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Se masticate un po’ di inglese vi invito a visitare il portale della città di Dublino. Il Citizens Online si presenta con quattro parole chiave che sono la sintesi della vita in una città: vivere, lavorare, apprendere, eventi.
Colpisce “learning”, apprendere, che nei portali dei nostri Comuni non ha cittadinanza, quel “learning” che si accompagna inscindibilmente al “living” e al “working”: vivere, lavorare, imparare, il telaio delle nostre esistenze, le opportunità che ci attendiamo dalle nostre città.
Il “living” di Dublino propone le cose da fare in città, le informazioni essenziali per i turisti, come raggiungere e visitarne i luoghi, l’orgoglio del rapporto del suo popolo con la cultura.
C’è scritto che Dublino offre il palcoscenico di una città costruita in centinaia di anni di storia, dove le persone sono il vero cuore della città che la rendono uno dei posti migliori in cui vivere.
Questo orgoglio per la propria storia e la propria cultura dovremmo apprenderlo anche noi, come vorremmo anche noi vivere in città in cui sentire l’orgoglio delle pubbliche amministrazioni per la qualità dei propri cittadini. Da questo punto di vista nelle nostre città, in generale, si respira ancora un’aria assai viziata.
Viviamo tutti, ormai, in città globali, al cui interno risiedono molte culture; come a Dublino anche per le nostre strade risuonano le voci di lingue diverse. A noi la cosa sembra mettere paura, inquieta, ci fa sentire esautorati di chissà quali sicurezze e tradizioni. Siamo sospettosi, anziché vantare con orgoglio la vita in una città a cultura poliedrica, cosmopolita e vibrante, orgogliosa del suo ricco passato che continua a guardare al futuro.
Il portale presenta Dublino come la città in cui il mondo crea, lavora, apprende, si diverte e cresce, un po’ di megalomania che non guasterebbe neppure alle nostre città.
Il fatto è che Dublino negli ultimi decenni è diventata un centro di servizi mondiali, ospitando una cultura aziendale diversificata: servizi finanziari, Ict, scienze della vita, industrie creative, biotecnologie, tecnologie mediche e farmaceutiche.
Se pensiamo alle nostre città ci rendiamo conto dei nostri ritardi, dell’impreparazione di tanti amministratori, della cultura che ci manca e delle nostre gestioni da strapaese.
La storia di Dublino risale alla fine del 1980 quando era una città industriale in declino con un alto tasso di disoccupazione e un basso livello di istruzione. La sfida, allora, fu quella di cambiare questa situazione facendo di Dublino una città della conoscenza. Una scommessa prodigiosa in cui combinare investimenti tradizionali con nuove modalità di capitalizzazione.
La città è riuscita in questo passaggio attraverso l’organizzazione delle forze di cambiamento attorno all’agenzia per sviluppo locale e all’ufficio del sindaco, con il sostegno del governo irlandese. Sono state seguite due strategie convergenti: attrarre le compagnie multinazionali dell’high-tech e investimenti, offerte di lavoro poco costose, lavoratori preparati e incentivi fiscali.
Dublino ha sfruttato in modo intelligente il vantaggio di appartenenza dell’Irlanda all’Unione Europea, acquisendo l’accesso ad una considerevole quantità di fondi per finanziare la propria strategia. L’adesione all’UE si è rivelata un vantaggio per l’Irlanda che ha reso il paese uno dei luoghi preferiti per gli affari delle aziende multinazionali.
Il Governo Irlandese ha giocato un ruolo equilibrato per il miglioramento strutturale di Dublino. Ha emesso potenti linee guida per sostenere le trasformazioni in atto, in particolare incitando altre città irlandesi a seguire l’esempio di Dublino e promuovendo la creazione di agenzie per lo sviluppo locale. Inoltre, è stata vitale e trainante per il successo la partnership tra il settore pubblico e quello privato. Nonostante Dublino sia riuscita a superare una serie di problemi e si sia sviluppata come una città della conoscenza di successo, continua i suoi sforzi per rafforzare la sua posizione come una delle città più importanti della conoscenza a livello mondiale.
L’Irlanda vanta una delle forze lavoro più giovani e più istruite in Europa, con oltre la metà dei giovani tra i 30 e i 34 anni che ha completato l’istruzione terziaria, persone altamente qualificate ed entusiaste che fanno progredire le attività d’impresa, la forza lavoro di Dublino è composta da alcuni dei migliori talenti nazionali e internazionali.
Con il 57% di studenti provenienti da tutto il mondo Dublino è diventata un punto di riferimento internazionale per quanti intendono proseguire negli studi, per la sua ricchezza di opportunità di conoscenza, una lunga tradizione di centri di apprendimento, educativi e di comunità, e una vasta gamma di istituzioni di terzo livello tra cui scegliere.
Questo, in primo luogo, è il risultato di Dublino città della conoscenza. Ecco perché nel suo portale appare la parola chiave “learning”, apprendimento, inseparabile dalla vita e dal lavoro delle persone.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

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Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

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