Skip to main content

Che dire, il rapporto dell’Ocse anche quest’anno è impietoso. I dati ci danno in crescita, ma la palla al piede del Paese è di quelle da cui è assai difficile liberarsi, se non cambia radicalmente il sistema della formazione. Le nostre scuole mancano della cultura del lavoro e le nostre imprese, in generale, scontano un grave ritardo nell’innovazione e nella formazione.
Le imprese a gestione familiare, in Italia, rappresentano più dell’85% del totale, e circa il 70% dell’occupazione del paese, ma i loro manager spesso non hanno le competenze necessarie per adottare e gestire tecnologie nuove e complesse, tanto che il serpente si morde la coda.
Per non parlare del quasi assoluto disinteresse per le competenze da parte del pubblico, denunciato dalla commissione parlamentare per l’innovazione e la digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni. Dematerializzazione, efficienza dei processi, industria 4.0, sicurezza, smart city richiedono competenze specifiche e un’altrettanta specifica formazione.
Il World Economic Forum di Davos ha confermato che le cinque competenze più richieste dal mercato del lavoro nel 2020 saranno: problem-solving complesso, pensiero critico, creatività, gestione delle persone e capacità di coordinarsi con altri.

Siamo nel terzo millennio, ma le nostre scuole sono sempre le stesse, quelle dell’istruzione di massa ispirata a un modello di fabbrica del secolo scorso. Al leggere, scrivere e far di conto semmai si è aggiunto qualcosa d’altro, tipo il coding, ma nella sostanza le liturgie sono quelle del passato, qualcuno ne ha il rimpianto perché non funzionano più, soprattutto perché non esistono più i luoghi in cui abbiano una ricaduta, un’utilità, dalla famiglia alla fabbrica, fatta eccezione forse per la scuola stessa.
Mi riferisco al curricolo occulto della scuola pubblica di massa: la formazione alla puntualità, all’obbedienza, alle attività meccaniche ripetitive. Un’istruzione di massa che doveva fornire alla fabbrica, non tanto competenze professionali particolari, ma persone che arrivassero in orario, specialmente gli addetti alle catene di montaggio, che prendessero ordini dal superiore gerarchico senza discutere, pronte a lavorare alle macchine o negli uffici nello svolgimento di operazioni ripetitive.
Il problema è che la scuola di massa è rimasta in mezzo al guado e al vecchio curricolo implicito non ha saputo sostituirne uno nuovo in linea con un mercato del lavoro mutato, di conseguenza nel nostro paese il divorzio tra lavoro e formazione si è consumato da tempo.
Oltre al curricolo occulto, per l’Ocse non funziona più neppure il curricolo palese. Il 38% di adulti italiani ha scarse competenze nel leggere, nello scrivere e in matematica, per i lavoratori la percentuale è di poco inferiore al 34%. Dietro di noi si piazzano solo il Cile e la Turchia. I lavoratori italiani sono penultimi nell’impiego delle competenze contabili e di marketing, così come nelle competenze Stem (scienze-tecnologia-ingegneria e matematica) e nella capacità di auto-organizzarsi, terzultimi nell’utilizzo delle capacità di gestione e comunicazione.
La situazione degli studenti non è migliore: restano sotto la media Ocse nelle competenze scolastiche. Il 36% dei nostri giovani diplomati ha capacità matematiche inferiori al livello due, cioè ai livelli minimi di una scala che va da uno a sei. Siamo un paese in ritardo sull’educazione permanente e la popolazione adulta fa registrare un basso tasso di partecipazione alle attività di formazione.

Ci siamo scordati che la formazione permanente è essenziale per lo sviluppo della cittadinanza, la coesione sociale e l’occupazione, stiamo perdendo terreno rispetto alle nazioni concorrenti, sembra che non sia assolutamente diffusa la consapevolezza della situazione risultante da tutti i dati riportati, inoltre manca una strategia che sarebbe cruciale per il nostro futuro.
Il foro economico mondiale di Davos ha ribadito il ruolo fondamentale e crescente che la formazione sta avendo nella rivoluzione industriale 4.0 e nella situazione specifica di ciascun paese. La formazione è dunque la leva fondamentale per la riqualificazione e lo sviluppo delle competenze strategiche, sono le persone con i loro comportamenti e le loro competenze che possono far vincere o far perdere le sfide decisive. Il capitale umano e il capitale intellettuale sono i nuovi indicatori di prosperità delle nazioni. La fondamentale gara mondiale per l’apprendimento richiede consapevolezza e strategie di lungo periodo.
Dovremmo riflettere seriamente sulle ragioni delle proteste di questi mesi degli studenti contro i progetti di alternanza scuola-lavoro. Non sembrano proteste né contro la scuola né contro il lavoro in quanto tali, ma rispetto a una scuola e a esperienze di lavoro che sono fuori tempo massimo. Da un lato una scuola che non sa fornire ai giovani le competenze che saranno a loro necessarie domani, dall’altro un mondo del lavoro, nella maggioranza dei casi, talmente arretrato che quelle competenze, se anche ci fossero, non saprebbe neppure come utilizzarle.
Investire in politiche formative a sostegno dei processi di apprendimento è l’unica giusta strategia per garantire condizioni favorevoli allo sviluppo economico del paese.

tag:

Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

PAESE REALE

di Piermaria Romani

PROVE TECNICHE DI IMPAGINAZIONE

Top Five del mese
I 5 articoli di Periscopio più letti negli ultimi 30 giorni

05.12.2023 – La manovra del governo Meloni toglie un altro pezzo a una Sanità Pubblica già in emergenza, ma lo sciopero di medici e infermieri non basterà a salvare il SSN

16.11.2023 – Lettera aperta: “L’invito a tacere del Sindaco di Ferrara al Vescovo sui Cpr è un atto grossolano e intollerabile”

04.12.2023 – Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”

14.11.2023 – Ferrara, la città dei fantasmi

07.12.2023 – Un altro miracolo italiano: San Giuliano ha salvato Venezia

La nostra Top five
I
 5 articoli degli ultimi 30 giorni consigliati dalla redazione

1
2
3
4
5

Pescando un pesce d’oro
5 titoli evergreen dall’archivio di 50.000 titoli  di Periscopio

1
2
3
4
5

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it


Ti potrebbero interessare