Skip to main content

Bambino, sui banchi della scuola elementare, ricordo il sussidiario con le illustrazioni dei vari tipi di razze, sussidiari che ho ritrovato pressoché simili quando, poco più che ventenne, tra quei banchi sono tornato a fare il maestro.
Esternazioni come quelle di Attilio Fontana, candidato leghista alla presidenza della regione Lombardia, gli ‘shit holes‘, buchi di merda, espressione che Donald Trump ha usato per indicare Haiti, Salvador e i paesi africani, precipitano nel buco nero del passato.
Trump e Fontana per età forse hanno studiato anche loro su sussidiari come i miei, ma evidentemente la paura di poter essere contaminati li ha accecati, ha fatto sì che prevalesse l’ignoranza sul rischio di farsi contaminare dai progressi della cultura e della scienza.

È questo che spaventa, l’arroganza delle proprie certezze. Nonostante le conquiste compiute in tutti i campi non siamo riusciti a liberarci dai pericoli dell’ignoranza: razzismo e creazionismo, che spesso marciano insieme.
Contro le parole del presidente Trump, in America hanno protestato gli insegnanti. Il presidente della Federazione americana dei maestri, Randi Weingarten, ha scritto in una dichiarazione: “I paesi e le persone che il presidente ha preso di mira devono sapere che gli americani non sostengono le parole odiose e razziste di Trump”.
In Italia le parole del leghista Fontana, non uno qualunque, cadono all’indomani di una legislatura che si è conclusa senza riconoscere il diritto di cittadinanza a centinaia di migliaia di figli di immigrati nati nel nostro paese e che frequentano le nostre scuole. E l’ostilità maggiore è venuta dalla Lega, che sbandiera questo fallimento della democrazia come una propria conquista.
Ma il “non farsi contaminare da altre razze” di Fontana pone sotto un’altra luce, di grave responsabilità, di arretratezza culturale, di ambiguità civile e sociale, chi ha negato il suo voto allo Ius soli, come il Movimento 5 stelle, un movimento di cittadini che teme la contaminazione della propria cittadinanza, tanto da negarla a un pugno di giovani e bambini.
Non è la bellezza del principe di Dostoevskij che ci salverà. Se non corriamo immediatamente ai ripari, il mondo che potrebbe prepararsi è il ritorno ad un brutto passato.

Gli unici baluardi sono la cultura, l’istruzione e le scuole. Non permettiamo alla superficialità, all’improvvisazione, alle chiusure, al bando dello scambio con l’altro, all’innalzamento dei muri che impediscono di vedere gli orizzonti, di impossessarsi del nostro paese, della mente dei suoi abitanti, non anneghiamo la ragione nel mare dell’irrazionale, nella fragilità mentale di un like, di un post o di un clic.
Le scuole sono il nostro baluardo, perché esse sono il luogo in cui le giovani generazioni partecipano della cultura della loro gente, della società che vogliamo costruire. Le scuole crescono e coltivano i pensieri. Le scuole sono i luoghi della contaminazione per eccellenza, culturale e umana, non a caso le criminali leggi razziali per prima cosa cacciarono dalle scuole docenti e studenti ebrei.
Non permettiamo che le nostre scuole possano essere mai infettate da parole come quelle di Trump e di Fontana e dei loro epigoni. Non dimentichiamolo per favore e soprattutto non si accetti di archiviare espressioni come quelle usate dal leghista Fontana come lapsus, perché dopo Freud sappiamo che l’errore che prende corpo nel lapsus è solo apparentemente casuale.
Il Novecento si è aperto con gli zoo umani, dove individui appartenenti alle popolazioni cosiddette esotiche erano rinchiusi in gabbie ed esposti al pubblico, spesso in compagnia di animali provenienti dagli stessi luoghi. Poi è venuto Gobineau, quello dell’ineguaglianza delle razze umane, poi l’eugenetica di Galton e, infine, l’eutanasia razziale di Lapouge, quello che è accaduto dopo tutti lo conosciamo. La Giornata della Memoria è lì perché non lo dimentichiamo.

tag:

Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it