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Perché non accogliere la proposta di alcuni cittadini e abitanti del quartiere di costituire un polo bibliotecario in zona Gad? Rispondere con le armi della cultura anziché arrenderci alle armi dell’esercito?
Non un luogo di soli libri, ma un luogo di circolazione della conoscenza, un luogo di incontri, di iniziative, di animazione del quartiere attraverso il sapere insieme. Non un luogo chiuso ma aperto, capace di mobilitare il sapere per le strade, per le piazze. Un hub di un quartiere vivo anziché spaventato.
Non abbiamo bisogno di archivi e di luoghi morti, ma di luoghi che siano l’anima di iniziative capaci di rispondere ai bisogni formativi e culturali delle persone, nella prospettiva della formazione permanente.
Non un luogo autoreferenziale come lo sono le scuole, l’università, musei, cinema, teatri e biblioteche. Ognuno per sé senza neppure conoscere cosa fa il vicino, senza alcun coordinamento.
Ecco, l’hub bibliotecario della Gad come obiettivo potrebbe avere quello di dare impulso alla collaborazione fra istituzioni diverse, oltre che indirizzare il cittadino verso altre esperienze culturali sul territorio. Insomma lavorare per una cultura calda, per un’idea di città come impresa educativa.
Ho già avuto modo di scrivere in questa rubrica dell’esperienza del Consorzio delle biblioteche dei Comuni della Provincia nord-ovest di Milano (vedi qui).
Perché non cogliamo questa occasione per farla nostra, semmai reinventandola?
La realtà della città è un’enorme arnia di occasioni formative, la biblioteca potrebbe essere il luogo per mettere in rete tutte le celle di questa arnia, far conoscere cosa offre il quartiere e cosa offre la città.
L’idea di valorizzare il circuito della conoscenza mettendo in rete gli eventi relativi alla diffusione del sapere e della cultura. La banca dati digitale degli avvenimenti in città: i luoghi della cultura, i percorsi tra i beni artistico-architettonici, le proposte paesaggistico-ambientali, gli itinerari naturalistici da visitare. Spettacoli, concerti, conferenze, gite da non perdere. E in fine lo sport e i luoghi dove mangiare e bere da provare. Un hub che interagisca e operi in collaborazione, con scuole, centri sociali, istituzioni, imprese e associazioni del territorio, seguendo il filo rosso dell’istruzione diffusa e permanente, con l’obbiettivo di fare incontrare tar loro tutte le forme di apprendimento da quelle formali, a quelle non formali e informali. Un luogo dove le differenti culture che ormai abitano il territorio possano raccontarsi e ascoltarsi vicendevolmente.
Un hub con servizi di prestito interbibliotecario e di consultazione, emeroteca, wifi gratuito, punti di bookcrossing, iniziative culturali per bambini e adulti.
Uno spazio pubblico per studenti e cittadini, in rete con il circuito delle biblioteche universitarie, con l’archivio di stato e comunale, una sala convegni, una sala per mostre ed esposizioni. Una piazza coperta dove incontrarsi, con un bar-ristoro dove fermarsi a leggere o dove ritrovarsi con altri per giocare, recuperando il piacere di stare insieme intorno ai giochi da tavolo.
Una biblioteca come luogo di ritrovo del quartiere, con spazi flessibili, ma anche come centro di apprendimento in grado di offrire risorse e opportunità all’intera gamma dei gruppi demografici del quartiere dall’infanzia agli anziani, dai corsi di informatica ai corsi di lingua italiana per gli stranieri, corsi di lingue, benessere e salute, musica, tecnologia, lavoro e management, scrittura e comunicazione.
Una biblioteca di quartiere come luogo della città condivisa, dove si mettono in comune spazi, beni e saperi per la produzione e lo scambio di servizi a vantaggio di tutti.
La biblioteca come luogo di pratica democratica dove nessuno è straniero, un Community Hub capace di captare i bisogni del territorio attraverso la rete di collaborazione con istituzioni, associazioni, centri sociali, gruppi di quartiere per fornire risposte adeguate in termini di elaborazione di servizi, organizzazione di attività culturali e di animazione territoriale.
L’obiettivo da raggiungere è quello di rivitalizzare il quartiere in termini di inclusione sociale e di empowerment di comunità.
Per fare questo i servizi di biblioteca devono ampliarsi, da un lato con proposte a differenti target di destinatari (giovani, famiglie, anziani) per accrescere il livello di interazione sociale, dall’altro attivando percorsi di partecipazione.
In città sempre più in preda alla paura del “diverso” la biblioteca è un luogo sicuro, dove poter constatare che di fronte al sapere siamo tutti uguali.
Un hub bibliotecario, piazza coperta del territorio, esige una riflessione approfondita da parte di amministratori, architetti e bibliotecari affinché le caratteristiche di questo luogo siano piacevoli e culturalmente stimolanti.
Una biblioteca pubblica ben progettata e ben gestita è un luogo che aumenta il capitale sociale del suo territorio.

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Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

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Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

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Francesco Monini
direttore responsabile


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