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Per Kevin Costner, protagonista ed esordiente alla regia con ‘Balla coi lupi’, premiato nel 1991 con sette Premi Oscar, arrivano i 60 anni. Faccia da bravo ragazzo, idolo di molte donne (ora come allora) e fautore del ritorno del genere western a Hollywood, scopriamo che il nome originario della sua famiglia è Koster, lo stesso del generale Custer, ma anche che il bisnonno tedesco lo trasforma in Costner dopo aver sposato un’indiana Cherokee. Un’origine che ritorna, radici che riemergono, che si fanno sentire con forza e intensità. Sangue indiano nelle vene, dunque, per l’attore che nasceva a Lynwood, in California, il 18 gennaio 1955, figlio di un’assistente sociale e di un operaio e che, nel 1990 presentava al pubblico un film nella e sulla natura, avvolto dalla bellezza della storia e delle tradizioni di tribù indiane americane.

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La locandina

Nel 1864, infatti, durante la guerra di secessione americana, in seguito a un atto eroico compiuto in guerra, il tenente John Dunbar (Kevin Costner) viene mandato in un forte sperduto nella prateria. Immerso e affascinato dalla natura che lo circonda, incontrerà una tribù Sioux e diventerà uno di loro, scoprendosi un uomo nuovo (e l’amore).

Il film è una splendida celebrazione di un incontro fra un uomo straordinario e gli Indiani d’America, gente eccezionale e saggia, con John che è un soldato, ma mai spregiudicato, violento o conquistatore. E’ un uomo alla scoperta di sé stesso, affascinato dalla natura e predisposto al dialogo, gentile e volenteroso.

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Una scena del film

L’amicizia con il cavallo Sisko e con il lupetto ‘Due Calzini’ commuovono sempre. Il suo lato nobile e sensibile non sfugge ai Sioux, e specialmente a ‘Uccello Scalciante’, saggio della tribù, che vede in lui un uomo atipico, con cui vale la pena parlare. Il giovane e irrequieto ‘Vento Nei Capelli’, invece, diffida del bianco e lo deride, ma anche lui capirà e diventerà grande amico di John. In un conoscersi poco a poco, fra gli indiani e John nascerà un rapporto unico, intenso, che porterà il protagonista ad abbandonare la sua vecchia vita per aggregarsi a loro, dai quali imparerà perfettamente la lingua e le tradizioni. Siamo nell’altrove, lontani, immersi sono dalla bellezza dei suoni lontani e vicini della natura e delle relazioni umane sincere e profonde. Un’estrema avventura tra estreme frontiere. Un mondo che non si vede ma che si sente. L’altro che diventa noi.
Bella e coinvolgente la sequenza della caccia ai bisonti, stupende la fotografia, la musica e la voce narrante per tutto il film, quella di John che racconta e scrive su un diario la storia della sua straordinaria esperienza. Incanto. Nostalgia senza fissa dimora.

“… come accade all’uccello migratore che nel suo volo non si accorge delle frontiere che attraversa”. Herman Melville, Billy Budd

Balla coi Lupi, di e con Kevin Costner, Graham Greene, Mary McDonnell, Usa 1990, 220 mn.

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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