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La Camera di commercio alza la stima di crescita del prodotto interno lordo (PIL) ferrarese: +1,5% nel 2017 grazie, in particolare, al buon apporto della manifattura (+2,2%), dei servizi (+1,4%) e all’andamento positivo delle esportazioni. Tuttavia – sottolinea l’Ente di Largo Castello – siamo siamo ancora lontani dal compensare il livello più basso dall’inizio della crisi (-11,5%) e ancora incerta risulta essere la ripresa delle costruzioni (-0,7%). A dirlo, l’Osservatorio dell’economia della Camera di commercio di Ferrara sulla base dell’ultima edizione degli Scenari per le economie locali di Prometeia. Una stima di crescita, quella ferrarese, di poco superiore all’1,4% previsto per l’Italia ed inferiore – sebbene di pochi decimali – al valore dell’Emilia-Romagna.

“L’aumento dell’attività economica è un fatto positivo – ha sottolineato Paolo Govoni, presidente della Camera di commercio di Ferrara – ma se vogliamo crescere dobbiamo correre più degli altri, non più di ieri. L’unica vera dimensione per partecipare alla sfida della competitività – ha proseguito il presidente della Camera di commercio – è la selezione condivisa di progetti di valore strategico, in grado di produrre reali cambiamenti positivi, e la capacità di portarli a termine, compito in cui il contributo di tutti è prezioso per attivare le migliori competenze”.

Tornando all’analisi della Camera di commercio, i settori trainanti del recupero in corso sono il manifatturiero ed i servizi, grazie sia alla composizione della crescita della domanda (beni esportabili e mezzi di produzione) sia al progressivo recupero dei margini e al vivace dinamismo degli investimenti. Abbattere il debito, consolidando il bilancio e non ostacolando la crescita è, per l’Ente di Largo Castello, la grande sfida che il Governo avrà di fronte nei prossimi mesi, che potrà vincere però ad una sola condizione: ripartendo dalle imprese. In Italia come a Ferrara non c’è impresa che non coltivi la tradizione senza aver paura di innovare, intrecciando creatività, cultura, sostenibilità, creando ricchezza e benessere per sé e per le comunità e i territori. Un’economia che grazie ad una caparbia vocazione alla qualità, arriva al mondo.

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CAMERA DI COMMERCIO


Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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