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di Corrado Oddi*

Una decina di giorni fa si è concluso l’iter della prima delibera di iniziativa popolare presentata al Consiglio Comunale della nostra città. Essa, com’è noto, è stata promossa dalle Associazioni Ferraraincomune e Comitato Mirifiuto, sostenuta da una raccolta di 955 firme di cittadini ferraresi, con lo scopo di dar vita ad uno studio di fattibilità finalizzato alla ripubblicizzazione della gestione del servizio dei rifiuti e di farlo attraverso un tavolo partecipato, composto dall’Amministrazione comunale e da soggetti e organizzazioni, anche di carattere informale, intenzionate a portare il proprio contributo su questo tema. Abbiamo scelto questa modalità – quella della delibera di iniziativa popolare – per evidenziare non solo l’importanza della decisione da prendere in proposito, visto che la concessione della gestione del servizio dei rifiuti affidata ad Hera è scaduta alla fine del 2017 e ora si tratta di decidere quale soggetto gestirà tale servizio per i prossimi 15 anni. Soprattutto, però, ci interessava promuovere uno strumento di democrazia partecipativa, che comporta un’attivazione consapevole delle persone, che è particolarmente necessaria quando si parla di servizi pubblici fondamentali, quelli chiamati a occuparsi dei beni comuni. Democrazia partecipativa che, per noi, costituisce, un tassello decisivo per arricchire le forme della democrazia rappresentativa, oggi non più adeguata e in una situazione di crisi rispetto ad una società, contemporaneamente complessa e ‘liquida’.

La raccolta delle firme, che abbiamo svolto tra aprile e giugno, ci ha dato conferma di questo nostro approccio, nel momento in cui non solo è emersa una sintonia con la nostra proposta, ma, ancor più, si è manifestata una domanda forte di poter intervenire, da parte delle persone, su questioni fondamentali che riguardano la vita quotidiana e le scelte della città.
Ebbene, dopo una fase prolungata di incontri con il Presidente del Consiglio comunale, il sindaco e i vari gruppi consiliari, lunedì 22 ottobre è arrivato il pronunciamento del Consiglio Comunale. Al di là delle questioni formali, il testo che è uscito da quella discussione, modificato da diversi emendamenti presentati dal Pd, non si distanzia molto da quanto da noi proposto sul fatto di produrre uno studio di fattibilità volto alla ripubblicizzazione della gestione del servizio rifiuti, ma svilisce proprio l’aspetto per noi più significativo, quello della possibilità della partecipazione, nel momento in cui si definisce che lo studio suddetto verrà svolto da Atersir, l’Agenzia regionale di regolazione per il servizio idrico e quello dei rifiuti. Tale scelta sposta verso l’alto il soggetto che decide come verrà costruito lo studio e quali saranno i soggetti chiamati a svolgerlo e, nei fatti, impedisce che sia il tavolo partecipativo a svolgere questa discussione.

Ancora più importante, peraltro, ai fini della valutazione della decisione di affidare lo studio ad Atersir, è ragionare sul ruolo che ha svolto Atersir in questi anni e che continua a svolgere. Atersir è stato creato con legge regionale nel 2011 e ad esso è stato dato, tra gli altri, il compito fondamentale di decidere l’affidamento del servizio idrico e dei rifiuti nei vari territori dell’Emilia-Romagna, espropriando di fatto il ruolo delle comunità locali nel poter intervenire su quest’aspetto. Tramite questa scelta centralizzatrice, si è dato fiato e gambe all’idea della privatizzazione del servizio idrico e dei rifiuti. Non a caso, oggi, siamo in presenza, nella nostra regione, a parte alcune limitate eccezioni, al fatto che acqua e rifiuti sono gestiti da due grandi multiutilities, Iren e Hera, la prima che opera nei territori di Piacenza, Parma e Reggio Emilia, la seconda nelle restanti province della Regione.

Iren ed Hera, assieme ad A2a e Acea, sono le protagoniste del nuovo ciclo di privatizzazione dei servizi pubblici locali, che è ripartita dopo e nonostante la vittoria referendaria sull’acqua nel 2011. Respinta con quel risultato la strategia di privatizzare acqua, rifiuti e altri servizi pubblici attraverso la legge, si è provato a perseguire lo stesso obiettivo di privatizzazione facendo leva su quelle 4 grandi multiutilities e sulla loro progressiva espansione. Iren, A2a, Hera e Acea sono tutte società miste pubblico-private quotate in Borsa e ormai gestiscono il servizio idrico e quello dei rifiuti, oltre che la distribuzione del gas e dell’energia elettrica, praticamente in tutto il Centro- Nord del Paese e hanno come ‘vocazione’ sostanziale ‘creare valore per gli azionisti’, cioè distribuire dividendi ai soci pubblici e privati. Per esempio, se guardiamo anche solo semplicemente Hera, ci si rende facilmente conto di ciò attraverso la lettura dei risultati di bilancio: nel periodo che va dal 2010 al 2016, in termini cumulati, Hera ha realizzato profitti per circa 1 miliardo e 150 milioni di €, di cui quasi 900 milioni dati come dividendi ai soci proprietari.

Tornando ad Atersir, esso, nei fatti, ha agito perlomeno assecondando questa tendenza e, comunque, dimostrandosi subalterno ad essa. Questa tesi non è solo nostra, ma esplicitata dalla stessa Autorità Nazionale Anticorruzione con la delibera 626 del giugno 2017 quando, parlando dei rapporti tra Atersir ed Hera, sostiene testualmente che emergono diverse problematiche di sistema, tra cui “la carente interpretazione del ruolo da parte di Atersir con una sostanziale ‘cattura del regolatore’ (cioè di Atersir) da parte dei soggetti controllati” (in questo caso Hera). Del resto, questo è proprio il risultato che si produce con la privatizzazione dei servizi pubblici: quando si esternalizza la gestione, la stessa traiettoria la subisce il sapere e o gli organismi regolatori ben poco possono rispetto alla sproporzione di potere che si determina nei confronti delle grandi aggregazioni aziendali.
Ora, l’esito per noi insoddisfacente della discussione e delle decisioni del Consiglio Comunale, avvenuto anche per l’insipienza delle cosiddette opposizioni, che, a partire dal M5S, si erano dichiarate favorevoli alla nostra proposta iniziale, ma poi non l’hanno sostenuta adeguatamente, non ci scoraggia. Anzi, ci conferma nell’idea di insistere nella nostra iniziativa che guarda all’obbiettivo di ripubblicizzare la gestione del servizio rifiuti e degli altri beni comuni, a partire dall’acqua. Intanto, già nella fase di partenza di ‘quel che resta del tavolo partecipato’, chiediamo che esso torni alla sua funzione originaria, che inizi la propria discussione sul come “rimediare” alla scelta dell’affidamento dello studio ad Atersir, per ridare al tavolo partecipato la piena possibilità di impostare e definire lo studio di fattibilità stesso.

Del resto la nostra è tutt’altro che una battaglia isolata, ma si salda ad altre in corso o che si svilupperanno, sempre nell’ottica della gestione pubblica e partecipativa dei servizi pubblici che producono i beni comuni. Alla Camera è ripresa la discussione, e a essa è stata assegnata la procedura di urgenza, sulla proposta di legge per la ripubblicizzazione del servizio idrico, sulla base di un testo presentato da diversi deputati del M5S che hanno ripreso quello, elaborato ancora nel lontano 2007, della proposta di legge di iniziativa popolare del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, su cui si raccolsero più di 400.000 firme in tutt’Italia. Nella nostra Regione, il Coordinamento dei comitati per l’acqua pubblica e la Rete regionale rifiuti zero ha messo a punto un’ipotesi di legge regionale, su cui ora stiamo raccogliendo il consenso di diversi consiglieri regionali, per incentivare la ripubblicizzazione del servizio idrico e dei rifiuti e per procedere all’abrogazione anche di Atersir, da sostituire con Autorità di ambito territoriali, che possano restituire potestà decisionale alle comunità locali. Poi, nei prossimi anni, verranno a scadenza le concessioni del servizio idrico ad Hera, a Bologna già nel 2021, fino a d arrivare a Ferrara nel 2024: sembrano tempi lontani, ma, se si ha la consapevolezza che costruire reali aziende pubbliche e partecipate è operazione complessa, ci si rende conto che almeno la discussione in proposito dovrebbe partire già adesso. Almeno questa è la nostra intenzione, quella di fare discutere la città su questi temi fondamentali per il suo futuro e per l’idea stessa che si ha del ruolo pubblico, anche nei mesi che ci porteranno ad una scadenza elettorale amministrativa decisamente importante per Ferrara. E, possibilmente, insieme al tema della democrazia partecipativa, visto che essa è strettamente connessa a quella della difesa dei beni comuni e che oggi, almeno a me, pare decisiva per riconnettere le persone con la politica, la volontà di contare con il progetto del governo, anche della nostra città.

*Corrado Oddi é socio fondatore e componente della Associazione Politico Culturale Ferraraincomune

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Riceviamo e pubblichiamo


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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