Skip to main content

Adolescente è colui che si sta nutrendo e adulto colui che si è già nutrito. Pare che il tempo per nutrirsi si sia dilatato e che i nostri ragazzi non abbiano fretta di diventare adulti.
A stupire però non sono loro che non vogliono crescere, ma soprattutto gli adulti che identificano l’adultità con il sesso, il bere, la guida dell’auto e il lavoro.
Non è che forse ai nostri adolescenti questa modalità d’essere adulti non li attragga poi più di tanto?
Forse “millennial” e “iGeneration” hanno un’idea diversa di come si diventa adulti. E poi cos’è questa fregola che sta prendendo noi adulti che pretenderemmo di restare giovani, ma poi escogitiamo nuovi modi perché i giovani diventino adulti prima. Allora accorciamo il tempo di parcheggio negli studi per farli diventare grandi subito, per inserirli in una società che non ha spazio per loro. Con un bell’ossimoro rendiamo obbligatorio il volontariato così crescono nella coscienza civile che noi non abbiamo. Facciamo di loro quello che abbiamo in mente noi e non quello che loro vorrebbero per sé. In materia di crescita continuiamo a sbagliare, nonostante anche noi si sia passati attraverso la crescita, ma tutte le volte è diversa, è un’altra cosa, il tempo scombina sempre tutto e tocca ricominciare da capo.
Per un adulto a guardare l’infanzia e gli adolescenti è sempre uno stupore, è sempre meraviglia e per fortuna è così, è l’antidoto alla nostra arroganza, quella che la storia dell’educazione ha ben conosciuto e resta a testimoniare.
Ogni età ha la sua dignità e mai deve perderla, l’adolescenza, la fanciullezza come l’adultità. Ognuno ha il dovere di testimoniarla nell’attenzione e nel riconoscimento reciproco. È proprio non riconoscere l’infanzia e l’adolescenza alla pari dell’adultità che produce la più grande disumanizzazione delle età su cui si costruisce il futuro di ogni persona e del suo essere sociale.
Non c’è nessun animale, neppure i più antropomorfi, che abbia luoghi specifici deputati all’addestramento dei propri cuccioli che crescono e apprendono nel gruppo e con il gruppo, i cuccioli dell’uomo, invece, dal gruppo vengono allontanati per essere rinchiusi in riserve che chiamiamo scuole. È peculiare solo degli umani. Nelle scuole li addestriamo e poi quando diventano più grandi, degli adolescenti, non li riconosciamo più. È nella riserva che divide, che emargina dal gruppo degli adulti che poi crescono i comportamenti di ribellione o di compensazione verso la frustrazione dell’esclusione, che poi noi chiamiamo bullismo, devianza o altro ancora, perché non previsti dalla nostra idea di addestramento.
Abbiamo bisogno di scuole sempre più aperte e sempre meno chiuse, di scuole sempre più senza mura e sempre più oltre le mura, ma noi crediamo che le nostre idee su educazione e istruzione debbano continuare a funzionare così come sempre, perché le scienze ci hanno rivelato i segreti dell’infanzia e dell’adolescenza e ora siamo capaci di dialogo e di comprensione, anche se dalle infanzie e dalle adolescenze continuiamo a difenderci.
La nostra società è ancora fondata sulla gerarchia che va dai piccoli ai grandi, ma l’uomo e la donna grandi o piccoli che siano non ci sono, li abbiamo perduti, esistono solo come figure sociali: studenti e lavoratori, se c’è il lavoro, esistono soprattutto come consumatori e come utenti.
Fermarsi a pensare all’umano non usa più. Neppure più lo fa la politica. È la nostra dimensione di vita che non trova spazio. Non ci serve conoscere, se non aiuta a recuperare la dimensione delle nostre esistenze. Non c’è nessuno che se ne occupi. Forse stiamo sbagliando a leggere il populismo. Forse ciò che la gente chiede alla politica è che ritorni ad occuparsi di ognuno di noi o che per lo meno consenta a noi stessi di occuparci di noi.
La politica la vorremmo sentire vicina, nelle nostre città, non lontana in un luogo remoto del mondo, capace di suggerirci come reiventarci una vita umana degna di questo nome, d’essere vissuta, la politica del bene maggiore anziché del male minore che ci sta soffocando.
E quale adolescente non sarebbe ribelle a scoprire che ogni giorno sui banchi di scuola lo stanno predisponendo per una società che non lo comprende. L’infanzia e l’adolescenza delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi sono distolte dalle nostre vite quotidiane. Chi se ne occupa? Scuola e famiglia hanno fallito, si rimbalzano le responsabilità, intanto le giovani generazioni continuano a vivere da separati in casa nella società degli adulti. Oltre alle scatole che li contengono dalla scuola alla casa, dalla palestra all’oratorio non c’è posto per loro, non è previsto per loro altro ruolo sociale che l’addestramento nei luoghi e con gli adulti a questo deputati. In quelle ore non si vedono per le strade, se ve n’è qualcuno è solo perché sfuggito al serraglio. Li abbiamo persi di vista i nostri ragazzi, in casa non si raccontano e a scuola ce li raccontano che non li conosciamo.
Forse non sono altre ricette che abbiamo bisogno di inventarci per trattare con l’infanzia e con l’adolescenza, con i loro problemi e con quelli che ci creano. Quello di cui avremmo urgente bisogno è di inventarci un’altra società che preveda infanzia e adolescenza e non la crescita zero, una società in cui sia possibile vivere insieme ai ragazzi e alle ragazze, grandi e piccoli che siano, dove non sia necessario farseli raccontare, dove non sia necessario essere informati su di loro da qualcuno, delegare la loro vita agli altri, ma vedercela crescere accanto mentre lavoriamo, quando siamo per la città, quando facciamo cultura e quando ci svaghiamo.
Ormai è più la gente che gira con un cane a guinzaglio di quella che esce dialogando con un bambino o una bambina, con una ragazza o con un ragazzo.
Con tutti i nostri progressi in campo educativo, con tutta la nostra sensibilità pedagogica avremmo bisogno di istituire un assessorato al coinvolgimento, alla partecipazione e alla responsabilizzazione sociale dei nostri giovani, bambine, bambini e adolescenti, un assessorato che dia loro spazio e futuro, che ne garantisca un ruolo riconosciuto che non sia solo quello dei banchi di scuola. Forse saremmo in grado allora di pensare una società e una città diverse e di condividere un mondo che fino ad oggi ci sembra estraneo: quello dei nostri figli.

tag:

Giovanni Fioravanti

Docente, formatore, dirigente scolastico a riposo è esperto di istruzione e formazione. Ha ricoperto diversi incarichi nel mondo della scuola a livello provinciale, regionale e nazionale. Suoi scritti sono pubblicati in diverse riviste specializzate del settore. Ha pubblicato “La città della conoscenza” (2016) e “Scuola e apprendimento nell’epoca della conoscenza” (2020). Gestisce il blog Istruire il Futuro.

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno.  L’artista polesano Piermaria Romani  si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE

di Piermaria Romani

 

Caro lettore

Dopo molti mesi di pensieri, ripensamenti, idee luminose e amletici dubbi, quello che vi trovate sotto gli occhi è il Nuovo Periscopio. Molto, forse troppo ardito, colorato, anticonvenzionale, diverso da tutti gli altri media in circolazione, in edicola o sul web.

Se già frequentate  queste pagine, se vi piace o almeno vi incuriosisce Periscopio, la sua nuova veste grafica e i nuovi contenuti vi faranno saltare di gioia. Non esiste in natura un quotidiano online con il coraggio e/o l’incoscienza di criticare e capovolgere l’impostazione classica di questo “il giornale” un’idea (geniale) nata 270 anni fa, ma che ha introdotto  dei codici precisi rimasti quasi inalterati. Nemmeno la rivoluzione digitale, la democrazia informava, la nascita della Rete, l’esplosione dei social media, hanno cambiato di molto le testate giornalistiche, il loro ordine, la loro noia.

Tanto che qualcuno si è chiesto se ancora servono, se hanno ancora un ruolo e un senso i quotidiani.  Arrivano sempre “dopo la notizia”, mettono tutti lo stesso titolo in prima pagina, seguono diligentemente il pensiero unico e il potente di turno, ricalcano in fotocopia le solite sezioni interne: politica interna, esteri, cronaca, economia, sport…. Anche le parole sembrano piene di polvere, perché il linguaggio giornalistico, invece di arricchirsi, si è impoverito.  Il vocabolario dei quotidiani registra e riproduce quello del sottobosco politico e della chiacchiera televisiva, oppure insegue inutilmente la grande nuvola confusa del web.

Periscopio propone un nuovo modo di essere giornale, di fare informazione. di accostare Alto e Basso, di rapportarsi al proprio pubblico. Rompe compartimenti stagni delle sezioni tradizionali di quotidiani. Accoglie e dà riconosce uguale dignità a tutti i generi e tutti linguaggi: così in primo piano ci può essere una notizia, un commento, ma anche una poesia o una vignetta.  Abbandona la rincorsa allo scoop, all’intervista esclusiva, alla firma illustre, proponendo quella che abbiamo chiamato “informazione verticale”: entrare cioè nelle  “cose che accadono fuori e dentro di noi”, denunciare Il Vecchio che resiste e raccontare Il Nuovo che germoglia, stare dalla parte dei diritti e denunciare la diseguaglianza che cresce in Italia e nel mondo. .

Con il quotidiano di ieri, così si diceva, oggi ci si incarta il pesce. Non Periscopio, la sua “informazione verticale” non invecchia mai e dal nostro archivio di quasi 50.000 articoli (disponibile gratuitamente) si pescano continuamente contenuti utili per integrare le ultime notizie uscite. Non troverete mai, come succede in quasi tutti i quotidiani on line,  le prime tre righe dell’articolo in chiaro… e una piccola tassa per poter leggere tutto il resto.

Sembra una frase retorica ma non lo è: “Periscopio è un giornale senza padrini e senza padroni”. Siamo orgogliosamente antifascisti, pacifisti, nonviolenti, femministi, ambientalisti. Crediamo nella Sinistra (anche se la Sinistra non crede più a se stessa), ma non apparteniamo a nessuna casa politica, non fiancheggiamo nessun partito e nessun leader. Anzi, diffidiamo dei leader e dei capipopolo, perfino degli eroi. Non ci piacciono i muri, quelli materiali come  quelli immateriali, frutto del pregiudizio e dell’egoismo. Ci piace “il popolo” (quello scritto in Costituzione) e vorremmo cancellare “la nazione”, premessa di ogni guerra e  di ogni violenza.

Periscopio è quindi un giornale popolare, non nazionalpopolare. Un quotidiano “generalista”,  scritto per essere letto da tutti (“quelli che hanno letto milioni di libri o che non sanno nemmeno parlare” F. De Gregori), da tutti quelli che coltivano la curiosità, e non dalle elites, dai circoli degli addetti ai lavori, dagli intellettuali del vuoto e della chiacchiera.

Periscopio è  proprietà di un azionariato diffuso e partecipato, garanzia di una gestitone collettiva e democratica del quotidiano. Si finanzia, quindi vive, grazie ai liberi contributi dei suoi lettori amici e sostenitori. Accetta e ospita sponsor ed inserzionisti solo socialmente, eticamente e culturalmente meritevoli.

Nato quasi otto anni fa con il nome Ferraraitalia già con una vocazione glocal, oggi il quotidiano è diventato: Periscopio naviga già in mare aperto, rivolgendosi a un pubblico nazionale e non solo. Non ci dimentichiamo però di Ferrara, la città che ospita la redazione e dove ogni giorno si fabbrica il giornale. e Ferraraitalia continua a vivere dentro Periscopio all’interno di una sezione speciale, una parte importante del tutto. 
Oggi Periscopio ha oltre 320.000 lettori, ma vogliamo crescere e farsi conoscere. Dipenderà da chi lo scrive ma soprattutto da chi lo legge e lo condivide con chi ancora non lo conosce. Per una volta, stare nella stessa barca può essere una avventura affascinante.  Buona navigazione a tutti.

Tutti i contenuti di Periscopio, salvo espressa indicazione, sono free. Possono essere liberamente stampati, diffusi e ripubblicati, indicando fonte, autore e data di pubblicazione su questo quotidiano.

Francesco Monini
direttore responsabile


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it