentali) né consultazione della cittadinanza. Come se questa, in Italia fosse la regola… Anche la Confesercenti è contraria. Si legge che, in centro, sono state chiuse quasi 60 attività commerciali, non c’è più spazio o respiro per molti. Anche di fronte a questa desolante situazione in cui pare versare il fragile centro storico (affitti dei locali alle stelle, peraltro) a cosa serve un altro centro centro commerciale? Ferrara è la città con maggior numero di ipermercati della Regione. Pochi giorni fa è stato anche inaugurato in via Saraceno, angolo via Terranuova, un altro discount: la banca che ospitava quei locali se ne è andata, lasciando spazio all’Ecu, proprio in un punto dove c’è già una bella concentrazione, se si pensi alla vicina Coop di via Mazzini, per citarne uno.

Serviranno mai così tanti super e ipermercati anche in uno scenario di calo demografico e dei consumi, di prezzi in ascesa e di enorme crisi energetica? Crisi galoppante, ma dove? Non sarebbe forse meglio investire e puntare sui negozi di prossimità, quei piccoli esercizi e artigiani che fanno dei quartieri un luogo di incontro, di scambio e di vera comunità ? Da bambino il grillo parlante andava con la sua piccola bicicletta rossa dai salumieri del centro a comprarsi i pezzetti di prosciutto e di formaggio per il suo bel e invidiato panino, accompagnava la mamma dal macellaio che le incartava le bistecche (sottili per carità, costavano troppo…) in quella carta oleosa dal colore di canna da zucchero. Era un lusso della domenica recarsi alla gastronomia per acquistare quella specialità che rallegrava la famiglia insieme alle pastine di Boni (tronchetto al cioccolato in testa), del caffè Europa o del Leon d’Oro.

Se c’era poi il Corriere dei Piccoli o qualche cioccolatino della Perugina di Corso Giovecca, la felicità era completa. Per i regali alle amiche si poteva sempre andare da Il piccolo Parigi o alla Cartoleria Sociale. Negozi piccoli e un po’ più grandi, tanti esercenti che arricchivano la città, magari più semplice di oggi ma vivace nel suo centro cittadino che accontentava tutti. Non parliamo dei negozi di giocattoli (la mitica Gioia dei Bimbi per ricordarne una per tutti), del tutto scomparsi, o dei blocchi di cioccolata dei fratelli Bazzi, i gentili Grigioni dal lungo e operoso grembiule scuro allacciato intorno al collo. Oggi tutti i negozi sono spostati nelle gallerie infinite e luccicanti degli ipermercati, rifugio per chi cerca l’aria condizionata, al centro non restano che bar e ristoranti. Alla faccia della sostenibilità.

Il grillo parlante ricorda a tutti che i turisti che oggi affollano le nostre piazze, anche per i concerti e gli spettacoli tanto conclamati e pubblicizzati, con un’offerta interessante, lasciateglielo dire, soprattutto in termini di Teatro e mostre, non meritano solo cibo e paccottiglia, ma anche qualche bell’oggetto, magari pure di fine artigianato o antiquariato, qualche abito elegante che si possa provare anche in una via centrale che non sia per forza incollata al Duomo, un itinerario  fra i negozi che sia originale, come la città meriterebbe. Riqualificare significa equilibrio e spazio per tutti. Anche verde.

Perché non sia sempre perennemente lo stesso mantra: Italia sì, Italia no …. La terra dei cachi.

 

Parcheggi abusivi
Applausi abusivi
Villette abusive
Abusi sessuali abusivi
Tanta voglia di ricominciare, abusiva
Appalti truccati
Trapianti truccati
Motorini truccati che scippano donne truccate
Il visagista delle dive adesso è un altro
Papaveri e papi
La donna cannolo
Una lacrima sul visto
Italia sì
Italia no
Italia sì, Italia no, Italia bum, la strage impunita
Puoi dir di sì, puoi dir di no, ma questa è la vita
Prepariamoci un caffè, non rechiamoci al caffè
C’è un commando che ci aspetta per assassinarci un po’
Commando sì, commando no, commando omicida
Commando pam, commando papapapapam, ma se c’è la partita
Il commando non ci stà e allo stadio se ne va
Sventolando il bandierone non più il sangue scorrerà
Infetto sì, infetto no, quintali di plasma
Primario sì, primario dai, primario fantasma
Io fantasma non sarò e al tuo plasma dico no
Se dimentichi le pinze fischiettando ti dirò
“Fi fi fi fi fi fi fi fi ti devo una pinza, fi fi fi fi fi fi fi fi, ce l’ho nella panza”
Viva il crogiuolo di pinze
Viva il crogiuolo di panze
Quanti problemi irrisolti
Ma un cuore grande così
Italia sì, Italia no, Italia gnamme, se famo du spaghi
Italia sob, Italia prot, la terra dei cachi
Una pizza in compagnia, una pizza da solo
Un totale di due pizze e l’Italia è questa qua
Fufafifi’ fufafifi’ Italia evviva
Italia perfetta (perepepè nanananai)
Una pizza in compagnia, una pizza da solo
In totale molto pizzo, ma l’Italia non ci sta
Italia sì, Italia no
Italia sì, uè
Italia no, uè uè uè uè uè
Perché la terra dei cachi è la terra dei cachi

Elio e le storie tese – La terra dei cachi

Per leggere e firmare la petizione popolare SAVE THE PARK [clicca Qui]

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

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Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

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Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

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